Quantcast
Channel: Filmscoop
Viewing all 719 articles
Browse latest View live

La sposa in nero

$
0
0

La sposa in nero locandina 8

In una stanza anonima una donna è seduta su un divano; sfoglia con nervosismo un album di vecchie foto, mentre accanto a se ha una valigia aperta e piena di indumenti.Ad un tratto la donna si alza di scatto e apre la finestra; sembra intenzionata a lanciarsi nel vuoto ma una signora anziana la trattiene.
La chiama Julie,teneramente.
Julie completa la sua valigia e prende con se molte banconote.
La ritroviamo all’uscita di una stazione, diretta verso un condominio lussuoso.
Qui chiede informazioni su Bliss, un disinvolto don Giovanni che però al momento è assente.
Nel pomeriggio Bliss annuncia,durante un party nel suo appartamento, le prossime nozze con una donna ricchissima; è avvicinato da Julie, che è riuscita ad entrare perchè è talmente elegante, affascinante e misteriosa da non suscitare alcuna remora da parte del padrone di casa.

La sposa in nero 15

Claude Rich (Bliss) e Jeanne Moreau (Julie)

La sposa in nero 14

Una meravigliosa Jeanne Moreau interpreta Julie

Che ovviamente non perde tempo nel tentare di agganciare quella misteriosa donna.
Mentre sono sul balcone dell’appartamento, Julie fa cadere volontariamente la sua sciarpetta oltre il balcone; Bliss cavallerescamente si offre per andare a riprenderla ma appena scavalca il parapetto viene spinto giù dalla donna, che contemporaneamente gli dice ” ‘Sono Julie Kolher‘ “.
Julie, approfittando della confusione, si eclissa e va all’aeroporto, dove prende un aereo, con destinazione la casa di Coral.
Julie lascia a casa dell’uomo un biglietto invito per l’opera, dove la sera si incontreranno. Stregato dalla bellezza e dalla sensualità magnetica della donna, Coral accetta di invitarla a casa sua il giorno dopo.Qui Julie arriva l’indomani con un disco e una bottiglia di liquore; Coral inizia a parlarle del suo passato mentre Julie ascolta impassibile.La donna ha avvelenato il liquore che Coral ha bevuto così quando l’uomo inizia a mostrare i primi sintomi dell’avvelenamento, Julie racconta di essere vedova dal giorno delle sue nozze, quando un colpo di fucile uccise suo marito sul sagrato della chiesa. Julie assiste impassibile alle disperate richieste di aiuto di Coral,ormai morente; subito dopo gli ultimi spasmi dell’uomo raccoglie le sue cose, pulisce le tracce della sua presenza e si allontana.

La sposa in nero 13

La sposa in nero 12

La morte di David, marito di Julie

Raggiunta una stazione, Julie raggiunge un’altra località; qui, con un espediente, si sostituisce alla tata del figlio di Clement Moran, un politico di una certa rilevanza.
Dopo una serie di avvenimenti, Julie riesce a rinchiudere Clement Moran in un ripostiglio ed è in questa occasione che apprendiamo nuovi particolari sulla vita di Julie e sul ruolo che hanno avuto le due vittime precedenti ( e di conseguenza su quello di Moran) nella morte del marito della donna.
L’uomo, con un gruppo di amici, si era ritrovato sbronzo come loro dopo una giornata di bevute e di gioco a carte in un appartamento; qui avevano fatto un gioco stupido e pericoloso, avevano cioè puntato la folla nelle strade con un fucile fino a quando, tragicamente, era partito il colpo fatale che aveva ucciso il marito di Julie.
La donna,freddamente, racconta all’uomo del suo amore per il marito, che aveva sognato di sposare fin da bambina,Dopo di che, sigilla il ripostiglio con del nastro adesivo e lascia soffocare l’uomo, che verrà rinvenuto cadavere il giorno dopo.

La sposa in nero 11

Ritroviamo Julie in una chiesa.
Ad un sacerdote racconta quello che ha commesso, certa dell’obbligo al silenzio del prelato; subito dopo si mette sulle tracce di Delvaux, l’uomo che, secondo il racconto di Moran, ha materialmente sparato al marito.
Ma sulle tracce di Delvaux, uomo rozzo e incolto, molto differente dalle vittime precedenti, c’è anche la polizia, che lo arresta per aver venduto un auto di provenienza dubbia.
Julie è così costretta a modificare i suoi piani e decide di mettersi sulle tracce di Fergous,un pittore che era presente nella famigerata stanza nel giorno tragico della morte di suo marito; presentatasi come modella, Julie riesce a far perdere la testa al pittore, che l’ha immortalata nella posa di Diana cacciatrice e che le ha fatto un superbo nudo. Un amico di Fergous crede di riconoscere Julie, ma è troppo tardi: la donna uccide con una freccia il pittore e si dilegua, sempre dopo aver fatto sparire le sue tracce.Ma questa volta sembra commettere un errore madornale. Lascia il quadro che la ritrae nuda e si reca ai funerali di Fergous, dove viene riconosciuta. Arrestata, confessa senza remore i suoi quattro omicidi.

La sposa in nero 3

La sposa in nero 4

Julie nei panni di Diana…

Julie in realtà non ha commesso un errore fatale. Infatti…
Una trama complessa, da noir puro per un film straordinario, degno della migliore trazione francese di questo particolare genere.Un film da vedere assolutamente, questo di Francois Truffaut; il grande regista parigino, morto prematuramente a 52 anni, nel pieno della sua maturità artistica e culturale, disegna un personaggio quello di Julie, destinato a restare impresso indelebilmente nella memoria dello spettatore.
Julie è una donna fondamentalmente fedele al suo sogno di ragazza, quello del principe azzurro e dell’amore “per tutta la vita”; quando il suo sogno si spezza, per una tragica fatalità, si trasforma in una macchina da guerra letale, una macchina che persegue senza remore ed esitazioni l’oscura volontà di una vendetta senza mediazioni.
Non c’è nulla che possa fermare la donna che cammina sui sentieri bui di una vendetta che non fa distinzioni fra il reale assassino di suo marito e gli involontari complici.Per lei l’essere stati presenti nella stanza fatale è già una condanna a morte, diretta e senza appello.

La sposa in nero 10

Il secondo omicidio…

Una donna con un’ossessione fatale, cinque uomini della classe medio borghese e una vendetta terribile e puntuale; Truffaut si muove tra queste due situazioni mostrando il gelido piano messo in atto dalla donna (con tanto di sorpresa finale) e le figure tutto sommato meschine degli uomini che lei giustizia, ognuno affetto da un principio di megalomania.Il playboy,l’uomo che non riesce a conquistare le donne, il politico, il pittore che ama le donne e per contraltare il brutale e rozzo sfascia carrozze non ispirano alcuna simpatia.
E’ proprio Julie il personaggio per cui si parteggia, una donna che ha perso lo scopo della sua vita, come lei stessa confessa al politico Moran; possiamo non capire la sua sete ossessiva di vendetta, ma parteggiamo ugualmente per lei.
Truffaut, seguendo con abilità il tema dell’omonimo romanzo giallo di Cornell Woolrich che nel libro si firmò William Irish, disegna un film tecnicamente perfetto, mostrando più di un tributo ad Alfred Hitchcock, vero maestro del noir.
L’opera è praticamente esente da pecche e sopratutto ancor oggi appare fresca e affascinante; se può sembrare assurdo il comportamento di una semplice donna di provincia che si trasforma in un’implacabile serial killer, occorre pensare ai giorni nostri, a tutti quei delitti misteriosi che spessissimo altro non sono che il frutto delle gesta di gente semplice che all’occorrenza trova dentro di se motivazioni per compiere gesta tragiche.

La sposa in nero foto 5

Charles Denner e Jeanne Moreau in una foto di scena

E che spesso riesce a farla franca, pur non avendo esperienza nel campo.
Il film dicevo non ha praticamente pecche; su tutto va ricordato il ruolo fondamentale della stupenda, affascinante Jeanne Moreau, la Julie del film, che presta la sua glaciale e impenetrabile bellezza ad un personaggio memorabilmente interpretato.
L’attrice parigina, oggi ottantacinquenne, quando interpreta il film ha quarant’anni esatti; è una donna dalla bellezza statuaria, concentrata sopratutto su un volto misterioso e dai tratti finissimi.Un’autentica bellezza, che qui viene esaltata ancor più da un personaggio enigmatico, quella Julie che per certi versi finisce per diventare tutt’uno con lei.
Il resto del cast fa egregiamente il suo lavoro, al servizio della vera star del film stesso, la stupenda Moreau.

La sposa in nero foto 3

La sposa in nero (La mariée était en noir) è quindi un film da non perdere assolutamente, un film intrigante e affascinante, un noir che avvince e che tiene con il fiato sospeso.
Un film che non ha avuto molti passaggi televisivi ma che è facilmente reperibile in rete.

La sposa in nero BANNER FILMSCOOP
La sposa in nero
Un film di François Truffaut. Con Michael Lonsdale, Jean-Claude Brialy, Michel Bouquet, Jeanne Moreau, Alexandra Stewart Titolo originale La mariée était en noir. Drammatico, durata 107′ min. – Francia 1968.

La sposa in nero BANNER GALLERY

 

La sposa in nero 9

 

La sposa in nero 8

 

La sposa in nero 7

 

La sposa in nero 6

 

La sposa in nero 5

 

La sposa in nero 2

 

La sposa in nero 1

 

La sposa in nero 0

La sposa in nero BANNER PERSONAGGI

Jeanne Moreau: Julie Kohler
Claude Rich: Bliss
Jean-Claude Brialy: Corey
Michel Bouquet: Coral
Michael Lonsdale: Morane
Charles Denner: Fergus
Daniel Boulanger: Delvaux
Serge Rousseau: David
Christophe Bruno: Cookie
Alexandra Stewart: Melle Becker
Jacques Robiolles: Charlie
Luce Fabiole: la madre di Julie
Sylvie Delannoy: signora Morane

La sposa in nero BANNER CAST

Regia François Truffaut
Soggetto dal romanzo La sposa era in nero (The Bride Wore Black) di William Irish
Sceneggiatura François Truffaut e Jean-Louis Richard
Casa di produzione Les Films du Carrosse, Les Productions Artistes Associés, Dino De Laurentiis Cinematografica
Fotografia Raoul Coutard
Montaggio Claudine Bouché con l’assistenza di Yann Dedet
Musiche Bernard Herrmann
Scenografia Pierre Guffroy

La sposa in nero BANNER CITAZIONI

Nella vita bisogna sempre pretendere quel che c’è di meglio, non bisogna mai arrendersi.(Jule)
La giustizia degli uomini è impotente a punirmi: io sono già morta. Sono morta lo stesso giorno in cui è morto David. Lo raggiungerò quando l’avrò vendicato.(Julie)
Lei crede di vendicarsi, ma sbaglia: non ci si può vendicare . degli uomini, non si finirebbe mai. Bisognerebbe vendicarsi non solo dei loro delitti, ma anche della loro ignoranza, di quasi tutti i loro pensieri.(Il sacerdote, rivolto a Julie)
Qualcuno ha detto: non esistono ottimisti né pessimisti, soltanto imbecilli allegri e imbecilli tristi.(Julie)
In fatto di solitudine sono un esperto. (Coral)
Mi piace molto la volgarità, nelle donne, perché le rende vive. (Fergus)
Sa come si dice? Quando il bicchiere è pieno lo vuoto, quando invece è vuoto lo compiango.(Coral)
“Lei è bella, troppo bella.” -Perché troppo?- “Troppo bella per me.” (Coral rivolto a Julie)

La sposa in nero BANNER FOTO E LOCANDINE

 

La sposa in nero locandina 7Il romanzo di Woolrich da cui è tratto il film

La sposa in nero locandina 3

Una delle splendide locandine del film 

La sposa in nero foto 14

La sposa in nero foto 13

La sposa in nero foto 12

La sposa in nero foto 11

La sposa in nero foto 10

La sposa in nero foto 9

La sposa in nero foto 7

La sposa in nero foto 4

Francois Truffaut

La sposa in nero foto 2

La sposa in nero foto 1

La sposa in nero locandina 10

La sposa in nero locandina 9

La sposa in nero locandina 6

La sposa in nero locandina 5

La sposa in nero locandina 4

La sposa in nero locandina 2

La sposa in nero locandina 1

La sposa in nero locandina 0

La sposa in nero lc7

La sposa in nero lc6

La sposa in nero lc5

La sposa in nero lc4

La sposa in nero lc3

La sposa in nero lc2

La sposa in nero lc1

La sposa in nero foto 16

Il regista,Francois Truffaut

 



La notte brava del soldato Jonathan

$
0
0

La notte brava del soldato Jonathan locandina 1

Quando nel 1971 usci sugli schermi americani The beguiled (nel circuito cinematografico italiano La notte brava del soldato Jonathan), diretto da Don Siegel l’accoglienza fu fredda, per non dire sprezzante.
Il film del regista di Chicago si rivelò inoltre un fiasco clamoroso ai botteghini,fatta  salva una rivalutazione a posteriori quanto meno sospetta.
Colpa principalmente di una parte della critica che smontò il film con commenti durissimi, fra i quali il meno forte era l’accusa, trita e ritrita,di misoginia di Siegel.
Che Siegel fosse un misogino era lapalissiano e mai come in questo film l’accusa sembra essere confermata dall’evidenza; ma l’avversione di Siegel per le donne,unito a quel suo essere politicamente scorretto, avviene in un contesto sociale tutto da analizzare, così come questa sua peculiarità diverrà in qualche modo il marchio di fabbrica dei suoi prodotti.

La notte brava del soldato Jonathan 15

La notte brava del soldato Jonathan 14
Un difetto, se vogliamo,che comunque gli costò caro, visto l’ostracismo che buona parte del pubblico femminile decretò verso i suoi film , accusati (con qualche ragione) di essere violentemente maschilisti.
Ma questo non può e non deve essere un atto discriminatorio: il cinema di Siegel è un cinema duro, ipercritico, a tratti violento e altre volte ancora spietato verso la società americana, accusata di volta in volta di essere lassista e permissivista.
Certo, quando in un film si sente dire, come in Charlie Varrick “Non vado a letto con le puttane, io. E se qualche volta mi è successo, me ne sono accorto dopo”, non si può non sobbalzare sulla sedia, ma tutto fa parte del particolare modo che ha Siegel di impostare i suoi film.

La notte brava del soldato Jonathan 13
Questo La notte brava del soldato Jonathan in fondo è davvero un film violentemente misogino; la storia del soldato che spezza l’equilibrio ipocrita e perbenista di un collegio femminile, alterando le vite sfrontatamente borghesi e puritane (solo all’apparenza) del gineceo che ci vive, appare come un ceffone in pieno viso rivolto allo spettatore medio americano, quasi una metafora dei vizi privati degli stessi.
Un perbenismo di facciata di un mondo femminile che il regista giudica ipocrita,a tal punto da diventare inviso anche a buona parte del pubblico maschile.
Ma le personali convinzioni di Siegel, giuste o sbagliate che siano vanno viste sul campo; e il film in questione, pur con il limite descritto dell’eccessivo anti femminismo del regista stesso appare come opera omogenea e vigorosa, cattiva al punto giusto e costellata di colpi di genio registici, con carrellate, zoomate,flash back che di certo sono strumenti ben usati e a tratti affascinanti in modo estremo.

La notte brava del soldato Jonathan 12

La notte brava del soldato Jonathan 11
Siegel riduce per lo schermo un romanzo di Thomas Cullinan, The Beguiled uscito nel 1966 ed intitolato in origine A Painted Devil e ne fa una versione cinematografica di grandissimo impatto visivo.
La storia,ambientata durante la guerra civile americana, parte con il ritrovamento del caporale nordista Jonathan McBarney ferito gravemente durante una battaglia, da parte di una ragazzina che vive in un vicino collegio femminile.
Amy, questo il nome della piccola, sta raccogliendo funghi nel bosco quando si imbatte in Jonathan; riesce a trascinarlo fino al cancello d’ingresso del collegio, dove l’uomo viene raccolto e soccorso.
La rettrice Martha decide di far restare l’uomo, nonostante nel collegio vivano esclusivamente donne;la motivazione ufficiale è quella dell’obbligo del soccorso verso i feriti, esempio di carità cristiana per le ragazza del collegio.
In realtà Martha, come del resto la sua socia Edwina, è attratta più dalla sensualità, dal fascino maschile che Jonathan emana piuttosto che ispirata da nobili intenti.

La notte brava del soldato Jonathan 10
Jonathan, con molta furbizia, si rende immediatamente disponibile e grazie alla sua simpatia ben presto entra nelle grazie di buona parte delle ragazze del collegio.
Gallo nel pollaio, Jonathan dispensa a piene mani quello che le represse donne del collegio in fondo cercano;intreccia una relazione con Martha e con Edwina e infine con Carol, una splendida ragazza del collegio.
Ormai Jonathan è diventato un punto fermo del posto.
Ma l’essere l’unico uomo in un gineceo ha il suo prezzo.
Jonathan, che con poco giudizio alterna e dispensa amore a mezzo istituto, veine sorpreso durante un convegno d’amore proprio con Carol da Martha ed Edwina.
A questo punto è la gelosia a prendere il posto, soppiantando tutti i sentimenti; Edwina lo fa cadere per le scale, rompendogli una gamba e Martha….
Il finale è da brivido e in qualche modo riflette non solo l’ambientazione del romanzo ma anche la personale visione del regista.

La notte brava del soldato Jonathan 9
La notte brava del soldato Jonathan è in effetti una perfetta contrapposizione di mondi e mentalità:il mondo femminile in qualche modo ipocrita e perbenista del collegio, pieno di verità non espresse, violentemente represso nella sensualità e quello scopertamente maschilista di Jonathan, personaggio al limite del banditesco.
Jonathan è un bugiardo, un approfittatore ma è anche il paradigma di una società in guerra, allo sbando.
Lo sfondo della guerra civile è importante, perchè Jonathan combatte dal lato “giusto” ( è un nordista) ma è anche lo specchio dell’uomo americano dell’epoca.
In una società fortemente maschilista, la donna ha un ruolo ovviamente subalterno e lui si ritrova a gestire un’impresa assolutamente impossibile.
Vivere cioè in simbiosi in un mondo totalmente femminile, diviso però da feroci rivalità e gelosie, che fino all’arrivo di Jonathan sono in equilibrio instabile ma comunque là, ferme.

La notte brava del soldato Jonathan 8
L’esplosione ci sarà proprio quando Jonathan, con molta incoscienza, assumerà il controllo dell’harem come un sultano.
Qui però a comandare sono le donne: le varie Martha, Edwina, Carol e persino la bella governante di colore rivendicano il loro ruolo di api regine e Jonathan farà le spese di questa atmosfera da arnia.
Lui è solo uno strumento di piacere e pertanto deve accettare questo ruolo, senza mediazioni.
Nel momento in cui l’ex caporale si renderà conto della situazione in cui si è ficcato, non potrà più tornare in dietro.
E il cerchio si chiude con il drammatico finale, che riporta tutto a prima dell’arrivo di Jonathan.
Un film con diverse chiavi di lettura quindi, impreziosito da un’atmosfera di tensione latente, che esploderà nel convulso finale; nel frattempo Siegel ha dato dimostrazione di abilità e virtuosismi impressionanti con la macchina da presa.
Il regista sceglie Clint Eastwood come protagonista assoluto del film;è la terza delle cinque collaborazioni totali fra Siegel e Eastwood, quella che mostra definitivamente al pubblico americano che Clint è attore di razza, nonostante l’ironica dichiarazione di Leone, che lo aveva definito “attore con due sole espressioni

La notte brava del soldato Jonathan 7
Eastwood è furfante quanto basta, è macho ed ha sensualità da vendere e quindi è perfetto per il ruolo scelto; da questo film in poi saranno in molti coloro che vedranno enormi potenzialità nell’attore californiano.La sua caratterizzazione rende il personaggio di Jonathan a tratti quasi lontano dal modello che Siegel cerca di imporre.E’ un furfante, è vero, mente ed è in qualche modo ossessionato dal sesso. Ma è l’ambiente in cui si trova catapultato a tirarne fuori il peggio.Capisce di essere stato scelto e si adegua furbescamente.Ma nel finale, quando cercherà di prendere le redini, proprio nel momento in cui non è più un uomo integro, ma deve riprendere a farsi guidare dalle donne del collegio, ecco che la sua reazione violenta lo porta verso un destino crudele, che lo punirà ben oltre i suoi demeriti.
Ottimo tutto il cast femminile, che asseconda il regista e Eastwood; semplicemente strepitosa la fotografia di Bruce Surtees, che verrà utilizzato da Siegel in altri film.
Un film da riscoprire,senza dubbio.
Per quanto riguarda i passaggi televisivi, è abbastanza raro imbattersi in uno di essi;in rete il film c’è ma è nella versione originale.

La notte brava del soldato Jonathan
Un film di Don Siegel. Con Clint Eastwood, Elizabeth Hartman, Geraldine Page, Jo Ann Harris, Darleen Carr, Mae Mercer Titolo originale The Beguiled. Drammatico, durata 109′ min. – USA 1971.

La notte brava del soldato Jonathan banner gallery

La notte brava del soldato Jonathan 9

La notte brava del soldato Jonathan 5

La notte brava del soldato Jonathan 6

La notte brava del soldato Jonathan 4

La notte brava del soldato Jonathan 3

La notte brava del soldato Jonathan 2

La notte brava del soldato Jonathan 1

La notte brava del soldato Jonathan banner personaggi

Clint Eastwood: John McBurney
Geraldine Page: Martha
Elizabeth Hartman: Edwina
Jo Ann Harris: Carol
Darleen Carr: Doris
Mae Mercer: Hallie
Pamelyn Ferdin: Amy
Melody Thomas: Abigail
Peggy Drier: Lizzie
Patricia Mattick: Janie (con il nome Pattye Mattick)
George Dunn: Sam Jefferson

La notte brava del soldato Jonathan banner cast

Regia Don Siegel
Soggetto Thomas Cullinan
Sceneggiatura John B. Sherry, Grimes Grice
Produttore Donald Siegel
Produttore esecutivo Jennings Lang
Casa di produzione The Malpaso Company
Fotografia Bruce Surtees
Montaggio Carl Pingitore
Musiche Lalo Schifrin
Scenografia Ted Haworth
Costumi Helen Colvig
Trucco Bud Westmore

Pino Locchi: Clint Eastwood
Lydia Simoneschi: Geraldine Page
Fiorella Betti: Elizabeth Hartman
Micaela Esdra: Jo Ann Harris
Serena Verdirosi: Darleen Carr
Rita Savagnone: Mae Mercer
Liliana Sorrentino: Pamelyn Ferdin
Emanuela Rossi: Patricia Mattick
Alessandro Sperlì: George Dunn

La notte brava del soldato Jonathan banner foto

La notte brava del soldato Jonathan locandina 3

La notte brava del soldato Jonathan locandina 2

La notte brava del soldato Jonathan lobby c.3

La notte brava del soldato Jonathan lobby c.2

La notte brava del soldato Jonathan lobby c.1

La notte brava del soldato Jonathan foto 4

La notte brava del soldato Jonathan foto 3

La notte brava del soldato Jonathan foto 2

La notte brava del soldato Jonathan foto 1

La notte brava del soldato Jonathan locandina 4


La ragazza del bagno pubblico

$
0
0

La ragazza del bagno pubblico locandina 3

Un film tenero e malinconico, drammatico e per certi versi sfuggente.
Una storia d’amore, una storia d’inquietudine adolescenziale, il tutto sullo sfondo di una Londra tetra e grigia.
Tutto questo è La ragazza del bagno pubblico, Deep end nella versione originale; Deep end, con riferimento alla piscina del bagno pubblico in cui è ambientata la storia che coinvolge due giovani, il quindicenne Michael e la ventenne Susan, caratterizzato anche e sopratutto condito da un finale di rara bellezza e intensità.
Diretto da Jerzy Skolimowski, regista attore e sceneggiatore polacco, esule da una Polonia ancora sotto la ferrea morsa del comunismo imposto dall’Urss, La ragazza del bagno pubblico è opera fondamentale nella filmografia del regista, forse la sua opera meglio riuscita.Un film che racconta quasi in maniera dimessa l’impossibile storia d’amore unilaterale di un adolescente strano, come tutti quelli della sua età se vogliamo.

La ragazza del bagno pubblico 11

Jane Asher

La ragazza del bagno pubblico 9
E di una ragazza più grande, disinibita, che lavora nel bagno pubblico in attesa di un futuro migliore.
Un incontro tra giovani, quindi ma tra giovani che hanno alle spalle due storie diverse;Michael si sta affacciando alla vita, Susan sa già cosa vuole.
Lei ha progettato il suo futuro costruito attorno al fidanzato, un giovane benestante che le potrà dare l’agiatezza che desidera.Intanto, però, si concede con estrema disinvoltura ogni genere di avventura.
Questo è il quadro iniziale attorno al quale ruota la vicenda dei due giovani,forse banale, ma in fondo sono banali le due esistenze analizzate, perchè banale è lo sfondo sul quale si stagliano le loro esperienze, squallido addirittura il teatro principale della vicenda, un bagno pubblico frequentato non dalla middle class, ma da un proletariato urbano uniforme e grigio.
Vediamo la trama del film e il suo svolgimento.

La ragazza del bagno pubblico 13

 

La ragazza del bagno pubblico 12
Michael è un quindicenne come tanti, che ha lasciato la scuola e trova lavoro in un bagno pubblico.
Qui è impegnata anche Susan, ragazza sessualmente disponibile, bella e totalmente disinibita.
E’ proprio Susan a dare dei consigli a Michael su come svolgere al meglio il proprio lavoro nell’intento di permettergli di raggranellare qualche mancia in più.
Ben presto Michael si rende conto di essere attratto dalla ragazza e si scopre geloso dei suoi numerosi amanti; ma Susan gioca a fare la ritrosa, forse perchè lui è davvero troppo giovane o forse più semplicemente perchè è nella sua natura giocare con i sentimenti.
Michael consuma lentamente un’ossessione tutta personale verso la ragazza; arriva a spiarla e a rubare una sua gigantografia con la quale fa il bagno nella piscina del posto in cui lavora.
Il quotidiano squallore del suo lavoro è anche testimoniato dalle avance di una donna ormai avanti negli anni, che cerca inutilmente di sedurre il giovane, che ormai non sogna altro che Susan.

La ragazza del bagno pubblico 16

 

La ragazza del bagno pubblico 15
Un giorno la ragazza smarrisce un anello nella neve e Michael, ingegnosamente, lo recupera sciogliendo la neve stessa in un bollitore.
Nel frattempo continua a seguire le spericolate e spregiudicate evoluzioni sentimentali/sessuali di Susan, che si concede anche ad un suo vecchio insegnante.
Ma il recupero dell’anello vale per Michael la ricompensa agognata; Susan gli si concede, salvo poi correre dal fidanzato quando questi la chiama.
Il giocattolo si è rotto e per Michael l’ossessione si è trasformata in gioia dapprima e in incubo in seguito.
Il finale, assolutamente drammatico, è dietro l’angolo….
Non c’è l’happy end, non c’è il “e vissero felici e contenti”, ma solo la realtà di un amore non corrisposto, quella di un’adolescenza interrotta bruscamente, quella di una vita spezzata da un destino cinico e baro.
Tutto il percorso del film, a partire dai primi turbamenti di Michael per finire con la stupenda sequenza in cui il ragazzo abbraccia il corpo di Susan, finisce per arrestarsi davanti a quella che sembra l’ineluttabilità del fato.
Non ci sarà un futuro “normale” per Michael, non ci sarà alcun futuro per Susan.

La ragazza del bagno pubblico 14
Una fotografia delicatissima, la voce di Cat Stevens, alcune sequenze da applausi; e un cast sopraffino.
Questi i punti forti del film, pur costruito su una vicenda all’apparenza banale; ma non è banale il malessere adolescenziale, così come non è banale, ma tristemente irresolubile, la dicotomia tra le aspirazioni e la routine quotidiana.
Skolimowski crea un’opera di rara bellezza, dosando con abilità le componenti fondamentali del film;affida il ruolo del giovane Michael all’attore inglese John Moulder-Brown, futuro interprete di tante fiction tv e ragazzino prodigio fin dal suo esordio a 5 anni nel film Death Over My Shoulder ).
Moulder Brown nel 1970 ha diciassette anni, ma è in quell’età in cui un adolescente è indecifrabile all’anagrafe;ad affiancarlo c’è l’affascinante Jane Asher, che interpreta Susan e che quando gira il film ha 24 anni, quindi è più che credibile nel suo personaggio, anche anagraficamente.

La ragazza del bagno pubblico 10

La ragazza del bagno pubblico 8
L’attrice inglese, vera icona della tv inglese, condivide con Moulder Brown la giovane età d’esordio sul set; lei ha sei anni quando viene scritturata per Mandy la piccola sordomuta (1952) e dopo questo film, che la rese ancor più famosa tornò ad occuparsi di serial tv, la sua vera passione.
Una coppia ben assortita quindi, che del resto monopolizza tutta la storia.
A margine invece è relegata la celebre Diana Dors, che nel film ricopre il ruolo della donna matura che tenta di sedurre il giovane Michael.
In sostanza,un film molto ma molto bello, uscito in un anno che definire strepitoso cinematograficamente dal punto di vista qualitativo è davvero riduttivo: basti pensare alla contemporanea uscita sugli schermi di prodotti come Zabriskie Point,Soldato blu, M.A.S.H.,Piccolo grande uomo,Cinque pezzi facili,Il conformista, I senza nome,Un uomo chiamato cavallo,Comma 22,Una squillo per l’ispettore Klute,I diavoli,Tristana… e potrei ancora continuare a lungo.
Un film anche molto raro da veder passare in tv e altrettanto raro da trovare in rete.Curiosamente su You Tube ci sono molti spezzoni del film, ma nessuna versione intera.

La ragazza del bagno pubblico 7
La ragazza del bagno pubblico
Un film di Jerzy Skolimowski. Con Jane Asher, Diana Dors, Karl Michael Vogler, John Moulder Brown Titolo originale Deep End. Drammatico, durata 88 min. – USA, Germania 1970

La ragazza del bagno pubblico banner gallery

 

La ragazza del bagno pubblico 6

 

La ragazza del bagno pubblico 5

 

La ragazza del bagno pubblico 4

 

La ragazza del bagno pubblico 3

 

La ragazza del bagno pubblico 2

 

La ragazza del bagno pubblico 1

La ragazza del bagno pubblico banner personaggi

Jane Asher: Susan
John Moulder-Brown: Mike
Karl Michael Vogler: Istruttore
Christopher Sandford: Chris
Diana Dors: cliente
Louise Martini: prostituta
Erica Beer: cassiera
Anita Lochner: Kathy
Anne-Marie Kuster: receptionist del night club

La ragazza del bagno pubblico banner cast

Regia Jerzy Skolimowski
Sceneggiatura Jerzy Skolimowski, Jerzy Gruza, Boleslaw Sulik
Produttore Helmut Jedele
Produttore esecutivo Judd Bernard
Casa di produzione Maran Film, Kettledrum Films
Distribuzione (Italia) PEA
Fotografia Charly Steinberger
Montaggio Barrie Vince
Musiche Cat Stevens e The Can
Scenografia Anthony Pratt, Max Ott Jr.
Costumi Ursula Sensburg
Trucco Elke Müller

La ragazza del bagno pubblico banner recensioni

Di seguito, una recensione molto ben costruita da Alessandro Guatti presa dal sito http://www.mymovies.it

“Skolimowski sceglie di seguire l’evoluzione di un amore per affrontare il tema del passaggio dall’adolescenza all’età adulta, dall’immaturità alla maturità. Ma in Mike, delicato quindicenne che lascia la scuola e accetta un lavoro di custode di bagni pubblici, questo amore non compie un percorso lineare, e il suo innamoramento per l’impossibile oggetto del desiderio rappresentato dalla collega molto più grande Susan, anziché pacificarsi e cristallizzarsi in una fantasia o in un sogno ad occhi aperti o ancora in una presa di coscienza della realtà, si trasforma in un’ossessione malata e indecifrabile anche per lo stesso protagonista, che si ritrova a compiere stranezze, violenze, atti incomprensibili. Non che l’oggetto della sua attenzione sia completamente equilibrato: Susan è una donna stanca di obbedire agli ordini degli uomini, che non vuole rientrare in alcuno schema sociale e che desidera scegliere la propria vita sessuale e sentimentale. Ella rappresenta dunque l’emblema della rivoluzione sessuale e della lotta femminista che pochi anni prima della realizzazione della pellicola ha investito l’Europa. Del resto, il fatto che Susan sia un’“icona” della sessualità è oggettivato nel film da quella sagoma che pubblicizza il locale di spogliarelli e che Mike si porta appresso, sia per toglierla agli occhi dei passanti (la “sua” Susan, così pura!), sia per confrontare la vera Susan con la sua immagine commercializzata, sia, ancora, per far sì che la stessa Susan (e con lei la donna in generale) si confronti con la propria rappresentazione mediatica. Deep end diventa così anche una riflessione sul ruolo sociale della donna – oltre alla madre, sono prostitute, spogliarelliste, donne insoddisfatte sessualmente e segretarie annoiate le figure femminili con cui Mike si trova ad interagire – e su come sta cambiando la sua immagine con l’avvento degli anni Settanta. La sagoma di Susan rappresenta per Mike anche l’unica possibilità realistica di consumare l’amore-ossessione (e quindi ha una rilevante valenza feticistica), almeno fino a quando Susan si lascia trasportare da un senso di riconoscenza e rende reale ciò che era destinato a rimanere irrealizzato. Il cortocircuito che ne segue è magnificamente reso dai vividi colori di una fotografia a metà tra lo psichedelico e il sanguigno (che rosso meraviglioso!), che rispecchia sia la confusione mentale della psicologia adolescenziale sia il senso di un malessere post-traumatico.”

Ancora una recensione, presa dal sito http://www.filmtv.it,scritta ottimamente dall’utente Angelina

Lasciata la scuola,il quindicenne Michael (John Moulder-Brown) trova impiego come inserviente in un fatiscente bagno pubblico londinese,frequentato da una clientela squallida e bizzarra.Sua collega di lavoro è la bella e conturbante Susan (Jane Asher),una ventenne dai modi spicci e disinibiti.
“Non ti troverai male qui…- gli dice spiegandogli le varie incombenze – Sicuramente prenderai molte più mance di me !” “Che vuoi dire?”
“Sai…le signore preferiscono i ragazzi carini ed educati come te.E anche certi signori…”
“Allora dovrò occuparmi delle signore?”
“Penso di si.Alcune ti daranno dieci scellini per niente,solo per aver acceso le loro fantasie.Assecondale un pò,non vogliono altro…Questo è un lavoro strano.”
La bellezza di Susan e le sue provocazioni accendono in Mike una passione,non ricambiata,intrisa di tenerezza,violenza e gelosia.Susan ha un fidanzato ,Chris, insignificante,ma ricco,che dovrebbe garantirle quella sicurezza economica che va cercando,ma non esita a concedersi,sotto gli occhi di Mike,al suo amante,ex professore di scuola,sposato e di mezza età.
Ben presto la passione di Michael,giovane e inesperto,e dolorosamente vulnerabile,si trasforma in ossessione e condurrà,inevitabilmente,ad un epilogo struggente e disperato.
Splendido dramma di iniziazione al sesso e all’amore di un fragile e problematico adolescente,secondo lungometraggio girato in Inghilterra dal trendaduenne regista,sceneggiatore e attore polacco Jerzy Skolimowski,dopo”Le avventure di Gerard” (1970) e prima di “L’Australiano” (1978),che aveva collaborato come sceneggiatore con Andrzej Wajda ( “Ingenui perversi” ,1960 ) e con Roman Polanski ( “Il coltello nell’acqua” ,1962 ), da cui riprende alcune atmosfere intrise di ossessione e desiderio,mutuate però dalla lezione del Free Cinema Inglese.
Percorso da un erotismo torbido e insieme malinconico,”Deep End” evoca ,attraverso la bellissima fotografia di Charly Steinberger,che predilige i colori primari,in particolare il rosso,”come ricorrrente presagio funesto”,il lato oscuro della “Swinging London”,quegli squallidi interni dove si consuma la passione di Michael,in fragile equilibrio tra esaltazione e tormento.
Sequenze indimenticabili.La fuga di Michael,dopo aver rubato la silhouette cartonata di Susan,che ha scoperto davanti ad un locale notturno e il bagno in piscina,stretto a quell’immagine,il tentativo di sciogliere in un bollitore la neve dove si è perso il piccolo diamante che Chris ha regalato a Susan,come anello di fidanzamento,il cammeo di Diana Dors , sex symbol degli anni ’50,sfatta e vogliosa cliente alle prese con un timido e riluttante adolescente.
Infine lo splendido finale,di crudele e struggente bellezza,accompagnato dalla magnifica canzone di Cat Stevens “But I Might Die Tonight “.
Scritto in collaborazione con Jerzy Gruza e Boleslaw Sulik,Skolimowski conduce con mano sicura e autoriale questa delicata e toccante storia d’amore,in sottile equilibrio tra ironia e commozione,tra istinto e tenerezza,tra desiderio e ossessione.

La ragazza del bagno pubblico banner foto book

 

La ragazza del bagno pubblico poster

 

La ragazza del bagno pubblico locandina 2

 

La ragazza del bagno pubblico locandina 1

 

La ragazza del bagno pubblico lobby card 8

 

La ragazza del bagno pubblico lobby card 7

 

La ragazza del bagno pubblico lobby card 6

 

La ragazza del bagno pubblico lobby card 5

 

La ragazza del bagno pubblico lobby card 4

 

La ragazza del bagno pubblico lobby card 3

 

La ragazza del bagno pubblico lobby card 2

 

La ragazza del bagno pubblico lobby card 1

 

La ragazza del bagno pubblico Jane Asher

 

La ragazza del bagno pubblico copertina dvd

 

La ragazza del bagno pubblico foto 1

 

La ragazza del bagno pubblico foto 3

 

La ragazza del bagno pubblico foto di scena 1

 

 


La montagna sacra

$
0
0

La montagna sacra locandina 1

Un compito difficile quanto risolvere un’equazione di Einstein, quello di recensire La montagna sacra (La montaña sagrada,The holy mountain) di Alejandro Jodorowsky.
Un film che a distanza di 40 anni esatti non può che far discutere, litigare o far esaltare, arrabbiare o lasciare stranito lo spettatore che si avvicini ad esso incautamente.
Un’opera che anche cinematograficamente sembra fuori posto; fatte le debite (ed incaute) proporzioni, assomiglia d un museo caotico e confusionario, nel quale vengano esposte alla rinfusa opere di Raffaello o Michelangelo accostate a quelle di Dali e Picasso, di Modigliani accanto a Fontana.

La montagna sacra 16

La montagna sacra 15
Ecco proprio all’artista di Rosario si può accostare, giusto concettualmente, l’opera di Jodorowsky; perchè la visionarietà del film può ben accostarsi alla straordinaria esperienza di Fontana, l’artista che aprì le porte ad un nuovo modo di concepire l’arte, con quei suoi tagli sulla tela che invitavano il fruitore stesso dell’opera ad andare oltre la visione del taglio stesso, cercando così un nuovo spazio aldilà del taglio che facesse spaziare la mente oltre i limiti fisici stessi dell’opera.
Jodorowsky gira La montagna sacra tre anni dopo l’esaltante risultato raggiunto da El topo, la sua opera fino ad allora più famosa.

La montagna sacra 14
Il poliedrico artista cileno, che nella sua vita ha sperimentato praticamente di tutto, dalla letteratura ai fumetti, dal teatro al cinema stesso, gira questa pellicola con intenti chiaramente provocatori, quasi volesse esprimere per immagini la summa del suo pensiero politicamente scorretto ma anche innovativo e per certi versi geniali.
Un film particolarissimo, carico di simbolismi che spaziano senza soluzione di continuità attraverso immagini dissacratorie ed ermetiche, a tratti blasfeme o cariche di una fortissima rabbia che resta generalmente inespressa.
La trama del film è molto semplice, anche perchè nell’economia stessa della pellicola ha un’importanza relativa, asservita com’è alla dimostrazione del teorema finale; un giovane ladro, che assomiglia a Gesù, con la compagnia di sei Signori, un assistente e un mistico, intraprende un lungo viaggio per raggiungere la montagna sacra, sulla quale ci sono i nove saggi che posseggono il segreto dell’immortalità.

La montagna sacra 13

La montagna sacra 12

La montagna sacra 11
Ci arriveranno ma scopriranno una verità semplice e fondamentale…
Da come si evince da questa sintesi, la trama del film di Jodorowsky è un pretesto per raccontare un viaggio iniziatico nel quale contano molto più le esperienze del ladro/Gesù, visualizzate sullo schermo da immagini dadaistiche e surreali, piuttosto che il viaggio in se, che avrà una conclusione spiazzante ma solo per il meno scafato dello spettatore.
L’immortalità dei mistici e dei loro compagni di viaggio è allo stesso tempo una chimera e una irrealtà: cosa c’è di immortale nell’universo? Nulla, assolutamente nulla, perchè l’universo stesso è nato dal Big bang e si ritrae fino a ritornare ai primordi, probabilmente per eoni di tempo.
Filosofia spicciola o tentativo estremo di ricerca di una verità da far fruire allo spettatore nel tentativo di farlo riflettere sui misteri della vita?

La montagna sacra 10
O semplicemente esercizio di stile, bizzarra rappresentazione di riferimenti alchemici e mistici, religiosi e panteisti?
Ecco, l’essenza del film di Jodorowsky sta tutta in questa serie di domande, che naturalmente non hanno risposta.
Il regista cileno scandalizza, turba, espone in maniera criptica riferimenti a tutto e a niente allo stesso tempo, riducendo alla fine il film stesso ad una lunghissima sequela di immagini scollegate l’una dall’altra, chiuse da un finale che vorrebbe essere spiazzante sopratutto quando i famosi saggi immortali svelano i loro volti.
Ma allora quale è la chiave di lettura di La montagna sacra?
Forse la più probabile è la ricerca dell’io, che non può coincidere con quella dell’immortalità, proprio per la mancanza pratica della stessa. E’ attraverso la realizzazione della ricerca dell’io che si compie la perenne ricerca dell’uomo, teso alla scoperta delle proprie origini e del proprio divenire.

La montagna sacra 9

La montagna sacra 8
Se questa è la chiave di lettura ( e non sono affatto certo che lo sia), allora Jodorowsky sceglie la via più complicata per illustrare il suo percorso di ricerca.
E’ davvero impresa improba districarsi fra immagini in contrasto con le parole che i personaggi pronunciano, anche se l’inizio della ricerca sembra indicare una logica semplice delle cose.
Avete potere e denaro, ma siete mortali.Sapete che non potete sfuggire alla morte, ma l’immortalità può essere raggiunta.In ogni tradizione si parla di montagne sacre…nove uomini immortali vivono sulla montagna,dal picco più alto dirigono il nostro mondo
Sembrerebbe tutto lineare, semplice. E invece ci troviamo proiettati in un delirio metafisico e surrealista, antireligioso all’eccesso.

La montagna sacra 7

La montagna sacra 6
Troviamo l’uomo con un anello vescovile che si toglie un occhio (l’occhio dello scandalo?) e il Cristo che divora il suo corpo dopo essere stato allontanato dal papa,il papa morto che sembra essere in uno stato “zombistico” tanto da autoassolversi dai peccati. Assistiamo alla trasmutazione alchemica delle feci in oro, che l’alchemista opera con le parole “Vuoi l’oro?Non sei che merda. Puoi cambiare te stesso in oro
Fino all’incontro con l’alchimista, il personaggio/Gesù in fondo altro non ha fatto che tentare di spogliarsi del suo ruolo di Messia e di speranza per i cristiani; dopo, con l’incontro degli altri nove compagni che lo affiancheranno nella ricerca dei nove saggi assistiamo ad un’analisi sul potere tramite un’allegoria esplicitata attraverso immagini fra le più disparate.
In ultimo l’arrivo alla montagna, con la scoperta che il viaggio altro non è stato che un viaggio in se stessi, alla ricerca di un io tanto trascurato e che invece dovrebbe essere al centro del viaggio dell’uomo.

La montagna sacra 5
Permettetemi un excursus personale sul film, ricordando la visione dello stesso in un cinema di periferia della mia città esattamente quarant’anni addietro.
Era una sera fredda e andai a cinema perchè davvero non avevo nulla da fare; scelsi il film di Jodorowsky senza sapere assolutamente nulla di lui e dei suoi lavori precedenti.
Eravamo non più di 50, nel cinema e alla fine del primo tempo eravamo rimasti la metà.
A fine proiezione eravamo in pochissimi, gli altri erano andati via bestemmiando e borbottando; io rimasi qualche minuto dopo che le luci si erano accese, convinto di aver assistito alla proiezione di un capolavoro assoluto.
Tali e tante erano state le immagini devastanti che avevano popolato lo schermo da avermi impressionato la mente in maniera indelebile.

La montagna sacra 4
Qualche anno addietro ho rivisto il film, riportandolo nel suo giusto collocamento, ovvero quello di una pellicola innovativa e sperimentale, affascinante per certi versi, irritante per altri.
Non un capolavoro, quindi, ma un’opera originale con tanti pregi e altrettante pecche.
La montagna sacra è un’opera oggi facilmente rintracciabile in rete, dopo che l’ostracismo verso il film è finalmente saltato; c’è un’edizione digitale splendida che ha restituito alla pellicola i colori vividi con i quali è stato girato. Purtroppo è praticamente impossibile vedere il film sui canali televisivi.

La montagna sacra banner filmscoop
La montagna sacra
Un film di Alejandro Jodorowsky. Con Alejandro Jodorowsky, Horacio Salinas, Ramona Sanders, Valerie Jodorowsky, Ana De Sade, Jacqueline Voltaire, Juan Ferrara, Leticia Robles, Adriana Page, Burt Kleiner, Nicky Nichols, Richard Rutowski, Luis Lomeli, David Kapralik, Guadalupe Perullero, Robert Taicher, Hector Hortega Titolo originale The Holy Mountain. Fantastico, durata 115′ min. – USA 1973

La montagna sacra banner gallery

w8

La montagna sacra 1

La montagna sacra 2

La montagna sacra 3

w7

w6

w5

w4

w3

w2

w1

s9

s8

s7

s6

s5

s4

s3

s2

s1

La montagna sacra banner personaggi

Alejandro Jodorowsky: l’Alchimista
Horacio Salinas: il ladro
Zamira Saunders: la donna
Juan Ferrara: Fon
Adriana Page: Isla
Burt Kleiner: Klen
Richard Rutowski: Axon
Valerie Jodorowsky: Sel
Nicky Nichols: Berg
Jacqueline Voltaire: moglie del turista
David Kapralik: il turista

La montagna sacra banner cast

Regia Alejandro Jodorowsky
Sceneggiatura Alejandro Jodorowsky
Produttore Alejandro Jodorowsky, Allen Klein, Roberto Viskin
Produttore esecutivo Robert Taicher
Casa di produzione Allen & Betty Klein and Company, Producciones Zohar
Distribuzione (Italia) Raro Video
Fotografia Rafael Corkidi
Montaggio Federico Landeros
Musiche Don Cherry, Ronald Frangipane, Alejandro Jodorowsky
Costumi Alejandro Jodorowsky, Nicky Nichols
Trucco María Eugenia Luna

La montagna sacra banner citazioni

Questa è la vita reale? No! Questo è un film! Zoom indietro…
Vuoi l’oro?Non sei che merda. Puoi cambiare te stesso in oro
Sapere, osare, volere, tacere.
La pietra filosofale degli alchimisti non è altro che LSD
“Il mio pianeta è mia moglie”
“L’Apocalisse e il Libro tibetano dei Morti sono un’esperienza alla mescalina”
“Più umani che mai… la realtà. Questa vita è realtà? No, è un film. Non siamo che immagini, fotografie. Romperemo l’illusione! Questa è magia! La vita reale ci attende”.

La montagna sacra banner recensioni

L’opinione dell’utente Ford, dal sito http://www.davinotti.com
“Sequela implacabile di disturbanti sequenze surreali. Jodorowski dirige con classe un trionfo del rivoltante che diventa bello in quanto cinema e il finale metafilmico non fa altro che confermare che il cinema è bello quando fa vedere quello che non c’è, il moralista schifato dalle scene forti di questo film non è altro una persona che attribuisce significati che un fascio di luce o un pugno di pixel in realtà non danno. Le magnifiche scenografie sono il punto in più di questo film stupendo, concreto e impossibile allo stesso tempo.”

L’opinione dell’utente alfatocoferolo dal sito http://www.filmtv.it
Cervellotico, filosofico, visionario. Le prime tre parole che mi son venute in mente terminata la visione di questo elaborato (e per certi versi criptico) capolavoro di Jodorowsky. Inizialmente l’idea prevalente era quella di assistere ad un frammentario ed incongruente assemblamento di immagini grottesche e allucinate (uccelli che prendono il volo da una ferita al cuore di un fucilato, un mistico che viene replicato in infinite sagome di cera, rane travestite da crociati che interpretano una battaglia sanguinosa e tanto altro) ma nel seguito appare comunque chiara l’esistenza di un filo conduttore che permette di armonizzare il tutto. Un lavoro che richiama l’opera di Dalì e Bunuel, probabilmente non adatto a tutti i palati ma sicuramente suggestivo e di grande impatto estetico.

L’opinione dell’utente Giacomo dal sito http://www.filmup.leonardo.it
Ripropone simbolicamente tutte le tappe che l’individuo ha da percorrere per compiere l’opera cui ogni essere vivente è destinato. dal risveglio alle morti dell’io, dalla mandorla mistica all’enneagramma, dall’oro all’io mostruoso, dai tarocchi ai pianeti, dall’integrazione finale all’illusione finale: c’è tutto. ovviamente bisogna avere una chiave d’interpretazione per cogliere il significato dei simboli e poter conferire coerenza ad un film che appare sconclusionato e narcisista. ma i simboli utilizzati sono i simboli, pertanto laddove non arriva l’io ci arriva senz’altro l’inconscio dello spettatore. da vedere e rivedere più volte nella vita.

L’opinione dell’utente Luca dal sito http://www.filmup.leonardo.it
La montagna sacra mi ha colpito. Lo sforzo del cineasta cileno più famoso del mondo è notevole. Non riesco a capire perchè questo film mi piace, ma una cosa è certa, mi piace. Eccessivo all’inverosimile, raffigura semplicemente l’arte figurativa e simbolica di un filosofo – poeta. Il film dice tutto e non dice niente. Nel momento in cui cerchiamo di imbrigliarlo in un contesto razionale ci ritroviamo a brancolare seriamente nel buio. Certo, è riferito all’uomo, alla vita e alla morte, all’amore e l’odio, alle perversioni e alle fantasie malate, ma il film è una parodia di se stesso, così ricco di significati calpestati di volta in volta dalle parole del regista stesso che induce alla povertà del corpo e ci sprona alla ricchezza dello spirito, alla fine è un film che vuole diventare reale, ironia della realtà che vuole diventare film. Fondamentalmente l’ho capito, a parte i simbolismi più ermetici e esoterici, ma credo che non bisogna per forza essere laureati o maghi alchimisti per apprezzare un film incredibile, pregnante, tecnicamente perfetto, ispirato, comico e estremamente tragico, realista e fuorviante, una condanna e un’accettazione. Una regia perfetta, un impiego di mezzi, comparse, attori e scenografie da colossal. L’ho visto due volte, ma credo che l’ho rivedrò tante altre volte ancora. E spero di cogliere sempre nuove sfumature. Una simbolica galleria di suggestioni visive di enorme impatto emotivo mescolate ad un ermetismo concettuale misterioso e affascinante che premio a pieni voti, un capolavoro del 1973, una pellicola che gronda sudore e produce sperma e merda, ma che fusi insieme producono oro, l’uomo è la pietra filosofale, questo film è prezioso come l’oro. Grazie ALEJANDRO.

La montagna sacra banner foto e locandine

La montagna sacra foto 8

La montagna sacra foto 9

La montagna sacra foto 4

La montagna sacra foto 1

La montagna sacra foto 2

La montagna sacra foto 3

La montagna sacra foto 5

La montagna sacra foto 6

La montagna sacra foto 7

La montagna sacra foto 10

La montagna sacra locandina 2

La montagna sacra locandina 3

La montagna sacra locandina 4

La montagna sacra locandina 5

La montagna sacra locandina 6

La montagna sacra locandina wallpaper


Kramer contro Kramer

$
0
0

Kramer contro Kramer locandina 3

Ted Kramer è un importante dirigente di una azienda che si occupa di pubblicità; è sposato con Joanna e ha un figlio, Billy.
Dedito completamente al lavoro, Ted probabilmente trascura la famiglia.
Infatti, subito dopo aver ricevuto un importante incarico, lo vediamo tornare a casa dove ad accoglierlo c’è la moglie Joanna che gli comunica, senza molti giri di parole, che ha intenzione di andar via di casa per prendersi una pausa di riflessione.
Joanna quindi va via, affidando il figlio alle cure di Ted.
Che da quel momento è costretto gioco forza ad occuparsi del figlio, con il quale, dopo un inizio difficile, stabilisce un buon rapporto.

Kramer contro Kramer 15

Kramer contro Kramer 14
Ma la cosa si riflette negativamente sul lavoro; costretto ad occuparsi di Billy, Ted perde il lavoro.
Nel frattempo stringe qualcosa più di un’amicizia con una donna separata come lui, Margaret, anch’essa con un figlio.
Un giorno, mentre i due sono al parco, Billy cade da una giostrina riportando serie ferite al volto.
Qualche mese più tardi, in modo del tutto imprevisto, ritorna Joanna che chiede a suo marito di potersi riprendere il figlio.
Di fronte al diniego di Ted, Joanna trascina l’uomo in tribunale, dove, dopo una lunga battaglia, Joanna riceve l’affidamento del bimbo.
Ted decide di andare in appello, ma quando apprende che dovrà portare suo figlio in tribunale, decide per il bene di Billy di rinunciare.
Finale da vedere….

Kramer contro Kramer 13

Kramer contro Kramer 12
Sono i temi del divorzio, quello dell’affidamento dei figli, le lunghe ed estenuanti battaglie legali fra i coniugi, i traumi riportati dagli stessi gli argomenti dei quali parla Kramer contro Kramer, film diretto da Robert Benton nel 1979.
Un film, detto subito, molto ben fatto ma anche terribilmente ruffiano; il regista texano infatti coniuga l’impegno civile della denuncia dei postumi del divorzio sui figli solleticando in più circostanze i sentimenti dello spettatore e cercando quanto più possibile di suscitare simpatia e commozione verso il genitore, in questo caso di sesso maschile.
Lo fa, però, con molta grazia e delicatezza, tanto da riuscire a bilanciare alla fine la lacrima facile con l’impegno sociale del film stesso.
Tratto dal romanzo Kramer vs. Kramer di Avery Corman, il film racconta in maniera sobria la difficile storia tra i coniugi Ted e Joanna, alle prese con una separazione che Ted sembra più subire proprio mentre la sua professione sta per fare un balzo in avanti.

Kramer contro Kramer 10

Kramer contro Kramer 11
E’ proprio su Ted che il regista punta l’attenzione, descrivendo da subito le difficoltà di un uomo alle prese con l’impegno nel suo lavoro e subito dopo l’improvvisa necessità di doversi dedicare al figlio, impegno per il quale non è certo preparato. Un rapporto difficile, che Ted deve recuperare in un ruolo, quello del padre, che è distante per ovvi motivi anni luce da quello della madre.
Con l’impegno, con il sacrificio, con la rinuncia Ted riesce a costruire un rapporto con Billy; riesce anche a ricostruirsi un brandello di vita prima del momento fatale del ritorno di Joanna.
Che costringerà Ted a delle scelte dolorose, fino all’ultimo gesto che sa tanto di rinuncia per amore, un amore superiore che ora Ted finalmente conosce in tutta la sua bellezza ma anche in tutto il dolore della rinuncia…
Benton realizza un film sobrio, che cede alla commozione facile solo nel finale; ma è una concessione obbligata, in quanto è costretto dal romanzo ad una specie di happy end che però in fondo è quello che la gente vuole.
Un happy end ben differente da quello di tantissime storie di papa divorziati costretti a vedere i propri figli in orari e giorni prestabiliti, a sacrificare se stessi in toto per i propri figli.

Kramer contro Kramer 9
Un film quindi armonico, che scorre senza grossi problemi grazie alla sobria regia di Benton ma grazie anche ai due straordinari attori protagonisti,Dustin Hoffman e Meryl Streep oltre alla presenza del bravissimo Justin Henry che interpreta Billy.
Hoffman tiene quasi sempre su di se il peso del film, perchè la storia è incentrata sul suo personaggio; molto più defilata la Streep, sacrificata dal copione ma sempre pronta e misurata nei momenti in cui la si vede in scena.
Non a caso Kramer contro Kramer, uno dei successi più rilevanti del 1979, venne premiato con 5 oscar e 4 nomination; il film vinse infatti il premio Oscar come miglior film (grida ancora vendetta la vittoria su Apocalypse now), per la miglior regia e sopratutto vide premiati sia Hoffman (miglior attore) sia la Streep (migliore attrice non protagonista) oltre al premio per la miglior sceneggiatura non originale.

Kramer contro Kramer 7
Riconoscimenti meritati, almeno per quanto riguarda il cast, ma resta assolutamente il marchio di infamia la vittoria a spese di Apocalypse now o di All that jazz, due film nettamente migliori e di ben altro calibro rispetto a Kramer contro Kramer, più blockbuster che film dai profondi contenuti.
Un film ben fatto, ben diretto, molto furbo, attentissimo ad arruffianarsi il pubblico senza però eccedere nei sentimentalismi, quindi.
Il film di Benton è facilmente rintracciabile in rete ed è passato più volte sui canali televisivi.

Kramer contro Kramer 3
Kramer contro Kramer

Un film di Robert Benton. Con Dustin Hoffman, Meryl Streep, Jane Alexander , Justin Henry, Howard Duff, George Coe, Jo Beth Williams, Joe Seneca, Ellen Parker, Nicholas Hormann, Howland Chamberlain, Shelby Brammer, Bill Moor, Jack Ramage, Jess Osuna, Carol Nadell, Donald Gantry, Judith Calder, Peter Lownds, Kathleen Keller, Ingeborg Sorensen, Iris Alhanti, Richard Barris, Evelyn Hope Bunn, Joann Friedman, Quentin J. Hruska, Dan Tyra, David Golden, Petra King, Melissa Morell, Frederic W. Hand, Scott Kuney Titolo originale Kramer vs. Kramer. Drammatico, durata 104′ min. – USA 1979.

Kramer contro Kramer banner gallery

Kramer contro Kramer 8

Kramer contro Kramer 6

Kramer contro Kramer 5

Kramer contro Kramer 4

Kramer contro Kramer 3

Kramer contro Kramer 2

Kramer contro Kramer 1

Kramer contro Kramer banner personaggi

Dustin Hoffman: Ted Kramer
Meryl Streep: Joanna Kramer
Justin Henry: Billy Kramer
Jane Alexander: Margaret Phelps
Howard Duff: John Shaunessy
George Coe: Jim O’Connor
JoBeth Williams: Phyllis Bernard
Howland Chamberlain: Giudice Atkins
Bill Moor: Gressen, avvocato di Joanna
Joe Seneca: ospite

Kramer contro Kramer banner doppiatori

Ferruccio Amendola: Ted Kramer
Maria Pia Di Meo: Joanna Kramer
Davide Lepore: Billy Kramer
Anna Rita Pasanisi: Margaret Phelps
Sergio Rossi: John Shaunessy
Gianni Marzocchi: Jim O’Connor
Sergio Fiorentini: Giudice Atkins

Kramer contro Kramer banner cast

Regia Robert Benton
Soggetto Avery Corman
Sceneggiatura Robert Benton
Produttore Stanley R. Jaffe
Casa di produzione Columbia Pictures, Stanley Jaffe Production
Distribuzione (Italia) Ceiad Balmas
Fotografia Néstor Almendros
Montaggio Gerald B. Greenberg
Musiche John Kander, Herb Harris
Scenografia Paul Sylbert

Kramer contro Kramer banner foto

Kramer contro Kramer locandina sound

Kramer contro Kramer locandina 4

Kramer contro Kramer locandina 2

Kramer contro Kramer locandina 1

Kramer contro Kramer lc.6

Kramer contro Kramer lc.5

Kramer contro Kramer lc.4

Kramer contro Kramer lc.3

Kramer contro Kramer lc.2

Kramer contro Kramer lc.1

Kramer contro Kramer foto di scena 7

Kramer contro Kramer foto di scena 6

Kramer contro Kramer foto di scena 5

Kramer contro Kramer foto di scena 4

Kramer contro Kramer foto di scena 3

Kramer contro Kramer foto di scena 2

Kramer contro Kramer foto di scena 1


Barbara il mostro di Londra

$
0
0

Barbara il mostro di Londra locandina 6

In una Londra vittoriana grigia e fumosa agisce il Dottor Jekyll, studioso alla ricerca del mitico elisir di lunga vita.
Avendo scoperto che per produrre il siero è necessario prelevare ormoni femminili da cadaveri possibilmente di ragazze molto giovani, il Dottor Jekyll deputa due loschi figuri al recupero di salme di ragazze.
Jekyll realizza il siero, ma il risultato è del tutto inaspettato; il siero stesso agisce fisicamente sull’uomo trasformandolo anche se per breve periodo in una donna.
Per poter riprendere la mutazione, Jekyll è costretto ad agire da solo per procurarsi il materiale umano necessario; i due loschi collaboratori infatti sono usciti di scena, essendo stato uno giustiziato come profanatore di tombe e l’altro accecato.

Barbara il mostro di Londra 15

Barbara il mostro di Londra 14
Jekyll inizia quindi ad uccidere per procurarsi i corpi femminili, ma l’esperimento ormai ha creato un alter ego del dottore che è difficilmente controllabile.
L’uomo presenta il suo doppio femminile come Barbara Hyde, una donna che vive con lui essendo rimasta vedova; ben presto però la parte femminile, violenta e senza freni morali, prende il sopravvento, scatenando di conseguenza l’orrore nella città di Londra….
Dottor Jekyll e Sister Hyde, tradotto malamente in Barbara il mostro di Londra è una tarda produzione Hammer diretta da Roy Ward Baker, regista londinese purosangue scomparso nel 2010 alla bella età di 93 anni e autore prolifico di film di discreto livello e di numerosi serial tv, alcuni dei quali di larga fama come Il ritorno di Simon Templar e Attenti a quei due.

Barbara il mostro di Londra 10

Barbara il mostro di Londra 9
Un film che modifica il celebre racconto di Robert Louis Stevenson Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde introducendo in luogo del famoso dualismo Jekyll/Hyde imperniato sulla dicotomia bene/male la variante della trasformazione in bene-uomo e male-donna, cosa che valse al regista inglese dure accuse di misoginia e maschilismo.
Accuse fondamentalmente risibili, in quanto lungi dal attribuire alla Hyde femminile caratteristiche negative in quanto donna,Baker utilizza semplicemente il doppio in gonnella per motivi puramente scenici.
Qui non c’è più la lotta interiore di Jekyll con Hide alla ricerca di un impossibile equilibrio tra bene e male, che Stevenson racconta nel suo romanzo scritto proprio per raccontare l’ambiguità dell’animo umano, in bilico fra ragione e forza bruta, fra tendenza al bene e oscure tentazioni del fascino che il male comunque esercita sulla psiche dell’uomo.

Barbara il mostro di Londra 8

 

Barbara il mostro di Londra 7

 

Barbara il mostro di Londra 4
C’è, viceversa, uno sdoppiamento fisico fra uomo e donna in cui le due nature contrapposte del bene e del male finiscono per dividersi nettamente, quando Barbara Hyde prende fatalmente il predominio su Jekyll; da questo momento la storia vira verso l’horror non più metafisico bensi concreto, con la trasformazione di Barbara Hyde in un serial killer spietato, in puro stile Jack lo squartatore.
Poichè la storia è ambientata come già detto nella Londra vittoriana, ecco che il romanzo di Stevenson e la terribile storia, purtroppo vera dello squartatore londinese finiscono per intrecciarsi e dar luogo ad un film che se non ha abbastanza profondità per analizzare le vere motivazioni che spingono Jekyll nella sua folle ricerca, quantomeno vira verso un horror che visivamente si gusta con piacere proprio perchè scevro da eccessive implicazioni filosofiche.
Barbara il mostro di Londra mostra quindi la metamorfosi dello scienziato Jekyll in un essere amorale e senza scrupoli, trascinato sulla via della violenza da pulsioni non controllabili; se il bene, presente in Jekyll riesce a mantenere un equilibrio stabile, almeno fino a prima dell’esperimento con il siero, è perchè secoli di morale e di insegnamenti della società sono riusciti a imporre agli uomini dei comportamenti lineari, tesi ad un comportamento sociale di rispetto degli altri.

Barbara il mostro di Londra 6
Barbara Hyde invece non ha nulla di tutto questo; è forza primordiale, non ha freni inibitori, non è un essere sociale. Non avendo etica, è libera di procurarsi quello che più vuole con tutti i mezzi; Jekyll tenterà inutilmente di fermare il suo doppio, che fatalmente prenderà il sopravvento.
L’Hyde di Stevenson muore suicida quando Jekyll, in un ultimo barlume di coscienza, si rende conto che ha generato un doppio che è un mostro a tutti gli effetti; Barbara Hyde farà una fine diversa proprio perchè Baker ha preferito scegliere la strada del racconto visivo horrorifico piuttosto che una riduzione pedissequa del romanzo dello scrittore scozzese.
Il regista immerge il film in un’atmosfera adeguata al racconto, in modo tale che il film scivola verso la fine senza annoiare lo spettatore; l’introduzione dello sdoppiamento Jekyll/Hyde è raccontato visivamente con un colpo magistrale.

Barbara il mostro di Londra 5
Nella scena più famosa del film Jekyll, sotto l’effetto del siero si pone davanti ad uno specchio; magistralmente Baker mostra lo sconcerto dell’uomo diventato all’improvviso donna.
Una donna peraltro molto bella, che inizia a esplorare il proprio corpo partendo dal seno sinistro, che il regista inquadra per qualche secondo con una buona dose di malizia.
Sostanzialmente siamo di fronte ad un prodotto ben riuscito, godibile, in linea con lo standard della Hammer, che ormai non aveva più il riscontro al botteghino degli anni passati, ma che manteneva dignitosamente una qualità apprezzata dal suo pubblico.

Barbara il mostro di Londra 3
Per quanto riguarda il cast nulla da eccepire sulla preparazione dello stesso; molto bene Martine Beswick (Barbara), bene anche Ralph Bates (Jekyll); l’attrice inglese nata in Giamaica, lanciata dai due film della serie 007 Dalla Russia con amore e Thunderball (Operazione Tuono) è una gioia per gli occhi ed è professionalmente ineccepibile.
Bene come dicevo anche il compianto Bates, scomparso prematuramente a 51 anni, che molti ricorderanno protagonista di altri horror come Una messa per Dracula,Gli orrori di Frankenstein e Mircalla l’amante immortale.
Barbara il mostro di Londra è un film che non è difficile reperire in rete, in versione digitale che mostra l’ottima fattura del film stesso, caratterizzato anche da una bella e tetra fotografia oltre che da un’atmosfera di sicuro effetto.

Barbara, il mostro di Londra

Un film di Roy Ward Baker. Con Martine Beswick, Ralph Bates, Gerald Sim, Lewis Fiander, Susan Broderick, Dorothy Alison, Ivor Dean, Philip Madoc, Irene Bradshaw, Neil Wilson, Paul Whitsun-Jones, Tony Calvin, Dan Meaden, Virginia Wetherell, Geoffrey Kenion, Anna Brett, Jackie Poole, Rosemary Lord, Petula Portell, Pat Brackenbury, Liz Romanoff, Will Stampe, Roy Evans, Derek Steen, John Lyons, Jeannette Wild, Bobby Parr, Julia Wright Titolo originale Dr. Jekyll and Sister Hyde. Horror, durata 97′ min. – Gran Bretagna 1971.

Barbara il mostro di Londra banner gallery

 

Barbara il mostro di Londra 1

 

Barbara il mostro di Londra 2

 

Barbara il mostro di Londra 13

 

Barbara il mostro di Londra 12

 

Barbara il mostro di Londra 11

Barbara il mostro di Londra banner personaggi

Ralph Bates: dott. Jekyll
Martine Beswick: Barbara
Gerard Sim: Robertson
Lewis Flander: Howard
Susan Brodrick: sig.ra Spencer
Neil Wilson: poliziotto anziano
Ivor Dean: sig. Burke
Paul Whitsun Jones: sergente Danvers
Philip Madoc: Byker
Tony Calvin: sig. Hare
Susan Brodrick: Susan
Dan Maeden: banditore
Virginia Wetherell: Betsy
Geoffrey Kenion: primo poliziotto
Irene Bradshaw: Yvonne
Anna Brett: Julie
Jackie Poole: Margie
Rosemary Lord: Marie
Petula Portell: Petra
Pat Brackenbury: Helen
Liz Romanoff: Emma
Will Stampe: Mine Host
Roy Evans: l’arrotino
Derek Steen: il primo marinaio
John Lyons: il secondo marinaio
Jeannette Wild: Jill
Bobby Parr: un giovane apprendista
Julia Wright: cantante di strada

Barbara il mostro di Londra banner cast

Regia Roy Ward Baker
Soggetto Robert Louis Stevenson
Sceneggiatura Brian Clemens
Produttore Hammer Film Productions
Distribuzione (Italia) regionale
Fotografia Norman Warwick
Montaggio James Needs
Musiche David Whitaker
Scenografia Robert Jones

Barbara il mostro di Londra banner recensioni

Recensione dell’utente Undying tratta dal sito http://www.davinotti.com
Pregevole produzione inglese siglata da Roy Ward Baker e targata Hammer. Il tema del doppio (buono/cattivo) già analizzato in diverse rivisitazioni del celebre romanzo di Robert Louis Stevenson (Dr. Jekyll and Mr. Hyde) viene qui visto in variante femminile (Dr. Jekyll and sister Hyde è il titolo originale) e con sconfinamento nell’ibridazione (c’è anche un collegamento a Jack lo Squartatore). L’ombra del killer si aggira tra scenografie nebulose nei d’intorni di una Londra -da girone dantesco- sperduta nello spazio e nel tempo… Poetico.

Recensione dell’utente Beckett tratta dal sito http://www.filmtv.it
Un film d’annata, firmato da un altro artigiano della Hammer, pellicola che ha il pregio di rinnovare il mito del dottor Jekyll in modo innovativo e simpatico. A differenza di Fisher (il primo artigiano della Hammer), lo stile di Ward Baker (nel genere vampiresco) è figlio del ’68 e gode di tutte quelle “libertà” che ne conseguono: se in Fisher il sesso era il motivo scatenante ma era vissuto in modo represso, in Ward Baker si libera di tutte quelle restrizioni morali.

Recensione del sito http://www.ecodelcinema.com
Rivisitazione ironica e orrorifica del celebre romanzo di Robert Louis Stevenson, il film vede il dottor Jekyll trasformarsi, grazie alla sua pozione, in una donna bellissima e malvagia, che se ne va per la città a uccidere fanciulle innocenti per ricavarne gli ormoni necessari a sopravvivere. La produzione Hammer garantisce alla pellicola l’eleganza delle ambientazioni e della fattura, ma a fare la differenza è l’originalità del gioco delle ambiguità sessuali, ai limiti del kitsch, sapientemente alternato ai momenti di tensione. Un piccolo classico, divertente e paradossale, da riscoprire.

Recensione del sito http://www.moviecinemania.blogspot.it
Nel film, ambientato dove lo si capisce dal titolo italiano, si narra del dottor Jekyll (Ralph Bates) il quale sperimentando su di sé un siero di sua invenzione di eterna giovinezza, ricavato dall’ormone femminile umano, si trasforma in una graziosa fanciulla, Barbara (Martine Beswick), che tutti credono sorella dello scienziato. Ora con una personalità, ora con l’altra, lo studioso uccide giovani prostitute (creando paura in città un po’ come accade per Jack lo squartatore) per procacciarsi l’ormone e migliorare il suo siero. In Jekyll/Barbara, che si sentono attratti dai fratelli vicini di casa Susan e Howard Spencer (Susan Broderick, Lewis Fiander), inizierà presto la lotta per decidere chi dei due dovrà sopravvivere.
Quello che Jekyll vuole è creare il siero della vita, conoscere il segreto dell’eterna giovinezza, come Frankenstein, senza stregoneria ma con la scienza. È chiaro che anche qui l’ossessione dello scienziato lo porterà all’abisso, all’autodistruzione, all’orrore.
Certo, non ci troviamo di fronte alla folle coraggiosa e geniale commistione di generi e codici che Brian De Palma farà tre anni dopo con Il Fantasma del palcoscenico (1974) ma il prodotto finale è comunque più che dignitoso, in perfetto stile Hammer.

Incipit di Lo strano caso del Dottor Jekyll e Mister Hyde, di R.L.Stevenson

L’avvocato Utterson era un uomo dall’aspetto rude, non s’illuminava mai di un sorriso; freddo, misurato e imbarazzato nel parlare, riservato nell’esprimere i propri sentimenti; era un uomo magro, lungo, polveroso e triste, eppure in un certo senso amabile. Nelle riunioni di amici, quando il vino era di suo gusto, gli traspariva negli occhi qualcosa di veramente umano; qualcosa che non trovava mai modo di risultare nelle sue parole, e che si manifestava, oltre che in quella silenziosa espressione della faccia dopo una cena, più spesso ancora e più vivamente nelle azioni della sua vita. L’avvocato era severo nei riguardi di se stesso; quando si trovava solo, beveva gin, per mortificare l’inclinazione verso i buoni vini; e, sebbene il teatro lo attirasse, non aveva mai varcato la soglia di un teatro in vent’anni.

Barbara il mostro di Londra banner locandine

Barbara il mostro di Londra foto 5

Barbara il mostro di Londra foto 4

Barbara il mostro di Londra foto 2

Barbara il mostro di Londra foto 1

Barbara il mostro di Londra foto 3

Barbara il mostro di Londra locandina 8

Barbara il mostro di Londra locandina 7

Barbara il mostro di Londra locandina 5

Barbara il mostro di Londra locandina 2

Barbara il mostro di Londra locandina 4

Barbara il mostro di Londra locandina 3

Barbara il mostro di Londra locandina 1

Barbara il mostro di Londra lc 1

Barbara il mostro di Londra locandina wallpaper

Barbara il mostro di Londra lc 2


Improvvisamente un uomo nella notte

$
0
0

Improvvisamente un uomo nella notte locandina 6

Il giro di vite (The Turn of the Screw) è un racconto scritto da Henry James, pubblicato nel 1898; da esso sono stati tratti alcuni film, il primo dei quali è stato l’eccellente Suspense (The Innocents) diretto da Jack Clayton nel 1961 e interpretato da Deborah Kerr.
Poi, nel 2001, il regista Alejandro Amenábar, ispirandosi al romanzo ne ha tratto la sua opera The others, protagonista Nicole Kidman; in mezzo ci sono state riduzioni come Un altro giro di vite (Otra vuelta de tuerca, 1985),Presenze (The Turn of the Screw, 1994),Presence of Mind (1999) e il recente In a Dark Place (2006).
Nel 1971 Michael Winner, su sceneggiatura di Michael Hastings dirige un vero e proprio prequel del romanzo, The nightcomers che verrà proiettato in Italia con il titolo Improvvisamente un uomo nella notte.
Il film, che sfrutta la storia dei due piccoli protagonisti del romanzo, termina esattamente la dove inizia il romanzo di James,con l’arrivo di miss Giddens a Bly; per chi ha letto lo splendido romanzo di James le analogie con il romanzo stesso terminano qua.

Improvvisamente un uomo nella notte 16
Il film inizia con la vicenda dei due piccoli Miles e Flora, che hanno perso i genitori in un incidente e che vengono presi sotto tutela dal patrigno; l’uomo,dovendo assentarsi per lavoro, affida i due ragazzini alla governante Grose.
La donna è un’anziana signora, che dirige la grande casa nelle campagne inglesi in cui la vicenda si volge;siamo in un’epoca non specificata, sotto il regno della regina Vittoria.
Nella grande dimora Miles e Flora hanno come unica compagnia, oltre a quella della signora Grose, quella di Peter Quint che svolge le mansioni di giardiniere.
I due ragazzini ben presto si legano all’uomo, un individuo dal comportamento bizzarro, a tratti semplicemente amorale, a tratti infantile come i suoi due piccoli protetti.

Improvvisamente un uomo nella notte 14

Improvvisamente un uomo nella notte 13
Assistono ad esempio a crudeli maltrattamenti verso piccoli animali, un rospo e una tartaruga ma al tempo stesso imparano anche ad apprezzare lo splendido paesaggio e la straordinaria bellezza della natura che li circonda, ascoltano con interesse i racconti di Peter, imparano ad andare a cavallo o a far volteggiare aquiloni.
Ma Quint è anche un uomo perverso; ha una relazione sado masochistica con la bella Miss Jessel, che è stata assunta dal patrigno dei due ragazzi come istitutrice; Miles spia l’uomo mentre ha rapporti con Miss jessel, che dapprima ha rifiutato e in seguito accettato le perverse attenzioni dell’uomo nei suoi confronti.
Lo stesso ragazzino, sotto l’influenza del rozzo giardiniere, finisce per coinvolgere la sorellina in un tragico simulacro di quello che ha visto fare a Peter nei confronti di Miss Jessel, con tanto di imitazione di violenza sessuale.
Miles e Flora, privi di una figura di riferimento, finiscono ben presto per assimilare come spugne il comportamento amorale del giardiniere;

Improvvisamente un uomo nella notte 8

Improvvisamente un uomo nella notte 9

Improvvisamente un uomo nella notte 10

la signora Grose, che ha scoperto la natura ambigua del legame tra il giardiniere e l’istitutrice e che guarda con impotenza al vero e proprio plagio della personalità che lo stesso Peter esercita sui ragazzini vieta all’uomo di entrare in casa.
E medita sull’allontanamento dei due dalla casa.
Ma i due ragazzi, che hanno già perso i genitori, non vogliono staccarsi da quelle due persone che fanno parte del loro quotidiano, del loro piccolo mondo; così praticano un foro nella barca che sanno dovrà essere usata da Miss Jessel, che muore annegata.
Peter verrà ucciso, ironia della sorte, da Miles che ha messo a frutto gli insegnamenti dell’uomo nell’uso dell’arco.
Ora i due, non potranno più allontanarsi dalla villa e già nella grande casa si pregusta l’arrivo di una nuova istitutrice…
Improvvisamente un uomo nella notte termina così con l’arrivo di una nuova istitutrice, che presumibilmente diverrà il nuovo “gioco” della terribile coppia di ragazzini; un finale in linea perfetta con il romanzo di James, che prò prenderà tutt’altra strada.Miss Giddens infatti si troverà immersa in’atmosfera gotica, alle prese con inquietanti presenza che altro non sono che i fantasmi del giardiniere e della precedente istitutrice.

Improvvisamente un uomo nella notte 6

Improvvisamente un uomo nella notte 7
Così Winner tenta di dare una spiegazione abbastanza lineare, tutto sommato, a quello che accade in Suspence; il risultato finale è un film non privo di un certo fascino ma anche terribilmente rozzo e poco incisivo (per nulla) sul piano delle introspezioni psicologiche dei personaggi.
A parte lo stupendo scenario della location e la splendida fotografia, il film non mostra pregi sufficienti a tributargli onori particolari;la regia di Winner è inadatta, mentre la storia sembra essere discontinua, legata principalmente al racconto delle personali perversioni di Peter e di Miss Jessel
I due bimbi appaiono invece come i ragazzini del Villaggio dei dannati; belli fuori e cattivi dentro.
Ci sarebbe stato lo spazio per motivare lo sviluppo psicologico delle due personalità alla luce dei traumi subiti dai ragazzi; Winner viceversa,con una regia monocorde e poco ispirata, vaga quà e là senza incidere nelle psicologie dei personaggi.

Improvvisamente un uomo nella notte 12
Mortificando quindi Marlon Brando che alla fine rende il suo personaggio meno oscuro e degno di interesse di quello che avrebbe dovuto;i dialoghi che interpreta spesso appaiono forzati lasciando poco spazio alla sua innegabile capacità artistica.
Il resto del cast tutto sommato fa il suo, con Stephanie Beacham che merita ampiamente la sufficienza, così come i due piccoli protagonisti e con l’inappuntabile performance di Thora Hird che interpreta Miss Grose.
Un film in chiaro-scuro, con predominanza di quest’ultimo aspetto;di ben altro livello sono infatti i due film citati all’inizio, ovvero Suspense di Clayton che racconta in maniera sobria e sopratutto claustrofobica la vicenda della governante Miss Giddens e The others, gran bel film interpretato magistralmente da Nicole Kidman che introduce la variante dei due bambini affetti da fotofobia e una storia sopratutto molto più ariosa e ben diretta.
Improvvisamente un uomo nella notte è generalmente considerato il peggior film di Brando del ventennio 60-70; un giudizio un tantino ingeneroso, perchè la professionalità dell’attore americano, anche se un pò in ombra, è comunque sempre un valore aggiunto ai film da lui interpretati.

Improvvisamente un uomo nella notte 15
Per quanto riguarda le possibilità di vedere questo film in tv, sono davvero scarse; a mia memoria non ricordo un solo passaggio televisivo dello stesso mentre la sua diffusione sulla rete è davvero ai minimi termini.
Purtroppo non sono riuscito a trovare nemmeno la versione originale, mentre sono presenti su You tube alcuni spezzoni della pellicola, peraltro poco indicativi.

Improvvisamente un uomo nella notte
Un film di Michael Winner. Con Marlon Brando, Stephanie Beacham, Thora Hird Titolo originale The Nightcomers. Drammatico, durata 96′ min. – Gran Bretagna 1972

Improvvisamente un uomo nella notte banner gallery

Improvvisamente un uomo nella notte 11

Improvvisamente un uomo nella notte 5

Improvvisamente un uomo nella notte 4

Improvvisamente un uomo nella notte 3

Improvvisamente un uomo nella notte 2

Improvvisamente un uomo nella notte 1

s10

s9

s8

s7

s6

s5

s4

s3

s2

s1

Improvvisamente un uomo nella notte banner personaggi

Marlon Brando: Peter Quint
Stephanie Beacham: Miss Jessel
Thora Hird: Mrs. Grose
Harry Andrews: Padrone di casa
Verna Harvey: Flora
Christopher Ellis: Miles
Anna Palk: Nuova governante

Improvvisamente un uomo nella notte banner cast
Giuseppe Rinaldi: Peter Quint
Fiorella Betti: Miss Jessel
Franca Dominici: Mrs. Grose
Sergio Graziani: Padrone di casa
Micaela Esdra: Flora
Germana Dominici: Nuova governante

Regia Michael Winner
Soggetto Henry James
Sceneggiatura Michael Hastings
Produttore Elliott Kastner, Michael Winner
Casa di produzione Elliott Kastner-Jay Kanter-Alan Ladd Jnr Productions, Scimitar Productions
Fotografia Robert Paynter
Montaggio Michael Winner (con il nome Arnold Crust Jr.)
Musiche Jerry Fielding

Improvvisamente un uomo nella notte banner recensioni

L’opinione dell’utente gattopongo presa dal sito http://www.filmtv.it
Praticamente un prequel de IL GIRO DI VITE di James,già portato al cinema 11 anni prima dal magnifico Suspense di Clayton . Winner, oltre a non saper dirigere il gigione Marlon Brando, dà sfogo a giochi bdsm da fumetto e non sa mantenere l’ambiguità, nè tanto meno far intuire la paura attraverso la reticenza, espedienti che erano alla base del film precedente. Il racconto di James verrà portato ancora sullo schermo col film Presenze.

L’opinione dell’utente Homesick, tratta dal sito http://www.davinotti.com
Questo antefatto del bellissimo racconto di Henry James (“Giro di vite”) non riesce nemmeno lontanamente a ricreare l’ambiguità, l’inquietudine e la tensione scaturita dalla penna dello scrittore. Brando, nonostante le sue eccellenti doti interpretative, finisce con l’essere poco incisivo per la mancanza di una sceneggiatura solida e per una regia poco rigorosa. Si salva comunque la bella ambientazione nell’inconfondibile, pittoresca campagna inglese.

L’opinione dell’utente leleemo tratta dal sito http://www.davinotti.com
Scenari davvero fiabeschi, arborei ed affascinanti, che contrastano con la tenebrosità della “manor house” di Sawston nel Cambridgeshire e soprattutto con la storia, che è pervasa da inizio a fine da un fascino perverso e sadico. Un Marlon Brando magistrale che s’impone per carisma e forza impattante, con la pur ottima interpretazione del resto del cast ma soprattutto dei due ragazzini. Un Brando più “libero” che sul “tango” che si lascia andare anche a qualche frammento divertente. In complesso un’ottima opera gotica, molto spesso sottovalutata.

L’opinione dell’utente Stefania tratta dal sito http://www.davinotti.com
Brando giardiniere, amante (dell’istitutrice) di Lady Chatterley, campione di tiro alla fune (in camera da letto), vermiciattolo infetto nella salubre insalata della quieta routine, corruttore dell’innocenza e vittima di una crudeltà innocente, ma fatale. La contrapposizione tra Natura e (buona) Società è raccontata nella maniera più esplicita e schematica, quindi alla fine banale, con qualche morbosità uggiosa. La fascinazione dei bambini per il soprannaturale appare inserita a forza nella trama. Brando si auto-cita, gli altri stanno semplicemente a galla.
Citazioni dal film:
“Quando i morti muoiono,dove vanno?” Miles
“I morti non vanno da nessuna parte, perchè non ha nessun posto dove andare” Peter
Da libro di James Il giro di vite

“Il racconto ci aveva tenuti attorno al focolare col fiato sospeso, ma a parte l’ovvia osservazione ch’esso era raccapricciante, come doveva essere una strana storia narrata la vigilia di Natale in una vecchia casa, non ricordo che suscitasse alcun commento finché qualcuno disse ch’era quello il primo caso in cui s’imbatteva d’una simile esperienza toccata a un fanciullo. Si trattava, se ben ricordo, di un’apparizione in una casa altrettanto vecchia di quella in cui eravamo riuniti per l’occasione – una visione spaventosa apparsa ad un bambino che dormiva nella camera di sua madre e che l’aveva svegliata terrorizzato; svegliata non per vincere il suo spavento e per farsi teneramente riaddormentare, ma perché lei stessa, prima di riuscirvi, si trovasse davanti la medesima visione che l’aveva sconvolto.”

“Si, sentii nettamente che mentre compiva quei pochi passi non mi tolse mai gli occhi di dosso, e ancora oggi vedo la sua mano, durante il percorso, spostarsi da un merlo all’altro. Si fermò all’altra estremità, ma meno a lungo, e anche mentre si girava, continuò a fissarmi ostentatamente.
Si girò; e fu tutto.”

Improvvisamente un uomo nella notte banner foto e locandine

Improvvisamente un uomo nella notte locandina 5

Improvvisamente un uomo nella notte locandina 4

Improvvisamente un uomo nella notte locandina 3

Improvvisamente un uomo nella notte locandina 2

Improvvisamente un uomo nella notte locandina 1

Improvvisamente un uomo nella notte lobby card 5

Improvvisamente un uomo nella notte lobby card 4

Improvvisamente un uomo nella notte lobby card 3

Improvvisamente un uomo nella notte lobby card 1

Improvvisamente un uomo nella notte lobby card 2

Improvvisamente un uomo nella notte foto 4

Improvvisamente un uomo nella notte foto 3

Improvvisamente un uomo nella notte foto 2

Improvvisamente un uomo nella notte foto 1


Senta Berger

$
0
0

Senta Berger A2

E’ salita su un palcoscenico quando aveva 4 anni, per accompagnare suo padre.
Era appena terminata la guerra e Senta Berger, nata nel 1941 a Vienna, era troppo piccola per immaginare il futuro.
Ma aveva un sogno, quello di fare la ballerina; un sogno che ha coltivato fino ai sedici anni, quando ha dovuto rinunciare alla sua passione.
Ma la scuola Max Reinhardt, quella dove studiava ballo e recitazione le sarebbe servita in futuro; le basi della sua futura professione se le forma proprio qui e appena cerca un lavoro nel cinema riesce ad ottenere qualche particina anche perchè è veramente bella.
Una bellezza statuaria, aristocratica; eppure lei ,a trent’anni,non si vedeva certo tale.

Senta Berger-Una notte in hotel

Uno dei suoi ultimi film: Una notte in Hotel

Senta Berger-Una donna di seconda mano

Una donna di seconda mano

In un’intervista rilasciata a Luigi Cozzi nel 1971 dice a tal proposito:
Bella io? Non scherziamo! Intanto ho un sopracciglio rovinato da un incidente d’auto, e non ho mai avuto il tempo di rimetterlo a posto con la plastica. Poi, la plastica, il giorno che dovessi farmela la imporrei anche al mio naso, che trovo orribile. Ho le gambe troppo pesanti – per tutta la danza classica che ho fatto da ragazza – non ho un’altezza imponente e tendo a ingrassare. Bella io? Allora le altre sono tutte dee!”
Aldilà di una modestia eccessiva, Senta Berger non tarda a farsi notare:dopo due brevissime apparizioni, una delle quali a 9 anni (1950) nel film Questi nostri genitori e in Du bist die Richtige del 1955, ottiene una prima particina nel film Die unentschuldigte Stunde del 1957.
E’ l’inizio di una carriera che dura ininterrottamente da allora sino ai giorni nostri e che conta ormai oltre 150 partecipazioni a film, telefilm e produzioni televisive.

Senta Berger-Roma bene

Il celebre nudo in Roma bene

Praticamente, 56 anni di una carriera che le ha dato tante soddisfazioni, ma che nonostante tutto lei sottovaluta parecchio, come dirà nel corso dell’intervista citata:
Ho fatto veramente di tutto dalle mie prime esperienze in Austria ad oggi. Ho avuto tutte le età, persino i capelli bianchi, e sono stata buona e cattiva, onesta e depravata. Gran parte di queste interpretazioni valgono poco o niente, i personaggi che ho dovuto incarnare erano irreali e zoppicanti, eppure li ho scelti tra due volte tanti, anzi dieci volte tanti, perché in fondo erano i meno peggio.”
Verò è che la parte migliore della sua carriera doveva ancora arrivare e che l’avrebbe vista protagonista per tutto il decennio settanta, con quasi quaranta film interpretati moltissimi dei quali girati in Italia.
Dove è diventata, proprio in quel decennio, una delle attrici più ammirate ed amate dal pubblico.
Tra i numerosi film interpretati nel decennio sessanta, alcuni sono degni di menzione, nonostante la bella attrice austriaca tenda a sminuire il loro valore.
Tra essi segnalerei:
-Operazione San Gennaro,interpretato nel 1966 per la regia di Dino Risi:Nei panni della bella straniera Maggie lavora accanto a mostri sacri come Toto e Nino Manfredi,in una commedia molto fresca e divertente;
-Il papavero è anche un fiore, diretto da Terence Young nel 1966 con un cast stellare che include Stephen Boyd e Yul Brinner, Rita Hayworth e Trevor Howard,Marcello Mastroianni e Anthony Quayle;
-Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova, veneziano, diretto da Luigi Comencini nel 1969, miglior storia che racconti la vita del grande seduttore veneziano e nel quale la Berger interpreta la donna che inizia Casanova alla vita sessuale,Giulietta Cavamacchia.

Senta Berger-Ritratto di borghesia in nero 2

Ritratto di borghesia in nero

Accanto a questi degni di menzione sono anche De Sade (1969),Diabolicamente tua (1967) di Julien Duvivier accanto ad Alain Delon,Sierra Charriba (1965) del grande Peckinpah accanto a Charlton Heston.
Questo film, come Il nostro uomo a Marrakesh, Quiller memorandum e altri fanno parte del periodo hollywoodiano dell’attrice, che le saranno di grandissimo aiuto nel proseguimento della carriera.
E’ proprio sui set della mecca del cinema che Senta sperimenta la sua dedizione assoluta al lavoro, che racconta nel proseguimento dell’intervista di Giusti:
Probabilmente la serietà nel lavoro è un lato del mio carattere, è una mia dote innata. Ma anche se non l’avessi avuta, una dote del genere, l’avrei acquistata lavorando a Hollywood. Negli Stati Uniti non c’è posto per i dilettanti. Potete aver fatto mattina con l’amico, o in compagnia di una bottiglia, o magari con tutti e due, poco importa: salendo sul set bisogna essere in perfetta forma, nel pieno delle vostre possibilità di recitazione, altrimenti non vi varrà a nulla essere bella come una dea, o magari l’amica del produttore: il vostro contratto sarà immediatamente rescisso e vi sarà difficilissimo trovare qualcuno che ve ne offra un altro da firmare”.

Senta Berger-Ti aspetterò all'inferno

Ti aspetterò all’inferno

Senta Berger-The ambusher

The ambusher

Intanto ha sposato il regista Michael Verhoeven,che prima di incontrarla faceva il dentista e che la diresse in seguito in alcuni lavori.
Nel 1970 è una donna piena di fascino, discretamente famosa grazie ai lavori che ha interpretato in America e che le hanno permesso di apparire in film di grandi registi come il citato Peckinpah accanto a star famosissime come Kirk Douglas,Frank Sinatra ecc.
Il suo primo lavoro del decennio è Cuori solitari, diretto da Franco Giraldi e interpretato accanto a Ugo Tognazzi :”Cuori solitari è stato uno spasso, da girare. Giraldi era molto sicuro del fatto suo, come regista, e infondeva a tutti noi attori la stessa sicurezza. Così non era difficile che ci si arrischiasse, di scena in scena, in qualche interpretazione fuori copione, un tocco personale. Io e Tognazzi ci eravamo calati alla perfezione nella copia di borghesi in cerca di sensazioni nuove e fuori dai tabù (eravamo proprio noi, la donna che da timida si fa sfrenata, l’uomo che vuole portarla fuori strada per i suoi vizi e poi ne resta travolto) così si arricchivano le nostre battute, si sfaccettavano sempre più i nostri caratteri. Tognazzi era bravissimo, inesauribile, e io ero trascinata dal suo esempio, ce la mettevo tutta per non restargli troppo indietro.” ricorderà l’attrice viennese, mentre del suo primo, grandissimo successo al botteghino, quel Quando le donne avevano la coda di Pasquale Festa Campanile non parlerà affatto bene:” No. Non ho alcun ricordo positivo (di Quando le donne avevano la coda,ndr) . Né allegria né pena. Film del genere si fanno, perché si è dei professionisti, ma subito si dimenticano, perché altrimenti non si avrebbe più il coraggio di guardarsi in uno specchio. Ho faticato molto, fisicamente per girarlo ,eppure ho dimenticato anche la fatica “.

Senta Berger-Infanzia vocazione e prime esperienze di Casanova

Infanzia vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova,veneziano

Senta Berger-Sierra Charriba

Sierra Charriba

Il film, nonostante il pessimo ricordo dell’attrice, diventa il successo più clamoroso della stagione 1970; il ruolo della bella e furba Filli, alle prese con un gruppo di cavernicoli ingenui le da una fama ancor maggiore e conferma il suo talento anche in ruoli prettamente comici.
Un passo falso è invece il successivo Un’anguilla da 300 milioni; anche in questo caso Senta Berger non risparmia le critiche sottilmente velenose.
Ecco: quella doveva essere una pellicola esilarante, e invece a noi, a recitarla, costò una malinconia senza fine. Era chiaro che il regista Samperi non si trovava nel suo genere, e seguirlo era un pianto, un’angoscia. E credo che anche il pubblico se ne sia accorto: il film non ha divertito né interessato.
L’insuccesso di pubblico e di critica non fermano minimamente la sua voglia di cinema;con la regia del marito gira Casa di vetro, un film difficile e nel quale ha una parte anche abbastanza osè.

Senta Berger-La croce di ferro 1

La croce di ferro

Senta Berger-Sier und her

Sier und her

Sarà un fiasco, prima delle ottime performance in Da parte degli amici: firmato mafia! di Yves Boisset e del successivo, graffiante e splendido film di Lizzani Roma bene, che molti ricorderanno per lo splendido nudo dell’attrice mentre sorride maliziosamente su un letto, una scena che ricorda il film su Casanova di Comencini.
Nel 1972, dopo L’amante dell’Orsa maggiore di Valentino Orsini prende parte al sequel di Quando le donne avevano la coda;è ancora Pasquale Festa Campanile a dirigerla in Quando le donne persero la coda, ma il film non ha il successo del precedente e immaginiamo quale sia il pensiero dell’attrice sul film stesso, brutto e scoordinato di per se.
Nel 1972, per la regia di Volker Schlöndorff lavora in La morale di Ruth Halbfass,interrompendo la serie di film italiani e confermando quindi la sua vocazione di attrice europea a tutto tondo.

Senta Berger-Satte Farben vor Schwarz

Satte Farben vor Schwarz

Torna in Italia con Causa di divorzio di Marcello Fondato, accanto a Montesano e alla Spaak,prima di girare il mediocre Il girotondo dell’amore;nel frattempo accetta qualche lavoro in tv, dimostrando di credere nel mezzo televisivo come alternativa al cinema.
I film del 1973 sono Amore e ginnastica, di Luigi Filippo D’Amico, una commedia di discreto livello,La lettera scarlatta di Wim Wenders e l’ottimo Bisturi, la mafia bianca di Luigi Zampa che, come il titolo recita, è un duro atto di accusa contro le baronie del mondo della medicina.
La carriera di Senta Berger prosegue così senza grossi scossoni; è un’attrice affermata, bellissima, che può permettersi di rallentare anche un pò gli impegni, per vivere accanto al marito del quale è innamoratissima.
I film del 1974 sono Di mamma non ce n’è una sola di Alfredo Giannetti nel ruolo di Paolina Borghese,L’uomo senza memoria, un bel thriller diretto da Duccio Tessari e La bellissima estate di Sergio Martino.

Senta Berger-Quiller memorandum

Quiller memorandum

L’anno successivo la vede impegnata in tre lavori televisivi registrati per la tv tedesca, mentre nel 1976 intrepreta nuovamente alcuni film italiani, che però non sono certo lavori memorabili.
Se Brogliaccio d’amore, regia di Enrico Maria Salerno la vede protagonista accanto al regista nel film è un prodotto poco più che dignitoso,Giochi perversi di una signora perbene diretto dal marito è un flop, così come davvero mediocri sono La padrona è servita di Mario Lanfranchi e Una donna di seconda mano di Pino Tosini. Discreto invece La croce di ferro, film nel quale torna a recitare diretta da Sam Peckinpah.
Nel 1978, per la regia di Tonino Cervi, lavora in Ritratto di borghesia in nero, interpretando Carla Richter, una donna che si innamora di un giovane e che per amor suo arriverà a sedurre e ricattare una bella ragazza promessa sposa del giovane.
E’ un momento cruciale nella carriera dell’attrice tedesca; come per tante altre attrici, arriva come una mannaia la grande crisi del cinema che taglia centinaia di proiezioni.

Senta Berger-Quando le donne avevano la coda

Quando le donne avevano la coda

Senta Berger-Quando le donne persero la coda 2

Quando le donne persero la coda

Ma la Berger, grazie alla professionalità che la ha da sempre contraddistinta e grazie anche alla scelta di lavorare in Tv, ottiene nuove scritture.
Per 5 anni compare in produzioni televisive come La giacca verde,Un inverno al mare prima di affrontare gli anni 80; è ormai una splendida quarantenne e sopratutto una irreprensibile professionista, un’attrice che non fa bizze, puntuale e rigorosa.
Nel 1980 lavora in Speed Driver,di Stelvio Massi e nel 1985 in Fatto su misura di Francesco Laudadio; sono le uniche due prove cinematografiche intervallate dalle produzioni citate.

Senta Berger-Presto a letto

Presto, a letto

Dopo La doppia vita di Mattia Pascal di Mario Monicelli, accanto a Mastroianni e al thriller Killing Cars diretto da suo marito, lavorerà ancora in Animali metropolitani di Steno e Cheese di Weber;ormai la sua attenzione è assorbita quasi totalmente dalla tv, tant’è vero che comparirà solo sporadicamente in produzioni cinematografiche;sarà nel cast di Tre colonne in cronaca (1990) di Vanzina, poi in Bin ich schön? (1998), in Ob ihr wollt oder nicht! e infine in due produzioni tedesche targate 2012, Zetl di Helmut Dietl e Ruhm di Isabel Kleefeld.

Senta Berger-Voglia di donna

Senta Berger in Voglia di donna

L’ultimo suo lavoro è stato completato quest’anno, si tratta di Benvenuti a MeckPomm,una produzione televisiva.
Da quanto esposto, appare chiaro come la Berger sia quello che alcuni definiscono animale cinematografico, una persona che ha messo il cinema al primo posto nella vita; una vita spesa tra set cinematografici e telecamere della tv.
In entrambi i casi Senta Berger ha lasciato un segno importante, con quelle che sono state le sue caratteristiche peculiari per tutta la vita; la sua bellezza, la sua eleganza e la sua bravura non possono che essere un esempio da imitare sopratutto per le nuove leve cinematografiche.

Senta Berger-Banner gallery

Senta Berger-Operazione San gennaro

Operazione San Gennaro

Senta Berger-Notti e nebbie

Notti e nebbie

Senta Berger-Major Dungee

Sierra Charriba

Senta Berger-L'uomo senza memoria

L’uomo senza memoria

Senta Berger-L'ultima mazurka

L’ultima mazurka

Senta Berger-Le macchine che distrussero Parigi

Le macchine che distrussero Parigi

Senta Berger-L'amante dell'orsa maggiore

L’amante dell’Orsa maggiore

Senta Berger-La spia dai due volti

La spia dai due volti

Senta Berger-La padrona è servita

La padrona è servita

Senta Berger-La lettera scarlatta

La lettera scarlatta

Senta Berger-La doppia vita di Mattia Pascal

La doppia vita di Mattia Pascal

Senta Berger-La bellissima estate

La bellissima estate

Senta Berger-Kirk Royal

Kirk Royal

Senta Berger-Intrigo in Svizzera

Intrigo in Svizzera

Senta Berger-Immer aerger mit dem bett

Immer Ärger mit dem Bett

Senta Berger-Il nostro uomo a Marrakesch

Il nostro uomo a Marrakesch

Senta Berger-Il bravo soldato Schwejk

Il bravo soldato Schweik

Senta Berger-Girotondo dell'amore

Girotondo dell’amore

Senta Berger-Giochi perversi di una signora per bene

Giochi perversi di una signora perbene

Senta Berger-Fatto su misura

Fatto su misura

Senta Berger-Exploit bella sexy e... ladra

Exploit bella sexy e ladra

Senta Berger-E la donna creò l'uomo

E la donna creò l’uomo

Senta Berger-Diabolicall yours

Diabolicamente tua

Senta Berger-Di mamma non ce n'Þ una sola

Di mamma non ce n’è una sola

Senta Berger-De Sade

De Sade

Senta Berger-Da parte degli amici firmato mafia

Da parte degli amici:firmato Mafia

Senta Berger-Cuori solitari

Cuori solitari

Senta Berger-Congiura di spie

Congiura di spie

Senta Berger-Combattenti della notte

Combattenti della notte

Senta Berger-Brogliaccio d'amore

Brogliaccio d’amore

Senta Berger-Bisturi la mafia bianca

Bisturi la mafia bianca

Senta Berger-Bin ich schön

Bin ich schön

Senta Berger-Banner filmografia

2013 Benvenuti a MeckPomm (TV)
2002-2012 Six Degrees (serie TV)
2012 Matrimoni (TV)
2012 Hochzeiten (TV movie)
2012 Operation Zucker (TV movie)
2012 Und alle haben geschwiegen (TV movie)
2012 Ruhm
2012 Zettl
2011 In den besten Jahren (TV movie)
2011 Liebe am Fjord (TV series)
2010 Satte Farben vor Schwarz
2008-2009 Four Seasons (TV mini-series)
2009 Mama kommt! (TV movie)
2009 Frau Böhm sagt Nein (TV movie)
2009 Ob ihr wollt oder nicht!
2009 Schlaflos (TV movie)
2006 Nette Nachbarn küsst man nicht (TV movie)
2005 Emilia – Familienbande (TV movie)
2005 Emilia – Die zweite Chance (TV movie)
2005 Einmal so wie ich will (TV movie)
2004 Die Konferenz (TV movie)
1989-2004 La signora col taxi (TV series)
2002 Bis dass dein Tod uns scheidet (TV movie)
2000 Probieren Sie’s mit einem Jüngeren (TV movie)
2000 Scharf aufs Leben (TV movie)
2000 Trennungsfieber (TV movie)
2000/I Zimmer mit Frühstück (TV movie)
1999 Mit fünfzig küssen Männer anders (TV movie)
1999 Nancherrow (TV movie)
1999 Liebe und weitere Katastrophen (TV movie)
1998 Bin ich schön?
1998 Mammamia (TV movie)
1997 Die Nacht der Nächte (TV movie)
1997 Lamorte (TV movie)
1997 Kap der Rache (TV movie)
1994-1996 Ärzte (TV series)
1996 Dopo la tempesta (TV movie)
1995 Il commissario Rex (TV serie)
1994 Gefangene Liebe (TV movie)
1992 Lilli Lottofee (TV serie)
1992 Sie und Er (TV movie)
1990 Tre colonne in cronaca
1990 La belle Anglaise (TV serie)
1989 Peter Strohm (TV series)
1989 Quattro storie di donne (TV mini-serie)
1989 Oceano (TV mini-series)
1988 Cheeeese
1987 Animali metropolitani
1986 Kir Royal (TV mini-serie)
1986 Killing Cars
1986 L’ultima mazurka (TV movie)
1985 La doppia vita di Mattia Pascal
1985 Diavoli volanti
1985 Fatto su misura
1984 Notti e nebbie (TV movie)
1984 La stagione delle piogge (TV movie)
1983 Die priwalov’schen Millionen (TV mini-series)
1983 Liebe Melanie (TV movie)
1982 Un inverno al mare (TV mini-series)
1982 Wortwechsel (TV series)
1982 Die Entscheidung (TV movie)
1981 Dantons Tod
1981 Der Traum ein Leben (TV movie)
1980 Speed Driver
1979 La giacca verde (TV movie)
1978 Ritratto di borghesia in nero
1978 Freiheit (short)
1977 La croce di ferro
1977 Das chinesische Wunder
1977 Abschiede (TV movie)
1977 Una donna di seconda mano
1976 La padrona è servita
1976 Signore e signori, buonanotte
1976 Intrigo in Svizzera
1976 Giochi perversi di una signora perbene
1976 Brogliaccio d’amore
1975 Dalli Dalli (TV series)
1975 Rottamopoli (TV series)
1975 Die Verschwörung des Fiesco zu Genua (TV movie)
1974 La bellissima estate
1974 L’uomo senza memoria
1974 Di mamma non ce n’è una sola
1974 Frühlingsfluten (TV movie)
1973 Bisturi, la mafia bianca
1973 La lettera scarlatta
1973 Amore e ginnastica
1973 Il girotondo dell’amore
1972 Tatort (TV series)
1972 La morale di Ruth Halbfass
1972 Causa di divorzio
1972 Quando le donne persero la coda
1971 L’amante dell’orsa maggiore
1971 Roma bene
1971 Da parte degli amici: firmato mafia!
1971 Rolf Harris Show (TV series)
1971 La casa di vetro
1971 Un’anguilla da trecento milioni
1970 Quando le donne avevano la coda
1970 Cuori solitari
1969 Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova, veneziano
1968-1969 Operazione ladro (TV series)
1969 De Sade
1969 Quelli che sanno uccidere
1969 Se è martedì deve essere il Belgio
1968 Babeck (TV mini-series)
1968 Fermate l’Orient Express (TV movie)
1968 Reporter alla ribalta (TV series)
1968 Vienna (short)
1967 L’imboscata
1967 Diabolicamente tua
1967 Congiura di spie
1966 Operazione San Gennaro
1966 Quiller Memorandum
1966 Exploit bella sexy e… ladra
1966 Il nostro uomo a Marrakesh
1966 Il papavero è anche un fiore
1966 Combattenti della notte
1965 Doringo!
1965 Operazione terzo uomo
1965 Sierra Charriba
1964 Organizzazione U.N.C.L.E. (TV series)
1964 See How They Run (TV movie)
1964 Polvere di stelle (TV series)
1964 …e la donna creò l’uomo
1964 Ein schöner Herbst (TV movie)
1963 Presto… a letto!
1963 Il mistero del tempio indiano
1963 I vincitori
1963 Kali Yug, la dea della vendetta
1963 Disneyland (TV series)
1962 Sherlock Holmes la valle del terrore
1962 Il testamento del dottor Mabuse
1962 Lo scandalo Sibelius
1962 Il pugnale siamese
1961 Ramona
1961 Diesmal muß es Kaviar sein
1961 Ti aspetterò all’inferno
1961 Adieu, Lebewohl, Goodbye
1961 Immer Ärger mit dem Bett
1961 Das Wunder des Malachias
1961 Eine hübscher als die andere
1961 Junge Leute brauchen Liebe
1961 Le vie segrete
1960 O sole mio
1960 Il bravo soldato Schwejk
1960 Ich heirate Herrn Direktor
1959 Katia regina senza corona
1959 Il viaggio
1958 Un posto in paradiso
1957 Die Lindenwirtin vom Donaustrand
1957 Die unentschuldigte Stunde
1955 Du bist die Richtige
1950 Questi nostri genitori

Senta Berger-Banner foto book

Senta Berger A1

Senta Berger A3

Senta Berger A4

Senta Berger in bianco e nero

Senta Berger A8

Senta Berger A7

Senta Berger A9

Senta Berger A5

Senta Berger A6



Con quale amore, con quanto amore

$
0
0

Con quale amore, con quanto amore locandina

Andrea e Francesca sono una coppia sposata da anni; molto diversi fra loro, attraversano una crisi originata principalmente dalla scarsa stima che Andrea, architetto di una certa fama ha verso sua moglie.
Francesca infatti vorrebbe più attenzioni e ritiene di essere trattata dal marito come una bambina.
Così la donna alla fine si fa un amante.
L’uomo prescelto è Ernesto, che tra l’altro è un dipendente del marito.
Con sorpresa Andrea scopre la relazione, ma da uomo di mondo non fa scenate.
All’apparenza sembra intenzionato a favorire la relazione tra i due; difatti continua a far lavorare l’amante di sua moglie nello proprio studio.

Con quale amore, con quanto amore 18

Claude Rich e Erika Blanc

Con quale amore, con quanto amore 17

Catherine Spaak

Ma Andrea è ancora innamorato di sua moglie e parte al contrattacco.
Approfittando di un’assenza di Ernesto, inizia una corte serrata nei confronti di Francesca e alla fine sembra che la tattica funzioni…
Lui, lei. l’altro.
Una situazione certo non nuova in una sceneggiatura cinematografica.
Pasquale Festa Campanile e Ottavio Jemma creano un plot visto mille volte, con il classico gioco delle parti in un triangolo amoroso che per una volta non sfocia in tragedia.
Siamo, come ambientazione, nel mondo medio borghese e a quanto pare certe storie vanno affrontate con dignità, senza scandali e senza rumore.

Con quale amore, con quanto amore 16

Con quale amore, con quanto amore 15
Un mondo ipocrita in cui anche i sentimenti devono restare inespressi; così Andrea fa buon viso a cattivo gioco, accettando il tradimento della moglie ma mettendo in atto uno stratagemma che si rivelerà vincente alla fine.
Nessuna scenata di gelosia, ma il riconoscimento delle proprie colpe e di conseguenza il tentativo di riconquistare una donna, Francesca, probabilmente un pò bambina ma bisognosa di affetto e attenzioni.
Con quale amore, con quanto amore è una commedia sentimentale appena velata di critica sociale.
Non era nelle intenzioni del regista lucano fare rumore o attaccare il dorato e ipocrita mondo della borghesia; c’era invece l’intenzione di muovere garbate critiche alla stessa, attraverso la costruzione di una commedia leggera che mostrasse le regole che fissano i comportamenti dei suoi appartenenti.

Con quale amore, con quanto amore 14

Con quale amore, con quanto amore 13
Un gioco non necessariamente difficile, e difatti Pasquale Festa Campanile porta a compimento una commedia leggermente amarognola senza grossi sforzi, anche se va detto, dai ritmi troppo blandi e parecchio verbosa.
Reduce dagli ottimi risultati al botteghino di commedie di costume come Adulterio all’italiana e la La matriarca (1968) nelle quali aveva proposto Catherine Spaak come protagonista principale, Festa Campanile affida il personaggio della volubile Francesca all’attrice francese che in pratica ripropone i personaggi dei due film precedenti condensandoli in quello della viziata e sentimentaloide moglie dell’architetto.
Poichè il mondo borghese sembra afflitto principalmente dalla noia più che dai problemi esistenziali, il personaggio di Francesca appare leggermente stereotipato, ingabbiato in un modello riproposto più volte in varie pellicole girate fra la fine degli anni sessanta e l’inizio degli anni settanta.

Con quale amore, con quanto amore 11
In questo film tale tendenza è però mimetizzata; il regista lucano bada più a mostrare l’aspetto sentimentale della storia, basata sul tentativo di riconquista di Andrea nei confronti di sua moglie che appare un pò come la raffigurazione del gioco sottratto al bambino.
Andrea però, contrariamente alle previsioni,sceglie la via migliore per riconquistare la donna che in fondo ama; passa cioè attraverso un percorso di crescita personale, evita la classica esposizione dell’orgoglio ferito e alla fine viene premiato dalla riconquista della sua donna.
Il succo del film è tutto qui, un gioco delle parti garbato anche se leggermente anonimo.
Festa Campanile descrive, con discrezione, l’atmosfera oziosa del mondo borghese senza però essere graffiante; il suo è un gradevole excursus giocato tra i sentimenti contrapposti che agitano i due protagonisti in un gioco delle parti che alla fine ha una sua ragione d’essere.

Con quale amore, con quanto amore 7
Il cast è molto ben assortito e mostra una sempre bellissima e affascinante Catherine Spaak nel ruolo della moglie insoddisfatta,un Claude Rich sobrio ed elegante nel ruolo di Andrea, uno spento Lou Castel nel ruolo del terzo incomodo.
Spazio anche per una splendida Erika Blanc, molto defilata in un ruolo comprimario.
Gradevoli le musiche e poichè la storia propone come protagonista un architetto, ecco un trionfo di vintage nell’arredamento e nei costumi, una full immersion nella feconda epoca pre settantiana che vide la
In quanto al regista, Festa Campanile conferma ancora una volta la sua abilità nel costruire storie all’apparenza molto semplici ma ben strutturate, mai banali.
La commedia all’italiana o quella leggera sono nelle sue corse e lo dimostrerà, se ce ne fosse bisogno, nei due anni successivi, quando diverrà anche protagonista del botteghino con i clamorosi successi di Quando le donne avevano la coda e Il merlo maschio.

Con quale amore, con quanto amore
Un film di Pasquale Festa Campanile. Con Claude Rich, Catherine Spaak, Erika Blanc, Lou Castel, Aldo Giuffré.  Marisa Traversi, Michel Bardinet Commedia, durata 107′ min. – Italia 1970.

Con quale amore, con quanto amore banner gallery

Con quale amore, con quanto amore 12

Con quale amore, con quanto amore 6

Con quale amore, con quanto amore 3

 

Con quale amore, con quanto amore 2

Con quale amore, con quanto amore banner personaggi

Catherine Spaak: Francesca
Claude Rich: Andrea
Lou Castel: Ernesto
Erika Blanc: Sandra
Marisa Traversi: Nora
Michel Bardinet: Renè
Aldo Giuffré: Giovanni

Con quale amore, con quanto amore banner cast

Regia Pasquale Festa Campanile
Soggetto Ottavio Jemma
Sceneggiatura Pasquale Festa Campanile
Ottavio Jemma
Produttore Clesi Cinematografica
Distribuzione (Italia) Euro International Film
Fotografia Franco Di Giacomo
Montaggio Sergio Montanari
Musiche Riz Ortolani

Con quale amore, con quanto amore banner recensioni

 

L’opinione dell’utente mm40 tratta dal sito http://www.filmtv.it
Il pregio principale di questa commedia lentuccia e poco fantasiosa sta nell’analisi psicologica del rapporto sentimentale che è alle fondamenta della storia. Niente di eccezionale, sia ben chiaro; ma almeno, nella sua scarsità di mezzi, c’è una discreta coerenza: nessuna pretesa, è soltanto una commedia sentimentale. Noiosetta, ad ogni modo.

L’opinione dell’utente ilgobbo tratta dal sito http://www.davinotti.com
Rondò erotico-psicologico di Campanile, sotto-genere di gran voga all’epoca (siamo in zona Metti, una sera a cena). Sì, è vero, non manca qualche tocco implausibile, qualche compiacimento, qualche scivolata nella letterarietà dei dialoghi, ma chissenefrega, verso i film di questo periodo (e soprattutto verso il loro look complessivo, dal design all’oggettistica ai vestiti: ah, il loft di Lou Castel…) nutriamo un inscalfibile pregiudizio favorevole. Buon cast (e ottimi doppiatori), tranne un Giuffrè fuori contesto, ottima e abbondante la Blanc.

L’opinione dell’utente fauno tratta dal sito http://www.davinotti.com
Quasi paradisiaco per la scorrevolezza e la disinvoltura, specialmente del protagonista. Riconquistare la moglie dopo averla quasi spinta ad abbandonarti è una mission impossibile, ma se si riconoscono gli errori e se si sa che ne vale la pena è giusto tentare. La Blanc fa da sostanzioso contorno come amica disinibita e abituata a storie piccanti. Bardinet, sei grandioso: hai saputo soffrire senza fare l’ipocrita, hai parlato poco, a modo e sapendo cogliere il momento giusto per tutto. Complimenti.

Con quale amore, con quanto amore banner foto book

Con quale amore, con quanto amore locandina 2

Con quale amore, con quanto amore fotoromanzo 3

Con quale amore, con quanto amore fotoromanzo 1

Con quale amore, con quanto amore fotoromanzo 2

Con quale amore, con quanto amore foto 8

Con quale amore, con quanto amore foto 6

Con quale amore, con quanto amore foto 7

Con quale amore, con quanto amore foto 5

Con quale amore, con quanto amore foto 2

Con quale amore, con quanto amore foto 1

Con quale amore, con quanto amore foto 3

Con quale amore, con quanto amore foto 4


Il clan dei siciliani

$
0
0

Il clan dei siciliani locandina 0

Tratto dal romanzo di Auguste Le Breton, Le Clan des Siciliens.
Roger Sartet, condannato per rapina e  omicidio evade durante il trasporto verso la prigione.
Riesce ad avere protezione da Vittorio Manalese, un siciliano a capo di una famiglia di immigrati che nasconde, dietro una facciata di rispettabilità attività losche.
Al vecchio gangster Sartet propone un piano all’apparenza impossibile; rubare i gioielli di una mostra itinerante.
Con l’aiuto di un mafioso americano, Nicosia, il piano dopo alcune vicissitudini riesce perfettamente.
Ma Sartet ha una relazione con una nuora di Manalese e, per un’ingenuità di un nipotino del gangster, la cosa si verrà a sapere.

Il clan dei siciliani 15

Alain Delon

Manalese vendica l’onore offeso uccidendo Sartet ma la cosa provocherà la fine del suo impero criminale perchè…
Il clan dei siciliani, diretto da Henry Verneuil nel 1969 è un gangster/noir movie di stampo tradizionale, che vede protagonisti tre grandi attori del cinema francese, Alain Delon, Jean Gabin e il naturalizzato Lino Ventura.
Un film dalla confezione assolutamente elegante, che ripercorre la trama del romanzo dal quale è tratto sfruttando al massimo il magnetismo dei tre attori e una sceneggiatura dall’impianto coerente, anche se davvero poco probabile.
Il clan dei siciliani è un film che privilegia la parte d’azione all’introspezione psicologica dei personaggi, giocando tutte le sue carte sul ritmo e sulle figure che dominano il racconto, quella del gangster che riesce a ideare un piano all’apparenza impossibile e quella del vecchio capo clan che si fa coinvolgere nell’avventura salvo punire l’occasionale complice nel momento in cui quest’ultimo viola la legge fondamentale di Manalese, quella che vuole intoccabile la famiglia, principalmente nell’onore.

Il clan dei siciliani 14

Amedeo Nazzari e Jean Gabin

Il clan dei siciliani 13

E’ quindi su due binari che il film gioca le sue carte, l’ideazione e la realizzazione del furto di gioielli e la relazione tra Roger Sartet e una donna del clan, il tutto condito da cambi di scena, ritmo e azione.
Sullo sfondo agisce il Commissario Le Goff, unico baluardo della società civile contro il crimine, con lo sfondo classico dei bassifondi parigini e del sottobosco che lo permea; manca ovviamente un’analisi sociale perchè Verneuil non ha la profondità per muoversi in tal senso, ma la storia non ha queste finalità e nemmeno il regista intende muoversi in un labirinto che probabilmente non sa e non può affrontare.
Così si resta abbondantemente in superficie, ma con gusto; il vedere tre colossi del cinema francese in azione è già di per se una ricompensa allo spettatore, che viene sballottato quà e là prima del finale perfettamente in linea con quanto mostrato sin dall’inizio.

Il clan dei siciliani 9

Il clan dei siciliani 5
Defilata la figura del gangster americano Nicosia, interpretato dal nostro Amedeo Nazzari, ma chiedere l’inserimento di un’altra figura ampliata nella sua psicologia sarebbe stato davvero troppo.
Sulle musiche splendide di Morricone sfilano i volti di una Parigi d’altri tempi, popolati da criminali passionali e spietati contrastati da un commissario a sua volta mosso da ideali di giustizia in linea con le figure di altri agenti senza macchia e senza paura.
Un film veramente d’altri tempi, il classico prodotto da godere per due ore di fila lasciandosi trasportare da un racconto che avvince e non costringe a dover riflettere sulle motivazioni dei personaggi, che si muovono preda delle proprie passioni fino al momento in cui la legge vince, com’è giusto che sia.

Il clan dei siciliani 12

Jean Gabin e Lino Ventura

Per quanto riguarda gli attori, sontuoso, sornione e impeccabile è Jean Gabin nel ruolo del gangster dalla pubblica irreprensibile immagine, una figura che rimanda a quella di Vito Corleone del Padrino, del quale condivide quanto meno la stessa concezione di famiglia.
L’onore prima di tutto, prima anche dei rapporti chiamiamoli professionali e che metterà in gioco tutto quanto acquisito nel corso degli anni proprio per vendicare l’onore della famiglia.
Una figura ovviamente meno tragica di quella interpretata da Brando, proprio per la mancanza di un background psicologico nel film.
Ottimo anche Alain Delon, che inaugura la stagione migliore per quanto riguarda le sue interpretazioni di spessore; la figura del gangster Roger sembra essere perfettamente aderente alla sua faccia di bello e dannato.

Il clan dei siciliani 11
L’attore di Sceaux, Hauts-de-Seine l’anno successivo girerà un film dalle atmosfere se vogliamo ancor più noir con Melville, I senza nome, nel quale in pratica ripeterà un personaggio in perfetta linea con quello interpretato in questo film.
Ultimo lato del triangolo è Lino Ventura, unico personaggio positivo del film che alla fine sarà anche l’unico vincente; anche lui l’anno successivo replicherà la figura di un ispettore integerrimo nello splendido film di Josè Giovanni Ultimo domicilio conosciuto.
Qui, la sua faccia spigolosa, dura che sembra specchiare un carattere indomito e intransigente ben si sposa al personaggio di Le Goff, onesto funzionario con dei valori positivi, in netto contrasto con quelli dei suoi antagonisti.
Dietro la macchina da presa buona la direzione di Verneuil, onestissimo artigiano che alla fine della sua carriera conterà una quarantina di direzioni cinematografiche, contrassegnate da mestiere e abilità.
Il film è stato proposto più volte in tv, è di facile reperibilità in rete ed è disponibile anche in digitale; se potete guardatevi la versione originale del film, per gustarvi i magnifici dialoghi con le voci originali dei protagonisti.

Il clan dei siciliani 10
Il clan dei siciliani

Un film di Henri Verneuil. Con Jean Gabin, Alain Delon, Amedeo Nazzari, Lino Ventura Titolo originale Le clan des sicilians. Drammatico, durata 113′ min. – Francia 1969.

Il clan dei siciliani banner gallery

Il clan dei siciliani 8

Il clan dei siciliani 7

Il clan dei siciliani 6

Il clan dei siciliani 4

Il clan dei siciliani 3

Il clan dei siciliani 2

Il clan dei siciliani 1

Il clan dei siciliani banner personaggi

Jean Gabin: Vittorio Malanese
Alain Delon: Roger Sartet
Lino Ventura: Commissario Le Goff
Irina Demick: Jeanne Malanese
Amedeo Nazzari: Tony Nicosia
Sydney Chaplin: Jack
Philippe Baronnet: Luigi
Marc Porel: Sergio Malanese
Yves Lefebvre: Aldo Malanese
Elisa Cegani: Maria Malanese
Leopoldo Trieste: Turi – l’esperto di francobolli

Il clan dei siciliani banner doppiatori

Massimo Turci: Alain Delon
Arturo Dominici: Jean Gabin
Glauco Onorato: Lino Ventura
Rita Savagnone: Irina Demick
Amedeo Nazzari: Amedeo Nazzari
Cesare Barbetti: Marc Porel
Pino Colizzi: Yves Lefebvre

Il clan dei siciliani banner cast

Regia Henri Verneuil
Soggetto Auguste Le Breton (romanzo)
Sceneggiatura Henri Verneuil, Jose Giovanni, Pierre Pelegri
Produttore Jacques E. Strauss
Casa di produzione Les Films Du Siecle
Distribuzione (Italia) Fox Europa
Fotografia Henri Decae
Montaggio Pierre Gilette
Musiche Ennio Morricone
Scenografia Jacques Saulnier
Costumi Hélène Nourry
Trucco Michel Dernelle

Il clan dei siciliani banner foto

Il clan dei siciliani locandina 8

Il clan dei siciliani locandina 7

Il clan dei siciliani locandina 6

Il clan dei siciliani locandina 5

Il clan dei siciliani locandina 4

Il clan dei siciliani locandina 2

Il clan dei siciliani locandina 1

Il clan dei siciliani lobby card 1

Il clan dei siciliani foto 5

Il clan dei siciliani foto 4

Il clan dei siciliani foto 3

Il clan dei siciliani foto 2

Il clan dei siciliani foto 1


Oh Serafina

$
0
0

Oh Serafina locandina 1

Un piccolo industriale lombardo, Augusto Valle, ha ereditato dai suoi una fabbrica di bottoni.
L’uomo è però molto più interessato alla natura e in particolare all’ornitologia che al suo lavoro; la fabbrica che possiede realizza i suoi prodotti in maniera tradizionale, essendo Augusto assolutamente nemico della tecnologia.
Accanto alla piccola fabbrica possiede un parco che vale una fortuna e sul quale hanno già puntato gli occhi alcuni speculatori; ma Augusto non ha alcuna intenzione di cedere il piccolo paradiso naturale che il parco rappresenta, anche perchè non è attratto dai soldi.
Ma Augusto un giorno cede alle tentazioni della carne, quando una sua operaia, Palmira Radice, gli si offre con poco pudore.

Oh Serafina 13

Renato Pozzetto

Oh Serafina 12

La seduzione di Palmira

La conseguenza è un matrimonio, dal quale nasce anche un figlio; tuttavia Palmina non sembra affatto realizzata dall’aver accalappiato il padrone della fabbrica e intenderebbe cedere il parco in modo da diventare finalmente ricca.
Visto che Augusto da quell’orecchio non sente, la donna inizia un’opera di seduzione nei confronti del sindaco del paese e dell’assessore all’urbanistica, colpendoli nelle loro debolezze.
Il primo infatti ha un debole per il bondage, mentre il secondo ha un debole per lei.
Seducendoli entrambi Palmina riesce ad avere un’ordinanza restrittiva per Augusto, che viene dichiarato incapace di intendere e di volere e internato in un manicomio.
Qui l’uomo, che mantiene nonostante tutto un candore invidiabile, riesce a ritagliarsi un suo spazio prima di conoscere Serafina Vitali, la ricca figlia di un mercante d’armi che a sua volta è stata internata per aver osato sfidare il padre,per aver avuto una relazione incestuosa con il fratello, per aver dato scandalo durante una festa e successivamente per aver preso a fucilate gli ospiti della stessa al rientro da una battuta di caccia.
I due si innamorano e ben presto sognano una vita insieme fuori dalle mura del manicomio.

Oh Serafina 11

La scoperta di un nuovo amore…

Cosa che accadrà nel momento in cui rinunceranno ai loro rispettivi diritti sulle proprietà; Augusto e Serafina andranno via dal manicomio accompagnati dal figlioletto dell’uomo e da una fedele dipendente dell’ex azienda di Augusto.
Favola moderna in chiave proto ecologista diretta da Carlo Lizzani su un soggetto originale dello scrittore Giuseppe Berto, Oh Serafina è un film a corrente alternata, che mescola un coraggioso tentativo di creare una storia esemplare sul tema della coscienza ecologica con le vicende personali di due persone assolutamente anticonformiste come Augusto e Serafina, viste anche come novelle vittime sacrificali del denaro e dell’arroganza, in un sistema sociale assolutamente impermeabile alla coscienza ecologista e più in generale alla coscienza vera e propria e alla morale.
E’ netto infatti il distacco tra i personaggi positivi del film facilmente individuabili nei due protagonisti e nell’anziana operaia rimasta fedele ad Augusto e i due politici a cui va aggiunta la famiglia di Serafina.

Oh Serafina 8

Dalila Di Lazzaro

Oh Serafina 7

Angelica Ippolito

Un contrasto nettissimo fra idealismo e concretezza spietata, fra la coscienza di Augusto e Serafina che rispettivamente non vogliono la modernità ad ogni costo e che ripudiano il denaro fatto a spese della vita di tanta povera gente (come nel caso di Serafina) e che invece ambirebbero ad una vita più semplice e più coerente con i valori in cui credono.
La favola imbastita da Lizzani si concluderà con un happy end in perfetta armonia con la storia narrata, con i due protagonisti che rinunceranno senza alcun rimpianto al totem del denaro e del successo in cambio di una vita libera da condizionamenti e da falsi obiettivi.
Se il soggetto di Oh Serafina può sembrare abbastanza abbastanza coraggioso per la tematica che intende perseguire, va detto che Lizzani sceglie la strada più tortuosa per esplicarlo.
Il film infatti va a corrente alternata, cadendo spesso nel patetico e indugiando un pò troppo sul sentimentalismo con conseguenze nefaste per lo spettatore; il film a tratti è davvero soporifero, manca di ritmo e sopratutto ha i due protagonisti principali, Augusto e Serafina, interpretati in maniera discontinua rispettivamente da Renato Pozzetto e Dalila Di Lazzaro.

Oh Serafina 6
Ci sono cose buone, molte altre meno buone, in quest’opera che comunque si segnala per alcune scene affascinanti, principalmente quella girata nel parco del manicomio che vede un uccellino mangiare direttamente dalla bocca della Di Lazzaro mentre Pozzetto è circondato da uccellini che non sembrano affatto intimoriti dalla sua presenza.
Un’atmosfera poetica e affascinante che però dura davvero poco e che vede come contro altare cadute di stile come la scena bondage con protagonista Gino Bramieri, il Sindaco, in giarrettiere e calze a rete frustrato sul sedere dalla furba Palmina.
Ombre e luci, quindi, originate più che altro dall’incertezza del soggetto originale, in bilico tra la denuncia sociale e la ricostruzione fiabesca del mondo a se stante nel quale vivono i due protagonisti, troppo puri per pretendere di vivere in un mondo che ha come supremo valore il denaro.
Renato Pozzetto è un Augusto tutto sommato credibile, a cui l’attore milanese presta il suo volto perennemente imbambolato e che restituisce in maniera convincente il candore stesso del personaggio.

Oh Serafina 5
Passato al cinema dopo il grande successo televisivo ottenuto in coppia con l’amico Cochi Ponzoni, Pozzetto passa ad una storia “seria”, lontana da quelle commedie che saranno il suo marchio di fabbrica nel corso della carriera.
Dopo l’esordio in Per amare Ofelia e i lusinghieri successi ottenuti con Due cuori, una cappella,Paolo Barca, maestro elementare, praticamente nudista e sopratutto dopo il ruolo simpatico di un altro personaggio candido come il Gianni di Babysitter – Un maledetto pasticcio ecco finalmente un ruolo che mostra come Pozzetto abbia nel suo repertorio anche possibilità più estese rispetto a quelle del classico imbranato che interpreterà troppe volte negli anni a seguire.
Discreta anche la prova della Di Lazzaro, mentre va segnalata, purtroppo in senso negativo, la citata sequenza con protagonista un altro milanese doc,Gino Bramieri, umiliato in una parte ristretta e meschina.

Oh Serafina 4

Il pranzo dello scandalo

Completano il cast Angelica Ippolito, la moglie di Augusto, cinica ed arrivista al punto giusto, i caratteristi Marisa Merlini e Lilla Brignone e alcuni sparring partner d’eccezione, come Franco Nebbia,Daniele Vargas,Aldo Giuffrè e Maria Monti, tutti in ruoli di contorno.
Bella la fotografia e l’ambientazione naturale,musiche impalpabili di Fred Bongusto.
Oh Serafina è un film rieditato in digitale, tuttavia di difficile reperibilità; in tv passa con rarissima frequenza ed in rete non sembra essere disponibile se non in riduzione dalle vecchie VHS.

Oh Serafina 15

Finalmente liberi!

Oh! Serafina

Un film di Alberto Lattuada. Con Renato Pozzetto, Marisa Merlini, Aldo Giuffré, Gino Bramieri, Dalila Di Lazzaro, Lilla Brignone, Angelica Ippolito, Alberto Lattuada, Ettore Manni, Fausto Tozzi, Daniele Vargas, Renato Pinciroli, Maria Monti, Brizio Montinaro, Gianni Magni, Jean-Claude Verné, Enrico Beruschi, Franco Nebbia, Guerrino Crivello Drammatico, durata 102′ min. – Italia 1976.

Oh Serafina  banner gallery

Oh Serafina 14

Carlo Giuffrè, il direttore del manicomio

Oh Serafina 9

Nel parco del manicomio

Oh Serafina 10

“Ma tu non porti le mutandine?”

Oh Serafina 3

Oh Serafina 2

Gino Bramieri

Oh Serafina 1

Oh Serafina  banner personaggi

Renato Pozzetto: Augusto Valle
Dalila Di Lazzaro: Serafina
Angelica Ippolito: Palmira Radice, moglie di Augusto
Marisa Merlini: mamma di Augusto
Gino Bramieri: Il sindaco
Aldo Giuffrè: Professor Caroniti
Fausto Tozzi: Carlo Vigeva
Enrico Beruschi: Impiegato anagrafe
Lilla Brignone: Segretaria della ditta Valle
Sofia Lusy: Cameriera
Howard Ross: Romeo Radice
Brizio Montinaro: Rag.Cusetti
Gianni Magni: Tommaso
Ettore Manni: padre di Serafina
Alberto Lattuada: Medico del manicomio
Renato Pinciroli: padre di Augusto
Franco Nebbia: Colbiati
Maria Monti:
Daniele Vargas: Assessore Buglio
Guerrino Crivello: prete di Assisi
Guido Spadea: prete che celebra il matrimonio
Massimo Buscemi: operaio che porta il quadro in ditta

Oh Serafina  banner cast
Regia Alberto Lattuada
Soggetto Giuseppe Berto
Sceneggiatura Enrico Vanzina, Alberto Lattuada, Giuseppe Berto
Produttore Rizzoli Film
Distribuzione (Italia) Cineriz
Fotografia Lamberto Caimi
Montaggio Sergio Montanari
Musiche Fred Bongusto, José Mascolo

Oh Serafina  banner recensioni

Opinione dell’utente Sasso 67 tratta dal sito http://www.filmtv.it
“Commedia ecologista e basagliana, condita con gli umori surreali di Pozzetto e la sensualità fatta cinema di Lattuada. Qualcosa funzione e qualcosa no, forse perché la sceneggiatura deve piegare il romanzo di Giuseppe Berto alla verve del protagonista. Tutto sommato, comunque, questa parabola francescana ed anticapitalista risulta apprezzabile e gradevole.”

Opinione dell’utente WillKane tratta dal sito http://www.filmtv.it
“In piena esplosione del fenomeno-Pozzetto, attore che, al di là del giudizio sui suoi film, ha garantito per una decina e passa di anni incassi remunerativi per produttori ed esercenti, un autore particolare ,per certi versi audace, per altri ambiguo, come Alberto Lattuada, scelse il robusto comico lombardo per essere il protagonista di questa di “Oh,Serafina!”: nelle intenzioni, questa tragicommedia sostiene la necessità di una ricerca dell’armonia, una capacità di slanci poetici in rivalsa alla grettezza imperante di provincia e non, e di una sessualità selvaggia e gentile possibile, invece dell’utilizzo della stessa per giungere a obbiettivi di comodo. Renato Pozzetto ci mette molta volontà, in un ruolo forse più consono a certe divagazioni celentanesche, Dalila DiLazzaro e Angelica Ippolito lasciano apprezzare il loro fascino, ma sono alle prese con personaggi troppo unidimensionali, e sulla riuscita del film pesano troppi cedimenti alla farsa sboccata, per convincere.”

Opinione del Morandini:
“Ereditato dal padre suicida un cotonificio in Lombardia, Augusto rifiuta di vendere ai lottizzatori un parco dove parla con gli uccelli. L’avida moglie lo fa ricoverare in manicomio dove incontra Serafina, pacifista e figlia dei fiori in urto con la famiglia alto-borghese. Fuggono insieme verso una vita nuova senza più averi o regole morali da rispettare. Da un romanzo (1973) di Giuseppe Berto, anche sceneggiatore con Enrico Vanzina, Lattuada ha cavato un film discontinuo (ma non soltanto in senso negativo) e inclassificabile: fiaba ecologica? Favola erotica? Commedia cabarettistica o sentimental-didattica? Grottesco-caricaturale? Qua e là si eccede nel mostruoso cui si contrappone l’infantile.”

Opinione dell’utente Renato tratta dal sito http://www.davinotti.com
“Un film irrisolto, con Pozzetto nei panni di un novello San Francesco (con tanto di esterni ad Assisi) che parla agli uccelli ma dirige anche un bottonificio. Per ridere non fa ridere, le sequenze erotiche sono parecchie (il film si beccò il divieto ai minori di 18 anni) ma poco significative nel contesto di un film del genere, e qualche scena (vedi quella con Bramieri) è semplicemente imbarazzante. Anche il finale è moscio, a conferma che questo di Lattuada è stato senz’altro uno scivolone.”

Oh Serafina  banner citazioni

“E da quando hai un avvocato?” (Palmina)-”Dalla nascita.E tu non lo puoi scopare, perchè ha passato i novanta” (Augusto)
“Sono felice, vuoi fare l’amore con me?”(Serafina)-”Non ho capito la domanda” (Augusto)
Alla sua età gioca ancora con gli uccellini
L’umanità è cieca, sorda e stupida. Fabbricano missili atomici quando invece bisognerebbe coltivare l’insalata, purificare i fiumi e i mari che sono pieni di merda e di petrolio.

Oh Serafina  banner foto e locandine

Oh Serafina foto di scena 8

Oh Serafina foto di scena 7

Oh Serafina foto di scena 5

Oh Serafina foto di scena 4

Oh Serafina foto di scena 3

Oh Serafina foto di scena 2

Oh Serafina foto di scena

Oh Serafina foto di scena 6

Oh Serafina locandina 2

Oh Serafina romanzo

Il libro di Berto

Filmscoop è su Facebook

11111

 

Per richiedere l’amicizia cliccate su:

http://www.facebook.com/filmscoopwordpress.paultemplar


La donna invisibile

$
0
0

La donna invisibile locandina 3

Laura ed Andrea sono una coppia profondamente in crisi; l’uomo, un docente universitario poco amato dai suoi studenti sembra ormai considerare la moglie un oggetto d’arredamento, privo di vita o di anima tanto da vederla come un fantasma. Lei invece è ancora innamorata del marito ma non sa come fare a farlo tornare a se.
A complicare la relazione tra i due c’è la presenza,in casa, della ambigua Delfina, che a differenza di Andrea cerca un dialogo con Laura anche se per motivi poco chiari.
Delfina infatti è ambigua anche dal punto di vista sessuale, tanto da trattare Laura come un oggetto dei propri desideri.Andrea guarda alla cosa con suprema indifferenza, tanto ormai è lontano dalla moglie.
Finirà in tragedia, una tragedia dai contorni surreali…

La donna invisibile 15

 

Giovanna Ralli

La donna invisibile 4

Carla Gravina

Tratto da un racconto breve di Alberto Moravia, adattato per lo schermo da Dacia Maraini e dal regista Paolo Spinola con la collaborazione dello sceneggiatore Ottavio Jemma, La donna invisibile è un film dai contorni sfumati e inafferrabili, in bilico tra la metafisica, il racconto fantastico, il dramma e la farsa.
Un film labirintico, dai ritmi blandi, teso a mostrare le chiavi di lettura che lo spettatore può ricavare dalla visione di un film che offre varie possibilità di interpretazione allo spettatore; un film che parla al tempo stesso di crisi della coppia e di valori borghesi, di moralismo bigotto in materia sessuale ma anche di liberazione dallo stretto e rigido ambito matrimoniale.
Non sono queste le uniche chiavi di lettura del film, ma fondamentalmente si può partire da qui per interpretare, ed è davvero il verbo giusto, un film molto complesso e sfuggente ad un’analisi univoca.Tra l’altro, nella versione che circola ormai solo in ambito televisivo mancano abbondantemente 7 minuti di girato.

La donna invisibile 12

La donna invisibile 13
Il motivo è da ricercarsi nella censura che scattò ad appena 24 ore dalla proiezione della pellicola nel 1969,nel mese di agosto.
Cosa sia stato tagliato dal film è cosa difficile da dirsi, probabilmente scene di nudo o un amplesso tra Andrea e la sua amante Delfina; poichè la casa distributrice non le ha più integrate nella pellicola, occorrerà aspettare una versione digitale del film per sperare in una visione completa dello stesso.
Tornando al film, Spinola indugia moltissimo sul torbido rapporto che viene a stabilirsi tra Andrea e Delfina e tra la stessa Delfina e la sventurata Laura, vera ed autentica vittima in tutti i sensi della fine del suo rapporto amoroso con il marito e poi vittima in senso fisico nel drammatico finale.
Siamo nel 1969, in piena epoca di contestazione e di profonda trasformazione della società; il tema matrimonio, così come il tema famiglia e il tema sessualità sono alcuni dei modelli di riferimento più soggetti ad attacchi e a contestazioni da parte di buona parte della società che conta.

La donna invisibile 14
E, ovviamente, anche da parte dell’ intellighenzia borghese e culturale, le prime ad agitare la fronda contro fondamenti della società considerati ormai vetusti o antiquati.
Quest’aria si respira, a tratti, nel film, anche se come dicevo agli inizi è difficile trovare il bandolo della matassa di un film che appare diverso ad ogni visione, che alterna momenti francamente noiosissimi ad altri di gran fascino.
Colpa anche di una sceneggiatura che ha allungato la storia di Moravia trasformandola in qualcosa di differente dal racconto originale.
Moravia aveva scritto un racconto in cui il tema centrale era la crisi di una coppia originata dal “disinnamoramento” di Andrea verso Laura, che si traduce in una vera e propria esclusione fisica della donna dalla vita dell’uomo, che un giorno si scopre a fissare una macchia sul muro senza rendersi conto della presenza di Laura davanti a lui.

La donna invisibile 11

La donna invisibile 10
Nel film viene mantenuto coerentemente il racconto della coppia in crisi e il finale tragico, con una riscrittura profonda di tutto il resto.
La storia quindi viene raccontata attraverso i vani tentativi da parte di Laura di rendere la sua presenza “fisica” agli occhi del marito; la donna arriverà a raccontare un suo occasionale tradimento al marito senza però suscitare alcuna emozione apparente in Andrea.
L’amore non è eterno e quando la passione finisce o si trova qualcosa per riaccenderla o si cambia aria; anche questo può essere un tema di riflessione che il film offre, mentre la musica del solito impareggiabile Morricone sottolinea alcuni passaggi cruciali dello stesso.
A creare il giusto clima, sospeso tra cose dette e sopratutto non dette ci sono due grandi attrici del cinema del passato, Giovanna Ralli e Carla Gravina.

La donna invisibile 8
Giovanna Ralli interpreta il dolente e perdente personaggio di Laura, la donna invisibile, la donna innamorata che non si rassegna alla fine del suo matrimonio, a quell’amore verso un marito che ormai non la distingue dalla tappezzeria o dai mobili di casa.Carla Gravina invece è l’ambigua Delfina, creatura eterea ma al tempo stesso torbida, come quella sua sensualità inesplicata, in bilico tra lesbismo e eterosessualità, un personaggio probabilmente non espresso in maniera compiuta a favore della vera protagonista che in fondo è la sventurata Laura.
Due donne molto diverse, quelle che appaiono nel film; due donne separate da un uomo che non ama più la moglie e che invece è irresistibilmente attratto dal terzo lato del triangolo,Delfina.
Peccato per le scene tagliate, perchè probabilmente avremmo capito di più del vero legame tra il maturo professore universitario e la donna misteriosa, sessualmente promiscua.

La donna invisibile 7
Andrea è interpretato da Silvano Tranquilli, un attore spesso utilizzato in ruoli intellettualmente impegnati; questa volta il suo personaggio non è caratterizzato in maniera profonda, tanto che l’attore appare inamidato in una parte sfuggente, dai contorni poco chiari.
La donna invisibile è un film estremamente raro, passato molto tempo fa in tv nella famosa versione purgata; a meno di miracoli sarà impossibile vedere la versione originale del film, a meno che la casa che detiene i diritti non possegga il master originale nella versione completa. Anche i rete il film è pressochè introvabile.

La donna invisibile
Un film di Paolo Spinola. Con Silvano Tranquilli, Carla Gravina, Giovanna Ralli, Gino Cassani, Anita Sanders, Elena Persiani, Gigi Rizzi, Raul Martinez Drammatico, durata 92′ min. – Italia 1969.

La donna invisibile Banner gallery

 

La donna invisibile 6

 

La donna invisibile 5

 

La donna invisibile 3

 

La donna invisibile 2

 

La donna invisibile 1

La donna invisibile Banner personaggi

Giovanna Ralli: Laura
Silvano Tranquilli: Andrea
Carla Gravina: Delfina
Gigi Rizzi: Carlo
Elena Persiani: Tania
Gino Cassani: marito di Tania
Anita Sanders: Anita
Raul Ramirez: Osvaldo
Regia Paolo Spinola

La donna invisibile Banner cast
Soggetto Paolo Spinola, Dacia Maraini
Sceneggiatura Paolo Spinola, Dacia Maraini, Ottavio Jemma
Produttore Silvio Clementelli per Clesi Cinematografica
Distribuzione (Italia) Euro International Film (1969)
Fotografia Silvano Ippoliti
Montaggio Sergio Montanari
Musiche Ennio Morricone

La donna invisibile Banner recensioni

L’opinione dell’utente emmepi8 tratta dal sito http://www.filmtv.it
“Spinola al terzo film, e dopo diversi anni ne ha fatto un altro, e poi ha cessato l’attività. Forse è stato un peccato, infondo era una mente abbastanza insolita per il nostro panorama cinematografico, forse un po’ troppo intellettualizzata, ma sempre diversa. Qui ha scelto un racconto di Moravia, cosceneggiato con Dacia Maraini e Ottavio Jemma, quest’ultimo in particolare tagliato più per commedie, anche grassocce, e non per operazioni come queste. Il film ha un suo valore, anche se la simbologia fantastica non si sposa bene con la realtà della storia e questo mixer stride in maniera particolare. Il tema è figlio un po’ dei tempi: siamo nel 1969 la contestazione sta di casa e la libertà sessuale, con la dovuta decadenza dei costumi borghesi, è di moda, ma tutto dipende dal tocco, e Spinola non è stato molto fortunato con i collaboratori. Ottima la fotografia di Silvano Ippoliti, ricercatissimi gli abiti delle nostre protagoniste. Il cast troneggia con Giovanna Ralli (inusuale interprete!!) e Carla Gravina, il resto è cast di serie B e si vede.

L’opinione dell’utente ilgobbo tratta dal sito http://www.davinotti.com
“Niente male questa variazione sul tema del döppelganger dal racconto moraviano. Un film che traccheggia fra due tipi d’atmosfera, privilegiando, forse involontariamente o per forma mentis del regista il cotè del dramma erotico-borghese, classico del cinema e della letteratura dell’epoca. Protagoniste notevoli, la Ralli è bella ma la Gravina (truccata come la Maraini che sceneggia) è davvero intrigante. Attonito il giusto Tranquilli, inconfondibile colonna sonora di Morricone. E a proposito di icone d’epoca, c’è anche Gigi Rizzi!”

L’opinione dell’utente Lucius tratta dal sito http://www.davinotti.com
Una fotocopia dignitosa ma pur sempre fotocopia dello stile antonioniano che si fa apprezzare principalmente per la Gravina e la Ralli, qui in due interpretazioni particolarmente indovinate. Un Moravia trasformato dagli autori, ma ugualmente fascinoso per un film che presenta un incipit originale e un filo narrativo non del tutto lineare. La difficile convivenza di una coppia borghese con tanto di accenni di lesbismo e una soundtrack eccellente del maestro Morricone, che ha nettamente contribuito ad innalzare il livello della pellicola.

La donna invisibile Banner foto

La donna invisibile foto 10

La donna invisibile foto 9

La donna invisibile foto 7

La donna invisibile foto 4

La donna invisibile foto 3

La donna invisibile foto 12

La donna invisibile foto 11

La donna invisibile foto 8

La donna invisibile foto 6

La donna invisibile foto 5

La donna invisibile foto 2

La donna invisibile foto 1

La donna invisibile flano

La donna invisibile fotoromanzo

La donna invisibile lobby card

La donna invisibile locandina 1

La donna invisibile locandina 4


I ragazzi del massacro

$
0
0

I ragazzi del massacro locandina 2

In una scuola milanese, durante il corso serale, un gruppo di giovani stupra e uccide la bella insegnante del corso.
Le indagini sono condotte dal commissario Duca Lamberti, che ha la certezza che il delitto è avvenuto in seno al branco; la causa scatenante la furia omicida è da ricercarsi in una bevanda drogata che ha eccitato i ragazzi fino a trasformarli in belve sanguinarie.
Ma non è stato comunque un delitto di gruppo, bensi ascrivibile ad una mano sola.
Lamberti usa il pugno di ferro per cercare la verità:così dall’interno del branco iniziano a circolare le voci sul presunto colpevole, un ragazzo che in realtà è impotente.
Duca Lamberti non va per il sottile, e per questo è malvisto dai superiori.

I ragazzi del massacro 14

 

I ragazzi del massacro 13
Anche perchè lui decide di cercare le vere motivazioni della morte della giovane insegnante al di fuori della cerchia dei ragazzi, aiutato in questo dalla bella assistente sociale Livia Ussaro.
Mentre ormai Duca Lamberti sembra sulla strada giusta per risolvere il caso, il giovane impotente si uccide: a questo punto l’ultimo tentativo che il commissario può fare è quello di trovare tra i giovani uno che possa essere in qualche modo riabilitato e che sia disposto a collaborare.
Sarà in questo modo che Lamberti arriverà alla soluzione del caso…
Tratto dal romanzo omonimo di Giorgio Scerbanenco, I ragazzi del massacro è opera di Fernando Di Leo,che dirige il primo dei suoi film noir, inaugurando la straordinaria collaborazione con lo scrittore di origine ucraina che porterà al capolavoro di Di Leo Milano calibro 9.

I ragazzi del massacro 12
Lo scrittore ucraino, vero specialista in noir d’atmosfera presterà in seguito la sua penna ad altri film del cinema di genere, come Il caso ‘Venere privata’ (1970) di Yves Boisset e La morte risale a ieri sera (tratto dal romanzo I milanesi ammazzano al sabato) diretto da Duccio Tessari dove ritroviamo Duca Lamberti già presente in Il caso Venere privata.
Di Leo riduce per lo schermo il romanzo di Scerbanenco mantenendo intata solo la struttura del racconto e portando avanti quella che sarà la linea guida della celebre trilogia del milieu; la Milano del regista pugliese appare già nella sua versione cupa e moralmente decadente, violenta e inafferrabile nella sua struttura criminale che agisce sotto la facciata di rispettabilità e operosità della capitale economica d’Italia.
Fernando Di Leo è al bivio della sua carriera; alle spalle ha il successo di Brucia ragazzo brucia e quello meno evidente di Amarsi male; il suo cinema è sicuramente avveniristico, è un regista che non ha alcuna paura di rappresentare visivamente la violenza in una forma nuova, diretta.

I ragazzi del massacro 9
Ed è quello che fa con questo film, nel quale vediamo in azione un Duca Lamberti decisamente diverso da quello che verrà ripreso da Boisset o da Tessari.
E’ un uomo dai modi spicci, a tratti brutale.
Un uomo che crede nella giustizia ma che sa anche che per andare in guerra bisogna usare il cannone e non certo un mazzo di rose.
Ecco perchè usa metodi anticonvenzionali e brutali, metodi che lo rendono inviso ai suoi superiori.
Poichè però giunge sistematicamente ai risultati, Lamberti è tollerato anche se non incoraggiato.
Non è nato poliziotto, Lamberti, ma questo non l sappiamo dal film, bensi dai romanzi di Scerbanenco; è figlio di un poliziotto, è un ex medico che ha scontato tre anni di galera per aver somministrato un’iniezione letale ad un’anziana paziente. E’ diventato poliziotto dopo aver risolto brillantemente alcuni casi a lui sottoposti da un amico del padre.
Lamberti si muove quindi un una metropoli ormai lontana dal boom economico; nella scuola dove avviene l’omicidio non ci sono i ragazzi “normali”, quelli che in qualche modo sono figli del boom economico e si sono integrati nella realtà del lavoro e nella realtà sociale di Milano.

I ragazzi del massacro 1

 

I ragazzi del massacro 2
Ci sono invece i ragazzi che dal boom non hanno ricavato nulla, se non abitazioni ai limiti del decoro e che vanno a scuola mentre gli altri, dopo una giornata di lavoro o di studio vanno a divertirsi.
Sono la parte nascosta di Milano, quella che la città ignora e che nasconde alla vista di chi guarda alla città stessa come ad un modello esemplare di efficienza e integrazione.
Questo è un territorio inesplorato dalla persona qualunque ed è in questo ambito che il disilluso commissario si muove, usando i suoi metodi la dove non possono funzionarne altri.
Di Leo mostra la sua capacità di analisi e di descrizione di un fenomeno poco conosciuto come il background che sta dietro la facciata rispettabile della città e che diverrà poi il suo punto di forza con la celebrata trilogia del milieu, composta da tre opere distinte ma in qualche modo unite fra loro come Milano calibro 9, La mala ordina e Il boss.

I ragazzi del massacro 3

I ragazzi del massacro 8
I ragazzi del massacro è un ottimo film, accolto con diffidenza da parte della critica, incapace di vedere oltre la superficie le potenzialità di un regista a suo modo scomodo.
Un di quelli che pesca nel torbido, che mostra una realtà che evidentemente è preferibile ignorare.
Lo fa con un linguaggio scarno ed essenziale, con sangue e violenza stagliate sullo sfondo della nebbia e dell’omertà di un mondo con delle regole ferree e crudeli.
A leggere alcune recensioni (molte delle quali di pochi anni fa) non c’è che da rabbrividire; quella degli anni sessanta è una stagione irripetibile e se non si è capaci di cogliere in film come questi la capacità innovativa di raccontare senza fronzoli anche vicende marginali e squallide come quella mostrata nel film, allora si è di palato troppo aristocratico e ben abituato.
Se si paragona questo film ad opere degli ultimi 25 anni apparse in Italia, ci si rende conto come si vivesse in un’età dell’oro a livello visivo.Anni in cui la fertilità e il genio andavano di pari passo, anni in cui anche con pochi soldi si riusciva a costruire belle e affascinanti opere.

I ragazzi del massacro 4
Tornando alla pellicola, va segnalata la positiva presenza nei panni di Duca Lamberti di Pier Paolo Capponi, attore di ottime qualità che a cavallo tra il 1967 e il 1974 comparve in circa una trentina di produzioni molte delle quali di buon livello per poi passare in pianta stabile a produzioni tv di ottima fama.
L’attore di Subiaco è espressivo e duro al punto giusto, quindi Lamberti è il suo personaggio, costruito con una recitazione asciutta e senza sbavature.
Accanto a lui, defilata, c’è la bellissima Susan Scott che fa il suo con grazia e garbo, mentre il resto del cast è composto da onesti comprimari.
Discrete le musiche di Silvano Spadaccino.
I ragazzi del massacro è un film che passa molto raramente in tv, tuttavia è editato in digitale anche se è di difficilissima reperibilità sul web.

I ragazzi del massacro

Un film di Fernando Di Leo. Con Pier Paolo Capponi, Susan Scott, Marzio Margine, Enzo Liberti, Ettore Geri, Sergio Serafini, Michel Bardinet, Renato Lupi Noir/Thriller, durata 91 min. – Italia 1969.

I ragazzi del massacro banner gallery

 

I ragazzi del massacro 15

 

I ragazzi del massacro 11

 

I ragazzi del massacro 10

 

I ragazzi del massacro 4

 

I ragazzi del massacro 5

 

I ragazzi del massacro 6

 

I ragazzi del massacro 7

 

I ragazzi del massacro banner personaggi

Pier Paolo Capponi: commissario Duca Lamberti
Susan Scott: Livia Ussaro
Enzo Liberti: questore Luigi Càrrua
Marzio Margine: Carolino Marassi
Michel Bardinet: Stelvio Sampero
Renato Lupi: Mascaranti
Danika La Loggia: Beatrice Romani
Giuliano Manetti: Fiorello Grassi
Jean Rougeul: Federico Dell’Angeletto

I ragazzi del massacro banner cast

Regia Fernando Di Leo
Soggetto Giorgio Scerbanenco (romanzo)
Sceneggiatura Fernando Di Leo, Nino Latino, Andrea Maggiore
Produttore Tiziano Longo
Fotografia Franco Villa
Montaggio Amedeo Giomini
Musiche Silvano Spadaccino
Scenografia Franco Bottari

I ragazzi del massacro locandina 3

I ragazzi del massacro locandina 1

I ragazzi del massacro lobby card

I ragazzi del massacro cineracconto

I ragazzi del massacro foto di scena 7

I ragazzi del massacro foto di scena 5

I ragazzi del massacro foto di scena 2

I ragazzi del massacro foto di scena 1

I ragazzi del massacro foto di scena 3

I ragazzi del massacro foto di scena 4

I ragazzi del massacro foto di scena 6

I ragazzi del massacro foto di scena 8

I ragazzi del massacro locandina 4


Il segno del comando

$
0
0

Il segno del comando -locandina 1

E’ una domenica, il 16 maggio 1971. La sera 15.000.000 di spettatori sono seduti davanti alla tv; la Rai, nelle settimane precedenti, ha pubblicizzato uno sceneggiato televisivo che promette una storia piena di mistero con risvolti parapsicologici e sovrannaturali. Così, subito dopo il tradizionale Telegiornale della sera e l’ancor più tradizionale Carosello, parte la sigla iniziale sulle note di Cento campane di uno dei fenomeni televisivi più seguiti della storia della Tv italiana, quel Il segno del comando che per 5 domeniche, sino alla puntata finale del 13 giugno 1971, catalizzerà l’attenzione del pubblico italiano che seguirà con il fiato sospeso lo sceneggiato televisivo più bello mai trasmesso dall’ente tv italiano. “Nun me lo dì stanotte a chi hai stregato er core la verità fa male lasciame ’sta visione pe’ sperà din don din don amore cento campane stanno a dì de no...” canta Nico Tirone, e il pubblico è già ammaliato da quella voce suadente che introduce le immagini di un uomo che insegue una bellissima figura femminile tra le strade deserte di Roma.

Il segno del comando 1

Silvia Monelli (la Signora Giannelli) e Ugo Pagliai (Edward Foster)

Inizia in questo modo ammaliante, accattivante, lo sceneggiato diretto da Daniele D’Anza, regista e sceneggiatore quarantanovenne nato a Milano che il pubblico televisivo conosceva per il grande successo riscosso l’anno precedente con lo sceneggiato Coralba e sopratutto per Giocando a golf una mattina, diretto nel 1969. Uno sceneggiato che oggi sarebbe assolutamente improponibile sia come costruzione nei tempi di realizzazione dell’epoca sia nella struttura stessa; un’opera dilatata nei tempi, nei dialoghi e nelle situazioni, che sono lungamente descrittive e quasi sempre statiche. Una storia, però, che aveva tutte le carte in regola per catturare l’attenzione degli spettatori, perchè mescolava elementi da sempre catalizzatori dell’attenzione del pubblico, attraverso una sapiente miscela di storie intrecciate che coinvolgono il mondo della parapsicologia, dell’occulto e della magia, attraverso un lungo percorso che si snoda sulle tracce del misterioso segno del comando.

Il segno del comando 2

Carla Gravina (Lucia)

Il segno del comando 4

A sinistra Rossella Falk (Olivia)

Lo sceneggiato inizia mostrando l’arrivo a Roma del professor Lancelot Edward Forster, uno studioso di letteratura inglese che ha scritto una serie di articoli su Lord George Gordon Byron, poeta suo conterraneo; Edward Foster ha ricevuto dal pittore Marco Tagliaferri un invito che è una sfida, trovare una piazza citata da Byron nel suo diario che Edward ritiene immaginaria e che Tagliaferri dice di essere reale. Nello stesso tempo Foster riceve l’invito a tenere una conferenza su Byron all’interno del British Council di Roma, invito che arriva dal consulente inglese George Powell. Foster si reca a casa di Tagliaferri dove incontra la misteriosa Lucia, modella del pittore, che lo invita a incontrare Tagliaferri in una locanda di Trastevere. Lo studioso, in cerca di alloggio, si reca presso l’hotel Galba, su suggerimento di Lucia; qui conosce la direttrice dell’hotel, la bellissima signora Giannelli, che però nega di conoscere Lucia.

Il segno del comando 3

Angiola Baggi (Giuliana)

Nell’albergo Foster incontra anche una sua vecchia amica (forse una vecchia fiamma), Olivia, che alloggia nell’hotel con un tipo equivoco, Lester Sullivan, che scopriremo essere un trafficante di antichità e altre attività poco chiare. Dopo aver appreso che Tagliaferri in realtà è morto, Foster si reca al British Council dove incontra Powell e la sua segretaria Barbara;la sera poi si reca all’appuntamento con Lucia, che lo porta in un posto che sembra uscito da un quadro dell’ottocento,la Taverna dell’angelo, nella quale i due attendono inutilmente l’arrivo di Tagliaferri. Edward, forse drogato, inizia ad avere delle visioni prima di svenire. Al risveglio si ritrova all’interno della sua auto dalla quale è sparita la borsa con gli appunti e le micro fiches contenenti gli studi dello studioso;dopo un’inutile tappa al commissariato, Foster trova all’interno dell’auto il bellissimo e inquietante medaglione che Lucia indossava, raffigurante una civetta. Inutilmente Foster cerca di ritrovare la taverna dell’Angelo, e il giorno dopo fa un’altra incredibile scoperta:Marco Tagliaferri è morto esattamente cento anni prima.

Il segno del comando 5

La medium

L’uomo che Edward incontra nell’appartamento adiacente allo studio del pittore è infatti un suo discendente, il colonnello Tagliaferri, che racconta a Foster particolari sulla vita dell’antenato, morto giovane e in circostanze mai chiarite e del suicidio della sua modella Lucia. Naturalmente Foster è assolutamente certo di aver incontrato una donna vera, non un fantasma, tuttavia il dubbio inizia a serpeggiare nella sua mente.Un’altra sorpresa lo attende al caffè Greco, dove si reca su suggerimento del colonnello Tagliaferri; il ritratto li esposto del pittore Marco assomiglia tantissimo al volto di Foster. Recatosi in seguito ad una telefonata anonima al cimitero degli Inglesi, Foster trova anche la tomba del pittore, guidato anche in questo caso da una figura oscura che lo guida fino alla tomba. Che porta incisa la data della morte del pittore, il 28 marzo 1835, la stessa data, giorno e mese, della nascita del professore, avvenuta esattamente 100 anni dopo; Tagliaferri è morto 28 marzo del 1871 e cent’anni dopo quella data ecco che Foster dovrà tenere la sua conferenza su Byron. Intanto Foster riesce a far valutare il medaglione che Lucia gli a lasciato in auto.

Il segno del comando 6

Alla ricerca dello spartito di Vitali

Prospero Barengo, un esperto d’arte,conferma che si tratta di un’opera di altissimo valore, creata da un orafo del settecento, Ilario Brandani, morto in odore di negromanzia; la sempre più spaventata Olivia cerca di convincere, inutilmente, Edward sulla necessità di andar via da Roma, mentre sarà proprio Sullivan a squarciare un altro velo di mistero raccontando a Foster che Ilario Brandani è nato il 29 marzo 1735 e morto il 28 marzo 1771, quindi cento anni prima di Tagliaferri e 200 anni prima di Edward Foster. A questo punto le sinistre coincidenze iniziano ad essere davvero tante e arriva un altro colpo di scena: Barbara, la segretaria di Powell ha scoperto che la piazza descritta da Byron e raffigurata nel quadro visto da Foster in realtà è una foto ritoccata.Il quadro vero è di proprietà del principe Anchisi, che Foster ha conosciuto da poco e che si è presentato come un esperto della vita di Byron, del quale possiede tutte le opere. Recatosi di notte nel palazzo del nobile, Foster incontra nuovamente Lucia, con la quale tuttavia non riesce a parlare. Nonostante gli avvertimenti di Barbara che gli racconta una leggenda secondo la quale il palazzo Anchisi è un luogo sfortunato, Foster si reca dal principe, nel palazzo del quale incontra anche una sua vecchia conoscenza, Sullivan, impegnato inutilmente nel tentativo di far vendere la collezione di quadri che Anchisi possiede.Il principe caccia in malo modo il trafficante e subito dopo informa Foster che il quadro andrà all’asta quel giorno stesso. Subito dopo aver avuto la notizia della morte del colonnello Tagliaferri, Edward si reca all’asta con l’intenzione di acquistare il quadro che però viene ceduto ad un anonimo acquirente.L’ennesima telefonata anonima avvisa Foster che il quadro sta per essere nuovamente venduto e il professore si reca nel posto dove dovrebbe essere effettuata la vendita.Qui però trova l’enigmatica proprietaria dell’hotel Galba, la signora Giannelli, seduta ad un tavolo per una seduta spiritica. Foster viene accolto nel cerchio e durante l’evocazione ecco che la medium parla con voce roca del quadro che si trova in una “barca a remi”. Foster scopre che la medium altri non è che la sfuggente Lucia;Foster è preda delle allucinazioni, vaga in quella che è una sartoria e si accorge che è rimasto solo.

Il segno del comando 8

Lucia, donna reale o fantasma?

Recatosi nella casa di Tagliaferri, accolto dalla affranta Giuliana, nipote di Tagliaferri, Foster scopre che il colonnello è morto nell’ora esatta in cui si è fermato un orologio di gran valore in possesso del colonnello, opera ancora una volta dell’oscuro Brandani. Poichè nella cassa dell’orologio c’è un’incisione recante un effigie e il nome Sant’Onorio, Foster si reca nella chiesa romana del santo per scoprire che in realtà il sacerdote della chiesa stessa non ha mai sentito parlare di Brandani o Tagliaferri. Ma sembra esserci una svolta; in albergo Foster riceve una telefonata di Sullivan che promette importanti rivelazioni. La telefonata però è interrotta da due spri; Foster corre da Powell per raccontare l’accaduto quando all’improvviso ricorda che nella hall dell’hotel Galba, quando ha incontrato Olivia la tv stava trasmettendo un’opera di Baldassarre Vitali. E’ uno dei pezzi mancanti del puzzle, perchè proprio nella chiesa di sant’Onorio sono conservate composizione di questo artista. Recatosi nuovamente nella chiesa, Foster scopre che nella collezione di spartiti manca il salmo numero XVII, che un direttore d’orchestra li presente considera importantissimo, in quanto contenente secondo la leggenda un codice cifrato. Le rivelazioni continuano, perchè Anchisi parla a Foster di un misterioso Segno del comando,un potentissimo amuleto custodito da un messaggero di pietra che può essere trovato solo da un eletto, un talismano in grado di poter allontanare anche la morte. Foster si immerge in uno strano dormiveglia, nel quale vede funesti presagi, fra i quali la propria morte e quella dell’amica Olivia.Che in realtà è accaduta, cosa che sconvolge ancor più l’ormai confuso professore; ma la voglia, il desiderio di conoscere il bandolo di quella storia cosi complicata portano Foster a seguire l’indizio principale ancora in suo possesso, quello contenuto nel diario di Byron che rimanda ancora una volta alla piazza descritta dal poeta inglese, che contiene anche la frase oscura “Che io sia dannato se accetto ancora un invito di O.

Il segno del comando 7

Grazie a Barbara, viene individuata l’abitazione in cui Byron aveva soggiornato a Roma, in Via delle Tre Spade 119 e il suo misterioso proprietario nonchè amico di Byron,Sir Percy O. Delaney; sarà un signore anziano e non vedente a dipanare ancor più il mistero, raccontando a Foster che quella casa si affacciava tempo addietro su una piazza del tutto simile a quella descritta da Byron e che il famoso salmo XVI di Baldassarre Vitali è custodito nella casa stessa. Finalmente Foster puà leggere il salmo, ma ecco il colpo di scena:passa Lucia per strada e il professore si precipita al suo inseguimento. La ragazza lo porta in un palazzo, sede della sartoria in cui Foster aveva assistito alla seduta spiritica dove c’è Powell e il redivivo Sullivan che si affrontano a pistole spianate. Sullivan nel tentativo di sfuggire a Powell precipita e muore; Powell può finalmente gettare la maschera e raccontare il suo vero ruolo nella storia, quello di un agente dei servizi segreti britannici (sulle tracce del carteggio Von Hassel, un misterioso scambio di documenti della cui esistenza sono al corrente solo 4 capi di stato, ma questo Powell non lo racconta a Foster). E’ arrivata nel frattempo la fatidica data del 28 marzo 1971,quella in cui Edward Foster deve tenere la famosa conferenza su Byron; in una sala colma di persone attentissime, fra le quali spiccano alcuni protagonisti della storia, ovvero Powell,Barbara, Anchisi; Foster rivela tutto quello che ha scoperto, giungendo infine alla parte più importante, ovvero l’assassinio di Ilario Brandani da parte del compositore Baldassarre Vitali, che aveva ucciso l’orafo per impadronirsi del Segno del comando per poi lasciare nel salmo XVII le indicazioni sul posto dove l’aveva nascosto. Ma le sorprese sono appena iniziate…

Il segno del comando 9

Edward Foster nel momento del suo compleanno, un avvenimento molto pericoloso….

Ometto, per ovvi motivi, la descrizione del finale dello sceneggiato, che va gustato per intero perchè porta finalmente alla scoperta di tutti i tasselli mancanti del puzzle; la storia di fantasmi, di maledizioni,l’intrigo storico tra il poeta Byron e l’orafo maledetto Brandani, il pittore Tagliaferri e la sua bellissima modella Lucia, tra il misterioso talismano e persino una serie di documenti scottanti risalenti alla guerra è all’epilogo, un epilogo che ha del sorprendente e anche del sovrannaturale, con quella conclusione che può lasciare delusi ma che in realtà è il degno finale di una storia assolutamente lineare. E’ difficile, per chi non abbia avuto dai 15 anni in su nel 1971 capire il fascino che questo sceneggiato suscitò; per la prima volta in una edizione televisiva si vedeva una storia che mescolava con sapienza tanti elementi generalmente appartenenti al mondo della cinematografia horror o thriller, quella delle spy story o del fantastico. Questi elementi confluiscono tutti in un’unica storia che trasporta lo spettatore attraverso il tempo e una città Roma, che appare magica, fatata. La presenza di un cast assolutamente omogeneo come qualità recitativa, tutti professionisti impeccabili aggiunge valore allo sceneggiato; da Pagliai alla splendida Carla Gravina, da Checchi a Hintermann attraverso le figure degli altri caratteristi dell’opera si arriva ad un’integrazione assolutamente perfetta tra la storia e i suoi interpreti. Sono passati più di quarant’anni dal ciak si gira di Il segno del comando; molti degli attori che parteciparono a quell’esperienza sono ormai scomparsi.

Il segno del comando 10

La conferenza di Foster

Non ci sono più Massimo Girotti, il bravissimo e ambiguo Powell dello sceneggiato e non c’è più Carlo Hintermann, scomparso ormai 25 anni fa, è morto Franco Volpi, grandissimo nel ruolo del principe Anchisi ed è morto Andrea Checci, il bonario commissario Bonsanti. Sono scomparsi personaggi minori del film come Serena Michelotti, la zingara e Augusto Mastrantoni, il colonnello Tagliaferri, Leopoldo Valentini (il custode del cimitero) e Roberto Bruni (Barengo),Amedeo Girardi ( il sarto Paselli) e Franco Angrisano (l’intermediario)….

Il segno del comando -locandina 4

Resta lo sceneggiato, un’opera così affascinante da essere ormai diventata, nell’immaginario collettivo, la summa di quello che uno spettatore pò chiedere ad un’opera di finzione, uno sceneggiato che ancora oggi conserva quasi del tutto intatto il fascino che emanava in un tempo ormai tanto distante da noi. Un tempo in cui la tv era in bianco e nero e in cui ci si sedeva davanti alla tv in massa, in attesa spasmodica del proseguimento dell’opera, della famosa “puntata successiva” Vent’anni dopo l’uscita dello sceneggiato,sull’onda del mito che ormai aleggiava attorno al leggendario Segno del comando, il regista D’Anza rielaborò la sceneggiatura dell’opera ricavandone un romanzo che nelle intenzioni doveva chiarire i punti rimasti oscuri dello sceneggiato. Quell’opera, che ebbe un ottimo successo, venne distribuita dalla Newton Compton Editore, specializzata in opere vendute a basso costo.

Il segno del comando 12

A sinistra: Massimo Girotti (Powell)

La prima edizione costava 2000 lire, un euro odierno e si faceva leggere con piacere e scorrevolezza. Il segno del comando è opera di facile visione; esistono i dvd della Elleu multimedia, casa di distribuzione che noi appassionati non dovremmo mai smettere di ringraziare e che ha permesso a tantissime persone di rivedere l’opera così come su Youtube ci sono diverse versioni, tutte complete, dell’opera televisiva. Quella qualitativamente migliore, ricavata proprio dai dvd Elleu è disponibile a questo indirizzo:                          http://youtu.be/6lcFAI4zHp4. All’utente Nino, autore del caricamento online va il mio personale ringraziamento anche per l’opera meritoria di aver messo a disposizione di tutti autentiche perle passate in tv in un’epoca ormai preistorica come la fine degli anni sessanta e gli inizi dei settanta, ovvero Donna d’onore e Il dipinto, Philo Vance e Nero Wolfe, Vita di Leonardo Da Vinci e Joe Petrosino, L’enigma delle due sorelle,Ho incontrato un’ombra, La traccia verde. In ultimo, non posso non accennare al remake dello sceneggiato diretto nel 1992 da Giulio Onesti;ambientato a Parigi invece che a Roma, con Powell e Elena Sofia Ricci nei ruoli rispettivi di Foster e Lucia, il remake è assolutamente da dimenticare e non ha nemmeno un briciolo della suspence, dell’ambientazione di tutte quelle componenti insomma che fecero la fortuna della prima edizione.

Il segno del comando banner personaggi

Ugo Pagliai: Edward Forster
Zuma Spinelli: la portinaia
Carla Gravina: Lucia
Gino Maringola: il portiere dell’albergo
Silvia Monelli: la signora Giannelli
Rossella Falk: Olivia
Carlo Hintermann: Lester Sullivan
Giovanni Attanasio: lo sconosciuto
Luciano Luisi: il telecronista
Massimo Girotti: George Powell
Laura Belli: amica di Edwar
Luciana Negrini: amica di Edwar
Paola Tedesco: Barbara
Serena Michelotti: la zingara
Giorgio Onorato: il posteggiatore
Lucia Modugno: una donna
Adriano Micantoni: maresciallo
Augusto Mastrantoni: col. Tagliaferri
Angiola Baggi: Giuliana
Leopoldo Valentini: custode del cimitero
Franco Volpi: Raimondo Anchisi
Luisa Aluigi: una bibliotecaria
Franco Odoardi: banditore
Roberto Bruni: Prospero Barengo
Giancarlo Palermo: cameriere
Amedeo Girardi: il sarto Paselli
Anna Segnini: suora
Franco Angrisano: l’intermediario
Pietro Villani: spiritista
Armando Brancia: portiere di notte
Vittoria Di Silverio: la donna con la spesa
Andrea Checchi: comm. Bonsanti
Giorgio Gusso: il prete
Jolanda Modio: una ragazza
Paola Arduini: la telefonista
Ferruccio Scaglia: il direttore d’orchestra
Evar Maran: il rigattiere
Enrico Lazzareschi: un muratore
Vittorio Duse: primo operaio
Aleardo Ward: secondo operaio
Attilio Fernandez: il maggiordomo
Silvana Buzzo: la cameriera
Armando Anselmo: un cieco
Gualtiero Isnenghi: un bibliotecario
Bianca Manenti: una bibliotecaria

 

Il segno del comando banner cast

Ideatore Flaminio Bollini e Dante Guardamagna
Regia Daniele D’Anza
Sceneggiatura Giuseppe D’Agata, Flaminio Bollini, Dante Guardamagna e Lucio Mandarà

 

Il segno del comando -locandina sound 1

Nun me lo dì stanotte

a chi hai stregato er core

la verità fa male

lasciame ’sta visione pe’ sperà

din don din don amore

cento campane stanno a dì de no

ma tu ma tu amore mio

se m’hai lasciato ancora nun lo dì

no nun lo di’ nun parlà

sei una donna o una strega chissà?

Me resta ‘na speranza, la speranza di quer sì…

din don, din don amore

cento campane stanno a dì de no

ma tu ma tu amore mio

se m’hai stregato dimmelo de sì

Il segno del comando banner gallery

Il segno del comando 11

Franco Volpi (il principe Anchisi)

Il segno del comando 13

Il segno del comando 15

Il segno del comando 16

Incipit del romanzo “Una berlina targata Gran Bretagna si arrestò davanti a un austero portone di via Margutta, all’altezza dello stabile contrassegnato dal numero 53/B. L’auto – una Jaguar un po’ vecchiotta – era molto impolverata, come se avesse compiuto un lungo viaggio. Era una tarda mattinata di primavera, una classica giornata del marzo romano, quando l’aria frizzante sa di verde anche se non si scorgono né alberi né giardini. Dalla Jaguar scese un uomo vestito con sobria eleganza, biondo e con gli occhi azzurri, sui trentacinque-quarant’anni; un tipo disinvolto e piuttosto sicuro di sé, dall’aria inconfondibilmente britannica. Pareva compiaciuto di trovarsi nella lunga e stretta strada tradizionalmente abitata dagli artisti, sulla quale si affacciavano numerose le botteghe degli antiquari, dei falegnami e dei corniciai. Prese dall’auto una borsa di pelle e si soffermò ad osservare una targa che spiccava accanto al portone, scritta in caratteri neoclassici: «Studi di pittura e di scultura». Poi, con passo deciso, varcò la soglia del 53/B.” Finale del romanzo Non c’era nessuno, ad eccezione di una donna che era seduta ad un tavolo e volgeva le spalle all’entrata. La capigliatura chiara, lo scialle antico… Edward si portò davanti alla donna. Non era Lucia. Aveva capelli grigi con striature bionde e indossava un costume zingaresco. La faccia, che certamente un tempo era stata bella, era solcata da una infinità di rughe. Appariva molto vecchia, ma non era possibile definirne l’età. La donna sorrise a Edward. “Perchè mi guardi così? Siediti” Edward si calò lentamente su una sedia, dall’altra parte del tavolo. “Cercavo un’altra persona…” “Non cercavi di certo me”, disse ridendo la donna. Come ipnotizzato, Edward non smetteva di fissarla. “Sai chi sono io?” Edward non rispose. Lei continuò a ridere. “Io sono una strega…Vuoi bere?” Protese una brocca di vino nero verso il bicchiere che era davanti a Edward, il quale fece segno di no e coprì il bicchiere con le mani. “E’ genuino. Io bevo solo questo” “Anche…anche lei viene qui tutte le sere?”, riuscì a dire Edward. “Come Lucia?” “Sì. La conosce?” “Tutti qui la conoscono” Con gli occhi sbarrati, Edward deglutì per poter parlare. “La supplico, mi dica qualcosa di Lucia” “Posso raccontarti qualcosa del suo passato. Te l’ho detto che sono una strega” Edward annuì. La donna spostò altrove il suo sguardo. “Lucia era figlia illegittima di uno dei principi Anchisi. Aveva un carattere libero e ribelle. Fece la modella di Marco Tagliaferri e poichè l’amava si unì a lui…” “Continui, la prego” “Tagliaferri sapeva di essere Ilario Brandani reincarnato e passò la sua breve vita a dipingere e a cercare, con ogni pratica magica, ciò che avrebbe potuto salvarlo” “Che cosa lo avrebbe salvato?” L’interesse di Edward si era fatto spasmodico. “Ancora non sai che cos’è il Segno del Comando?”, disse ridendo la donna. “Eppure, da quando sei a Roma lo porti conte…” Edward rimase interdetto, sconvolto. “Il medaglione!” La donna fece segno di sì, poi assunse un’espressione seria. “Brandani lo incise il 31/03/1771, ma non potè goderne il potere perchè proprio quel giorno…” “Quale potere?” “Quello di prolungare la vita se è troppo breve, rispose con semplicità la donna”. Quindi riprese: “Proprio quello stesso giorno Vitali, l’organista, lo uccise e glielo rubò”. I lineamenti della donna si indurirono. “Poi, quando Vitali si sentì vicino a morire, perchè per il delitto che aveva commesso non poteva che morire, lo nascose” “E Tagliaferri lo cercò inutilmente…” “Sapeva che non poteva essere lontano da un certo luogo, la piazza che addirittura dipense, ma non riuscì a trovarlo. Morì prima dell’alba del 31/03. Cento anni fa.” “Come morì Tagliaferri?” “Lo trovarono annegato nel Tevere. Dissero che era stato il vino. Questo vino.” La donna bevve. Edward restò a guardarla. “E…Lucia?” “Si lasciò morire nello studio di via Margutta. Ma le fu concesso di continuare a cercare il medaglione.” “Le fu concesso…? Da chi?” Lo sguardo della donna si fece serio e penetrante. “Tu vivi in un mondo di certezze. Non varcare questo limite, non ti è consentito. Lucia voleva trovare il Segno del Comando per interrompere la catena maledetta delle reincarnazioni…” “Quando lo ha trovato?” “Tu non eri ancora nato, e neppure questo secolo” Le domande che assillavano Edward gli davano un’aria eccitata, febbrile. “Altri lo cercavano…e Lucia era…stava con loro…” La donna sorrise. Aveva un sorriso piacevole, giovanile. “Lucia era rimasta legata al vincolo di sangue con Anchisi. Il principe e i suoi amici se ne servivano per cercare contatti con l’aldilà. Ma Lucia doveva dare a te il medaglione, perchè tu eri il predestinato” Edward si versò un pò di vino. Aveva bisogno di bere qualcosa. “Ma dov’è Lucia? Poichè le devo la vita, vorrei…” “Non verrà”, disse la donna scuotendo il capo. “Non verrà mai più”. Edward si alzò e si portò la mano a una tasca. “Vai. Torna al tuo paese e ai tuoi studi.” “Volevo almeno restituirle il medaglione”, disse Edward mostrandolo alla donna. Lei lo prese, lo rigirò nel palmo della mano e glielo restituì. “Il Segno del Comando…Ora non è che un bel medaglione. Puoi tenerlo. Conservalo come un ricordo di Lucia.” Edward retrocedette lentamente, poi voltò le spalle alla donna e raggiunse le scale. In quel momento stava scendendo un uomo che portava una chitarra. Edward se lo ricordò: sembrava gemello del servitore (o era il padrone?) che si occupava della mescita. Edward incrociò l’uomo dalla chitarra e uscì. Il nuovo venuto si avvicinò alla donna: le parlò con estrema dolcezza. “E’ tardi, Lucia” “Sì, si è fatto tardi” Mentre le luci si facevano ancora più fioche, l’uomo si appoggiò a una parete, e si mise a cantare accompagnandosi con la chitarra. “Nun me lo dì stanotte a chi hai stregato er core. La verità fa male, lasciame ‘sta visione per sperà.” Il segno del comando banner gli oggetti Il segno del comando Gli oggetti 6

L’orologio in possesso del colonnello tagliaferri, opera dell’orafo Brandani

Il segno del comando Gli oggetti 7

Il pugnale con la lama che scatta ogni 13 colpi, opera dell’orafo Brandani

Il segno del comando Gli oggetti 8

Il messaggero di pietra che custodisce due segreti…

Il segno del comando Gli oggetti 5

La tela di Marco Tagliaferri 

Il segno del comando Gli oggetti 4

Particolare della piazza con rudere romano

Il segno del comando Gli oggetti 2

Il medaglione magico di Lucia

Il segno del comando Gli oggetti 3

La tomba di Marco Tagliaferri

Il segno del comando banner i luoghi

Il segno del comando -I luoghi 13

Il segno del comando -I luoghi 14

Il segno del comando -I luoghi 11

Il segno del comando -I luoghi 12

Il segno del comando -I luoghi 9

Il segno del comando -I luoghi 10

Il segno del comando -I luoghi 7

Il segno del comando -I luoghi 8

Il segno del comando -I luoghi 5

Il segno del comando -I luoghi 6

Il segno del comando -I luoghi 4

Il segno del comando -I luoghi 3

Il segno del comando -I luoghi 2

Il segno del comando banner foto locandine

Il segno del comando -foto 6

Ugo Pagliai, Edward Foster

Il segno del comando -Carla Gravina

Carla Gravina, Lucia

Il segno del comando -Andrea Checchi

Andrea Checchi, il commissario Bonsanti

Il segno del comando -Angiola Baggi

Angiola Baggi, Giuliana nipote del colonnello Tagliaferri

Il segno del comando -Augusto Mastrantoni

Augusto Mastrantoni, il colonnello Tagliaferri

Il segno del comando -Carlo Hintermann

Carlo Hintermann,Sullivan

Il segno del comando -Silvia Monelli

Silvia Monelli, la signora Giannelli

Il segno del comando -Paola Tedesco

Paola Tedesco, Barbara

Il segno del comando -Rosella Falck

Rossella Falk, Olivia

Il segno del comando -Massimo Girotti

Massimo Girotti, Powell

Il segno del comando -Franco Volpi

Franco Volpi, il principe Anchisi

Il segno del comando -locandina 2

Il segno del comando -locandina 3

L’edizione Newton Compton del romanzo di D’Anza

Il segno del comando -locandina sound 3

Il segno del comando -locandina sound 2

Il segno del comando -locandina sound 4

Il segno del comando Gli oggetti 9

L’ultima scena dello sceneggiato

Il segno del comando -foto 11

Il nascondiglio

Il segno del comando -foto 9

Nel cimitero degli Acattolici

Il segno del comando -foto 10

Uno degli incubi di Edward Foster

Il segno del comando -foto 8

Edward, Lucia e … Il segno del comando

Il segno del comando -foto 7

La bella segretaria di Powell,Barbara

Il segno del comando -foto 5

Via Margutta 33, la casa di Marco Tagliaferri

Il segno del comando -foto 4

Lucia

Il segno del comando -foto 3

Il ritratto di Tagliaferri

Il segno del comando -foto 1

Il segno del comando -foto 2

Il giorno fatidico


Cani arrabbiati

$
0
0

Un uomo guida nervosamente, guardando il sedile posteriore (non inquadrato) e controlla l’orologio; nel frattempo, quattro uomini mascherati assaltano un portavalori.
Uno dei malviventi, che scopriremo chiamarsi Bisturi, senza motivo apparente accoltella il portavalori uccidendolo e subito dopo raggiunge con i complici un auto che li attende guidata da un complice.
Una guardia giurata però esplode due colpi di fucile e il rapinatore alla guida si accascia colpito a morte.
Inizia la fuga dei tre delinquenti superstiti, che si chiamano fa loro il Dottore, Trentadue e Bisturi.
Inseguiti dalla polizia i tre si rifugiano in un garage sotterraneo, dove prendono in ostaggio due donne; tenuti sotto tiro della polizia, i tre sembrano non avere scampo, ma Bisturi a quel punto uccide una delle due donne accoltellandola alla gola a morte.
La polizia lascia liberi di uscire i tre che, in auto, iniziano la fuga.

La morte del primo ostaggio nel garage

La disperata ed inutile corsa di Maria nei campi di grano

Durante la folle corsa che ne segue, si imbattono nell’auto guidata dall’uomo che abbiamo visto all’inizio guidare nervosamente,il cui nome è Riccardo; il motivo dello stato d’animo dell’uomo è costituito dalla presenza in auto di un bambino febbricitante.
I tre, che hanno con loro Maria, l’ostaggio sopravvissuto, si imbarcano nella vettura di Riccardo e proseguono la loro fuga.
Da quel momento la storia del gruppo si svolgerà prevalentemente nello spazio angusto dell’auto, scandita da torture psicologiche dei tre psicopatici malviventi nei confronti di Maria e Riccardo.
Maria tenterà la fuga dopo una sosta, ma verrà ripresa da Trentadue e Bisturi, umiliata e costretta a orinare davanti ai due;la fuga continuerà fino al drammatico e imprevedibile finale.
Cani arrabbiati è un film diretto da Mario Bava nel 1973 che verrà però non verrà mai distribuito per il fallimento della casa produttrice, la Loyola Films ; sarà soltanto nel 1995 che rivedrà la luce grazie al meritevole impegno dell’attrice Lea Krueger( Lea Lander) che con il contributo della Spera Cinematografica lo editerà in Dvd, restituendo al pubblico un film controverso ma dall’altissimo valore artistico.

Maria costretta ad orinare da Bisturi e Trentadue

Cani arrabbiati o Rabid dogs nella versione internazionale è un film claustrofobico, durissimo; è un film “malato”, sudato, appiccicoso, così come i personaggi che si muovono nella storia.
Che sono i tre psicopatici malviventi, sporchi e sudati, senza regole morali e senza futuro.
Sono anche senza un passato, perchè quello che vediamo è solo quello che loro materialmente commettono, ed è già abbastanza;durante la lunga e drammatica fuga quello che emerge dalle loro figure è un desolante ritratto di tre uomini crudeli, che compiono le loro gesta senza alcuna remora morale e senza alcun codice etico.
A farne le spese sono il portavalori, ucciso da Bisturi senza pietà e Maria, freddata nel terribile finale,così come la sventurata autostoppista uccisa ancora una volta da Bisturi perchè scopre la ferita di Trentadue, a sua volta ucciso da Bisturi, che per la prima volta mostrerà un barlume d’umanità.
Ad emergere prepotente è, nel finale, la figura di Riccardo, l’uomo che accompagna i malviventi nella fuga; un padre all’apparenza preoccupato dallo stato del figlio, che nel corso del film è sempre immerso in un sonno agitato, provocato dalla febbre che lo divora e che entrerà di forza e si ergerà come figura ambigua nel corso delle ultime battute del film, lasciato da Bava volutamente ambiguo.

Riccardo Cucciolla

Tratto da un romanzo di Ellery Queen (pseudonimo adottato dai cugini statunitensi Frederic Dannay e Manfred Bennington Lee) sceneggiato dallo stesso Mario Bava con l’ausilio di Alessandro Parenzo e Cesare Frugoni, Cani arrabbiati è in sostanza un on the road movie con fortissime venature thriller, un genere non molto frequentato da Bava.
Che però gira questo film libero da vincoli e lacci della produzione e che quindi può sbizzarrirsi in modo autonomo nella gestione del film stesso; il ritmo serrato e il fortissimo senso di claustrofobia sono gli elementi portanti di una pellicola che non molla mai la presa, trasportando lo spettatore, anzi sballottandolo attraverso una fuga all’apparenza impossibile, con il terzetto dei malviventi sempre tallonato dalla polizia che però in pratica è invisibile.
La vediamo solo nel garage dal quale è originata la fuga, sentiamo le sirene delle pantere in lontananza quando i tre si impadroniscono con la forza dell’auto di Riccardo, la ritroviamo all’uscita del casello autostradale mentre i poliziotti (presumibilmente) chiedono lumi al casellante.
Poi nulla più.
Un film che è un collage fatto da humour nerissimo e sequenze da brivido, in cui Bava non accenna minimamente discorsi socio politici o latro; a parlare sono solo le gesta dei protagonisti.

La tragica morte dell’autostoppista

A partire dallo psicopatico Bisturi, che uccide a sangue freddo con quella che è la sua arma preferita, lo stiletto per proseguire con un altro psicopatico, quel Trentadue che è forse il personaggio più rozzo e brutale, animalesco.
Il Dottore è cinico e crudele ma appare più equilibrato, ammesso che si possa usare questo termine; a lui quei due compagni di fuga piacciono poco, ma in fondo anche lui non è una mammola e ben presto finirà per condividere le efferatezze dei suoi scellerati compagni di fuga.
L’interno dell’auto, il suo abitacolo, diventano così un microcosmo dominato dalla paura e dalla sporcizia; la paura di Riccardo e Maria, che ben comprendono di avere la loro vita sospesa su un filo sottilissimo, quella dell’autostoppista, che comprenderà ben presto di aver fatto una scelta fatale quando ha chiesto loro un passaggio.Un interno d’auto in cui lo spettatore può sentirsi prigioniero, inspirare quasi il fetore delle camicie dei malviventi madide di sudore, la loro sporcizia mentale.
Su questo Bava costruisce un film forse rozzo, ma terribilmente efficace.

Il “Dottore” ferito a morte

Un film che è una commistione di generi, ma che avvince grazie alla sua atmosfera quasi da noir; alcune scene sono davvero da brivido, come la sequenza all’interno del garage, la già descritta scena in cui Maria iene costretta ad orinare davanti ai due delinquenti eccitati e sudati, con la macchina da presa che cattura anche gli insetti sul volto di Trentadue, l’uccisione dell’autostoppista, la bellissima sequenza finale, nella quale scopriamo un Riccardo che non è affatto migliore dei tre assassini che ha scarrozzato per tanto tempo.
Bava sceglie un cast che potremmo definire minore; il basso budget a disposizione evidentemente non permetteva di largheggiare per cui alla fine l’unica era presenza di rilievo è quella di Riccardo Cucciolla e in parte quella di Maurice Poli, assolutamente impeccabili nella recitazione.Gli altri protagonisti, Luigi Montefiori,Don Backy e Lea Lander completano l’organico; le recitazioni sono volutamente oltre le righe, in particolare quelle di Don Backy e Montefiori alle prese con due personaggi difficili.


Ma alla fine visto il risultato tutti possono essere soddisfatti, in particolare gli spettatori.
Peccato che il film non sia mai uscito nelle sale, privando noi spettatori dell’epoca e sopratutto i numerosi fans del regista ligure della visione di un’opera da grande schermo; la tensione che si prova al cinema è indiscutibilmente superiore a quella della visione home e resterà per sempre il rammarico per una grande occasione perduta.
Il film è disponibile in digitale ed è presente su You tube all’indirizzo http://youtu.be/XXP-zjvP3bs, ed è stato distribuito anche con il titolo Semaforo rosso.
Cani arrabbiati
Un film di Mario Bava. Con Riccardo Cucciolla, Lea Lander, Maurice Poli, Don Backy, George Eastman, Erika Dario, Emilio Bonucci Rabid dogs, durata 96 min. – Italia 1974

Riccardo Cucciolla: Riccardo
Maurice Poli: “Dottore”
George Eastman: “Trentadue”
Don Backy: “Bisturi”
Lea Krueger: Maria
Maria Fabbri: Maria Sbravati
Erika Dario: Marisa
Luigi Antonio Guerra: impiegato della banca
Francesco Ferrini: uomo alla stazione di servizio
Emilio Bonucci: tassista
Ettore Manni: direttore della banca
Pino Manzari: casellante

Frederic Dannay e Manfred Bennington Lee, Ellery Queen

Soggetto Ellery Queen (racconto), Alessandro Parenzo, Cesare Frugoni
Sceneggiatura Alessandro Parenzo, Cesare Frugoni
Produttore Roberto Loyola, Lea Krueger (postproduzione)
Casa di produzione Loyola Films (1974)/Spera Cinematografica (1995)
Fotografia Emilio Varriano, Mario Bava
Montaggio Carlo Reali
Effetti speciali Sergio Chiusi
Musiche Stelvio Cipriani
Costumi Wayne Filnkelman
Trucco Vittorio Biseo, Angelo Roncaioli

Parte della recensione tratta dal sito www.http://ilmiovizioeunastanzachiusa.wordpress.com
“La prima cosa che mi viene in mente ogni volta che penso a questo film di Bava è: peccato. Peccato che un film così magnifico non abbia potuto godere di un più che meritato successo a causa delle disavventure finanziarie che coinvolsero il produttore Roberto Loyola che non potè quindi distribuirlo nelle sale italiane; in pratica qui in Italia nessuno ha mai visto “Cani arrabbiati” al cinema ed è una cosa davvero incredibile, sconcertante…”

Parte della recensione tratta dal sito http://www.alexvisani.com/
“Pellicola dal ritmo serratissimo, quasi interamente girata alla luce del sole, in automobile, con impressionanti momenti di violenza ( tra tutte, probabilmente, quella nella quale due malviventi costringono la donna in loro ostaggio a orinare, stando in piedi ) che sfocia in un finale sorprendente e beffardo. Qualche incertezza nel montaggio ( soprattutto nella parte iniziale ) e qualche ripetitività nella sceneggiatura non rovinano affatto questa pellicola di Mario Bava, qui alla sua terz’ultima regia. Molto bravi gli attori tra i quali figurano Riccardo Cucciola e Luigi Montefiori conosciuto anche come George Eastman”

Parte della recensione tratta dal sito http://bmoviezone.wordpress.com/
“Cani arrabbiati parte come uno dei tanti poliziotteschi dell’epoca (e infatti presenta non pochi parallelismi con Milano odia: la polizia non può sparare, film dello stesso anno di Umberto Lenzi), con la classica rapina ad un portavalori da parte di un manipolo di banditi mascherati e con conseguente sparatoria ed inseguimento in macchina. Incipit a cento all’ora, dunque, ma ancora legato ai cliché del genere che maggiormente andava (insieme al giallo) in quegli anni. Dopo pochi minuti, Bava comincia a fare sul serio: uno dei banditi, in preda alla nevrosi, sgozza senza apparente motivo un ostaggio di fronte ad alcuni agenti di polizia impietriti. Sarà l’inizio di un aberrante vortice di violenza, sporcizia e morte in mezzo al quale Bava trascinerà lo spettatore per tutti i novanta minuti.”



Il peplum, ascesa e tramonto di un genere

$
0
0

Il colosso di Rodi lobby card

Il cinema storico nasce in pratica in concomitanza con l’invenzione stessa del cinema da parte dei fratelli Lumiere; se è vero che la prima proiezione da parte dei fratelli francesi avviene nel 1895 è anche vero che le prime produzioni di un qualche valore si registrano negli anni 10.
In Italia il primo film storico è girato nel 1911, La caduta di Troia di Giovanni Pastrone e Luigi Romano Borgnetto, un prodotto pionieristico, che oggi fa tenerezza ma che testimonia l’interesse dei produttori e quindi del pubblico verso un tipo di spettacoli di pura evasione; non a caso negli anni successivi vennero girati film dai contenuti a sfondo storico o biblico, come Quo vadis? di Enrico Guazzoni,Jone o Gli ultimi giorni di Pompei di Giovanni Enrico Vidali, Cabiria di Giovanni Pastrone.
Questo tipo di produzioni ebbe, nel corso dei decenni successivi, un certo successo che avvicinò al cinema molto pubblico, lo stesso che poi negli anni cinquanta decretò il successo delle mega produzioni hollywoodiane come I dieci Comandamenti di Cecil DeMille del 1956 o il Ben Hur di William Wyler del 1959 seguiti da altre produzioni quasi sempre a sfondo biblico come La tunica, La Bibbia, Il Re dei Re ecc.

Ursus nella valle dei leoni

Ursus nella valle dei leoni

Una regina per Cesare

Una regina per Cesare

Nel nostro paese il film storico ebbe sempre un seguito, che sfociò verso la fine degli anni 50 in un genere a se stante, mutuato dalle produzioni americane anche se girati con molti meno mezzi.
Si tratta del peplum, un termine preso di peso dalla lingua greca mutuata dal latino, ovvero peplo, la tipica veste o tunica usata nell’antica Grecia e che i paesi di origine anglo sassone definirono come sword and sandal, ovvero spada e sandalo.
Il peplum, in Italia, ebbe un successo costante per una decina di anni circa, periodo nel qual vennero prodotti non meno di 10 film per anno, per un totale di pellicole che supera di gran lunga le 100 unità.
Una mole enorme di produzioni, che ebbero una costante precisa, ovvero una certa raffinatezza e qualità verso gli inizi per poi diventare,nel corso degli anni, prodotti a low budget caratterizzati da una progressiva sciattezza delle varie componenti di un film, quindi con cast raccogliticci, scenari utilizzati in più produzioni, sceneggiature al limite del ridicolo.

Ursus il terrore dei Kirghisi

Ursus il terrore dei Kirghisi

Ulisse contro Ercole

Ulisse contro Ercole

Ma nel momento d’oro e di massimo fulgore del peplum, quello che va grosso modo dal 1958 al 1963 si ebbero anche film caratterizzati dalla presenza, nei cast, di molti dei migliori attori e attrici del cinema italiano; alcune di queste ultime iniziarono le loro carriere cinematografiche proprio con i peplum o videro aumentare la propria visibilità in ruoli che spesso erano da protagoniste assolute.
Il peplum saccheggiò in tutti i modi il mondo epico dell’antica Grecia o la storia romana, utilizzando come protagonisti gli eroi della mitologia greca o romana, con incursioni anche nella storia di antichi popoli come gli egizi, i babilonesi, i fenici e via dicendo.
Dall’antica Grecia e dalla sua mitologia venne preso come protagonista di molti film il semidio Ercole, l’Eracle greco e l’Hercules latino, il figlio nato dall’unione fra i dio Giove e la mortale Alcmena, mentre il mitico eroe Maciste è ripreso dal film Cabiria del 1914 diretto da Giovanni Pastrone; dal mondo biblico arriva Sansone, il giudice a cui Dio aveva dato una forza sovrumana, mentre un altro eroe dei peplum, Ursus, arriva dritto dal romanzo di Henryk Sienkiewicz  Quo vadis?, che diverrà anche un film.

Salambò

Salambò

Messalina Venere imperatrice

Messalina Venere imperatrice

Ma ad essere utilizzati sullo schermo sono anche gli eroi dell’Iliade come Achille, dell’Odissea come Ulisse e dell’Eneide come Enea, oltre ai mitici personaggi dell’antica Grecia che possono essere Perseo o gli Argonauti piuttosto che il mondo romano, che vede lo sfruttamento del gladiatore Spartacus e di suo figlio, di Messalina o di Romolo e Remo ecc.
Non c’è limite alla fantasia degli sceneggiatori, che all’inizio propongono storie fantastiche ma con ancora un certo legame con la mitologia classica, come per esempio Le fatiche di Ercole di Pietro Francisci e Ercole e la regina di Lidia, come Maciste nella valle dei re di Carlo Campogalliani per poi passare a film dai titoli e dalle storie assolutamente stravaganti come Zorro contro Maciste di Umberto Lenzi o Totò contro Maciste di Fernando Cerchio, una variante comica della saga del potente eroe di Cabiria.
Dietro la macchina da presa ecco avvicendarsi alcuni dei nomi che avrebbero fatto poi la storia del cinema italiano come Sergio Leone che diresse Il colosso di Rodi nel 1961, Mario Bava che diresse Ercole al centro della Terra sempre nel 1961,Riccardo Freda con Maciste alla corte del Gran Khan del 1961, Sergio Corbucci con Romolo e Remo del 1961.

Maciste nelle miniere di re Salomone

Maciste nelle miniere di re Salomone

Maciste, gladiatore di Sparta

Maciste gladiatore di Sparta

E poi ancora Duccio Tessari, autore di uno dei peplum più belli, Arrivano i titani del 1962,Antonio Margheriti autore di Il sacco di Roma del 1963,Mario Caiano,Alberto De Martino,Domenico Paolella,Alfonso Brescia e tanti altri.
Il peplum quindi è una fucina, nella quale molti registi iniziano o perfezionano il loro mestiere, con esiti a volte esaltanti, altri ancora assolutamente irresistibili.
Ebbene si, perchè i peplum affascinano ma alle volte sono terribilmente comici nella loro sciattezza e povertà; nei peplum degli ultimi periodi, quando ormai il genere mostrava ampiamente la corda, in alcune produzioni le scene di massa sono sostituite da scene con pochissime comparse, con mura fatte in maniera evidente con il cartone e interpretate da attori destinati a scomparire nel nulla nel breve arco di due o tre anni.
Si pensi a produzioni come Gli invincibili fratelli Maciste di Mauri in cui l’eroe preso di peso da Cabiria finisce per avere un fratello oppure ad una delle ultime produzioni peplum come Ercole, Sansone, Maciste e Ursus gli invincibili diretto da Giorgio Capitani dove per attirare spettatori si mettono assieme personaggi che tra l’altro vivono in epoche storiche differenti e in zona geografiche lontanissime l’una dall’altra.

Maciste nella valle dei re

Maciste nella valle dei Re

Ma al di là di questo il peplum resta un fenomeno di massa che per qualche anno monopolizzerà buona parte del pubblico, che è composto per la maggioranza da ragazzi o adolescenti.Si tratta di coloro che sono nati dopo la guerra che affolleranno i cinema che restano il principale strumento di svago per gli italiani.
Il pubblico parteggia per il proprio eroe, che sia Ercole o il gladiatore di turno; i registi, finanziati da produttori che hanno fiutato il vento che tira, regalano al pubblico produzioni di diversa estrazione traportandoli in giro per l’Egitto, attraverso la Grecia o dentro le porte di Roma.
Gli eroi in carne ed ossa che interpretano gli eroi di celluloide si chiamano Mark Forest (che interpretò alcuni Maciste e altri peplum),Kirk Morris (un altro Maciste),Gordon Scott,Steve Reeves, forse l’Ercole più famoso mentre accanto a loro, che hanno fisici da culturisti, scolpiti come marmo agiscono attori del calibro di Rossano Brazzi,Gino Cervi, Giuliano Gemma,Enrico Maria Salerno,Massimo Serato,Giancarlo Sbragia,Riccardo Garrone, Arnoldo Foà,Alberto Lupo ecc. che non hanno il fisico dei vari Ercole e Maciste e ripiegano su ruoli da tiranno quando non da addestratore di gladiatori.
Anche in campo femminile si conta un numero rilevante di bellezze nostrane che si faranno le ossa proprio con i peplum prima di passare a generi meno “leggeri” come Rosanna Schiaffino e Eleonora Rossi Drago,Liana e Moira Orfei,Lea Massari e Gianna Maria Canale e poi ancora Marilu Tolo,Sylva Koscina,Maria Grazia Buccella,Helga Liné,Rosalba Neri…
Ma quali sono i peplum più importanti, quelli più visti e quelli più degni di nota del genere?

Maciste contro il vampiro

Maciste contro il vampiro

Ecco una breve sintesi di titoli :
-Ercole e la regina di Lidia (1959) di Pietro Francisci – con Steve Reeves, Sylva Koscina, Sylvia Lopez, il primo peplum a sbancare i botteghini,con un incasso di quasi un miliardo di lire, ispirato in parte a I sette a Tebe di Eschilo.
Racconta le vicende di Ercole, sposato alla bella Jole (Sylva Koscina) che diventa oggetto delle mire della malvagia Onfale, regina di Lidia decisa a conquistare i regni vicini.
Il film, di ottimo livello, si segnala per la presenza nel cast del regista Nando Cicero, di Gabriele Antonini che comparirà in molti altri peplum di Daniele Vargas e Sergio Fantoni, con un bel commento musicale di Marisa del Frate che interpreta “Con te per l’eternità”

-I giganti della Tessaglia di Riccardo Freda (1960), con Roland Carey, Massimo Girotti, Moira Orfei, Alberto Farnese, uno dei primi peplum a raccontare le vicende di Giasone e degli Argonauti, impegnati a recuperare il vello d’oro.Nel cast compare anche Massimo Girotti.

-Il colosso di Rodi di Sergio Leone (1961) – con Rory Calhoun, Lea Massari, Georges Marchal, forse uno dei più belli e spettacolari, con la famosa sequenza in cui il colosso di Rodi, posto all’ingresso del porto, crolla all’interno del porto stesso.E’ l’unico film di Leone ad avere una soundtrack non composta da Ennio Morricone, in quanto per questo film il grande Sergio si avvalse della collaborazione di Angelo Francesco Lavagnino.

Maciste alla corte dello Zar

Maciste alla corte dello zar

Maciste alla corte del Gran Khan

Maciste alla corte del Gran Khan

-Ercole al centro della Terra di Mario Bava (1961) – con Reg Park, Christopher Lee, Leonora Ruffo, forse il peplum più particolare, con contaminazioni fantascientifiche opera del grande Bava, che racconta il viaggio di Ercole con Teseo e Telemaco nell’Averno, situato ovviamente secondo la mitologia al centro della terra, viaggio necessario per recuperare una pietra dai poteri prodigiosi.

- Romolo e Remo di Sergio Corbucci – con Steve Reeves, Gordon Scott, Virna Lisi, peplum che narra parte della storia leggendaria della fondazione di Roma ad opera dei figli di Rea Silvia fino all’assunzione fra di dei con di Romolo con il nome di Quirino.

-La furia di Ercole di Gianfranco Parolini – con Brad Harris, Brigitte Corey, Mara Berni, Serge Gainsbourg, che racconta della sfida mortale tra il mitico Ercole e l’usurpatore del regno di Cindia Meniste (interpretato dall’attore, cantante e poeta Serge Gainsbourg) con la famosa scena dei ribelli giustiziati tramite lo schiacciamento del cranio provocato dalle zampe di elefanti.

La guerra di Troia (1963) di Giorgio Ferroni – con Steve Reeves, Juliette Mayniel, John Drew Barrymore, Arturo Dominici, che racconta la tradizionale opera omerica con tutti gli eroi della tradione come Achille e Paride, Ulisse e il superstite Enea, che fugge da Troia in fiamme per tentare di fondare con i suoi compagni una nuova città.Nel film ci sono molti caratteristi del peplum come Lydia Alfonsi,Mimmo Palmara,Warner Bentivegna.

Le sette folgori di Assur 1

Le sette folgori di Assur

Il crollo di Roma (1963) di Antonio Margheriti – con Carl Mohner, Loredana Nusciak, Maria Grazia Buccella,Ida Galli, che parte dalle vicende successive alla morte di Costantino il grande per raccontare la fine dell’impero romano

La fenomenologia peplum, come dicevo agli inizi, durò in pratica fino al 1964, dopo di che si esaurì quasi del tutto con qualche eccezione relativa a tarde produzioni degli anni settanta, con titoli come Il ritorno del gladiatore più forte del mondo di Bitto Albertini con Brad Harris protagonista del 1971,La rivolta delle gladiatrici di Joe D’Amato con Pam Grier del 1973,La guerra del ferro – Ironmaster di Umberto Lenzi con Elvire Audray, Williams Berger, Pamela Field, George Eastmann.

Le fatiche di Ercole

Le fatiche di Ercole

Tuttavia i peplum continuarono ad essere proiettati nei cinema ben oltre il 1964; in quegli anni un film aveva una vita cinematografica ben maggiore dei decenni successivi grazie ai cinema di visione successiva, ai cinema parrocchiali o ai dopolavori.
In ultimo vorrei ricordare la presenza di diversi attori molto quotati del cinema internazionale in diverse produzioni peplum, come quelle di Orson Welles in David e Golia di Ferdinando Baldi,di Jayne Mansfield in Gli amori di Ercole di Carlo Ludovico Bragaglia, di Debra Paget in Il sepolcro dei re di Fernando Cerchio, di Jack Palance in Revak, lo schiavo di Cartagine di Pietro Francisci.

001 I peplum banner fotogrammi

La vendetta di Spartacus

La vendetta di Spartacus

La regina dei Vikinghi

La regina dei vichinghi

La guerra di Troia

La guerra di Troia

La calata dei barbari

La calata dei barbari

La battaglia di Maratona

La battaglia di Maratona

Il ratto delle sabine

Il ratto delle Sabine

Il figlio di Spartacus

Il figlio di Spartacus

Il figlio di Cleopatra

Il figlio di Cleopatra

Il Conquistatore di Corinto

Il conquistatore di Corinto

Il colosso di Rodi

Il colosso di Rodi

I 7 gladiatori

I 7 gladiatori

Goliath contro i giganti

Goliath contro i giganti

Gli ultimi giorni di Pompei

Gli ultimi giorni di Pompei

Gli schiavi più forti del mondo

Gli schiavi più forti del mondo

Ercole, Sansone, Maciste e Ursus gli invincibili

 Ercole, Sansone, Maciste e Ursus gli invincibili

Ercole alla conquista di Atlantide

Ercole alla conquista di Atlantide

Ercole al centro della terra

Ercole al centro della terra

David e Golia

David e Golia

Arrivano i titani

Arrivano i Titani

Afrodite, dea dell'amore

Afrodite dea dell’amore

001 I peplum banner lobby card

Sodoma e Gomorra

Salambò lobby card

Sansone e il tesoro degli incas lobby card

Saffo, venere di Lesbo lobby card

Maciste il gladiatore più forte del mondo

Maciste contro i tagliatori di teste lobby card

Maciste alla corte del Gran Khan lobby card

L'ultimo gladiatore lobby card

Le vergini di Roma lobby card

Le sette folgori di Assur

Le gladiatrici lobby card

Le fatiche di Ercole loc.1

L'assedio di Siracusa lobby card

Il sepolcro dei re lobby card

Io, Semiramide lobby card

I conquistatori dell'Oriente lobby card

I 7 gladiatori lobby card

Gli invincibili fratelli Maciste lobby card

Gli invincibili sette lobby card

Ercole e la regina di Lidia lobby card

Ercole contro Moloch lobby card

Ercole contro Roma lobby card

Costantino il grande lobby cardArrivano i titani lobby card

Ursus nella valle dei leoni lobby card

001 I peplum banner flano

I magnifici sette flano

I conquistatori dell'Oriente flano

I giganti di Roma flano

Ercole al centro della terra flano

Costantino il grande flano

Atlantide continente perduto flano

Vulcano figlio di Giove flano

Saffo Venere di lesbo flano

Nefertite regina d'Egitto flano

Le legioni di Cleopatra flano

Le gladiatrici flano

L'assedio di Siracusa flano

La vendetta dei barbari flano

La distruzione di Ercolano

Il figlio di Cleopatra flano

Il conquistatore di Corinto flano

Antinea, l'amante della città sepolta loc.1


Deranged-il folle

$
0
0

Deranged locandina 3

Un giornalista racconta la storia di Ezra Cobb, conosciuto come “il Macellaio di Woodsideun”.
Ezra è un contadino con gravi problemi psichici che un giorno profana il cimitero in cui è sepolta la madre per riesumarla e portarla in casa con se; all’apparenza l’uomo è una persona strana ma accettata dalla comunità, in realtà ben presto si trasformerà dapprima in un necrofilo che riesumerà altri corpi, poi in un serial killer che uccide donne per trasformarle in qualcosa di simile a dame di compagnia.
Sarà fermato dopo aver ucciso una ragazza…

Deranged 4
Ispirato alle terribili gesta di Ed Gein, un serial killer psicopatico e necrofilo, Deranged-il folle è un film diretto dai registi Jeff Gilen e Alan Ormsby nel 1974, che sfruttano la terribile storia del’assassino del Wisconsin per imbastire una storia a basso budget, povera di effetti ma decisamente lugubre e sopratutto carica di un’atmosfera malsana e malata che si respira per tutto il film.
Ed Gein, morto a 78 anni dopo essere stato catturato nel 1957 e condannato al carcere a vita, passò tutta il resto della sua esistenza in un manicomio criminale scampando alla sedia elettrica per il suo stato mentale, che venne definito dagli stessi dottori che lo esaminarono “insano”.
Riprendendo quindi le sue gesta, che hanno ispirato in vario modo film famosissimi come Psycho,Il silenzio degli innocenti e Non aprite quella porta, oltre ad altre produzioni meno riuscite,Gilen e Ormsby creano un film dall’andamento asciutto e carico di tensione, mostrando l’orrore quotidiano che diventa normalità della vita di Cobb/Gein, attraverso il suo macabro rapporto con la morte.

Deranged 6
Cobb vive in una fattoria isolata con sua madre e alla morte di quest’ultima sembra scollarsi definitivamente dalla realtà;quando riesuma il cadavere della madre instaura con esso un rapporto morboso che però mostra come l’uomo sia precipitato nella follia proprio in seguito al decesso della madre.
Cosa che accadde nella realtà a Gein, che era già malato quando era in vita la madre (probabilmente uccise il fratello, ma di questo delitto non venne accusato formalmente) e che aveva ucciso alcune persone; di questi avvenimenti non c’è la prova certa, in quanto fu lo stesso Gein a confessare gli omicidi molto tempo dopo la sua cattura.
Il film quindi segue il percorso di solitudine e follia dell’uomo, mostrando la sua discesa quotidiana nei meandri della follia testimoniata dalla riesumazione di cadaveri dal cimitero, dal primo dei due omicidi mostrati, dai pranzi macabri dell’uomo con i convitati morti seduti regolarmente a tavola fino alla morte della ragazza appesa come un quarto di bue nel capanno di Ez che così verrà rinvenuta dai vicini quando scopriranno lo squallore della vita di quel loro strano vicino.

Deranged 11

 

Deranged 10
Ez, è questo il diminutivo con cui viene chiamato Ezra,un diminutivo che naturalmente riporta a Ed Gein; la finzione cinematografica quindi si avvicina quanto più possibile alla realtà.
Quella di uno psicopatico che, quando venne scoperto, possedeva reperti umani che lui aveva lavorato e modificato; nella casa degli orrori, come venne ribattezzata l’abitazione di Gein, la polizia trovò nasi ed ossa, teste di donna appese in camera da letto quasi fossero trofei, calotte craniche usate come ciotole o posacenere,un tamburo fatto con pelle umana oltre ad altri oggetti decorati con lo stesso materiale.
Un campionario terrificante, ma che proveniva però da corpi di persone già morte.
Perchè in realtà Gein (come del resto mostrato nel film) uccise solo due persone; la sua vera ossessione era la morte, il rituale della sepoltura.

Deranged 14
Nel film sono infatti due le donne uccise, secondo un rituale che la mente folle di Ez concepisce in una escalation che avrebbe provocato molte più vittime se l’uomo non avesse eliminato la commessa della drogheria del paese, cosa che porterà la polizia sulle sue tracce.
Deranged è un film quasi asettico nella sua descrizione delle gesta di Ez,un film costruito in maniera equilibrata che lascia il tempo per assimilare la follia del protagonista, interpretato magnificamente da Roberts Blossom che molti ricorderanno per le partecipazioni a film come Mattatoio 5 (1972), Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977),Fuga da Alcatraz (1979).

Deranged 13
L’attore statunitense è sobrio e asciutto in un ruolo molto difficile, esasperato anche dalla staticità del film stesso, che è basato tutto sulla descrizione ambientale e psicologica più che sull’azione.
Bene il resto del cast, anche perchè in questo caso funziona davvero da contorno.
Deranged è un film di difficile reperibilità in rete, mentre in tv per quanto ne sappia è passato solo un paio di volte; è disponibile tuttavia in verione digitale e merita di sicuro una visione.

Deranged-Il folle
Un film di Jeff Gillen, Alan Ormsby. Con Roberts Blossom, Cosette Lee, Robert Warner, Marcia Diamond, Titolo originale: Deranged: Confessions of a Necrophile Usa 1974 Horror, durata 84 min

Deranged banner gallery

 

Deranged 7

 

Deranged 8

 

Deranged 9

 

Deranged 3

 

Deranged 2

 

Deranged 1

 

Deranged 15

Deranged banner personaggi

Roberts Blossom: Ezra Cobb
Cosette Lee: Ma Cobb
Leslie Carlson: Tom Sims
Robert Warner: Harlon Kootz
Marcia Diamond: Jenny Kootz
Brian Smeagle: Brad Kootz
Arlene Gillen: Miss Johnson
Robert McHeady: Sceriffo
Marian Waldman: Maureen Selby
Jack Mather: Ubriaco
Micki Moore: Mary
Pat Orr: Sally

Deranged banner cast

Regia:Jeff Gillen, Alan Ormsby
Sceneggiatura:Alan Ormsby
Musiche: Carl Zittrer
Montaggio: Jack McGowan
Art Direction:Albert Fisher
Costumi: Elizabeth Leroy

Deranged banner recensioni

La recensione dell’utente Movieman tratta dal sito http://www.filmtv.it
Deranged, che col passare degli anni è diventato un mini-cult, è presentato come una ricostruzione di fatti realmente accaduti (le gesta di Ed Gein, ma i nomi sono stati cambiati e Gein diventa Ezra Cobb) con l’introduzione affidata ad un (fittizio?) giornalista che si concede anche qualche altra intrufolata-comparsata a mo’ di ulteriore narrazione. Il tutto con un sottile humor nero che pervade anche altri momenti del film i quali hanno la meglio sulla dimensione gore o splatter, sebbene non manchi qualche scena forte. Probabilmente, di tutte le trasposizioni cinematografiche sul macellaio di Plainsfield, questa (scarna, asciutta, lenta) è la più fedele per la descrizione dell’ambiente e dei personaggi.

La recensione dell’utente Neurotico tratta dal sito http://www.filmscoop.it
Inquietante e disturbante film sullo psicopatico Ed Gein. Essenziale nella sua linearità senza nessuna concessione a sensazionalismi, spettacolarismi o enfatiche messe in scena. Infatti lo stile è a metà tra taglio documentristico e approccio normale. Lo sguardo di ghiaccio da alienato, disturbato e complessato (a causa dell’educazione deviata e repressiva della madre, piena di fisime sessuali derivate dalla benedetta religione) del protagonista Ezra Cobb alias Roberts Blossom resta davvera impresso nella mente come un che di allucinante e terrificante.

La recensione di Alessandro Cruciani tratta da http://www.cinesuggestions.blogspot.it
Questo onesto b-movie insieme ad altre più famose pellicole liberamente ispirate agli eventi (vedi Psycho e Non aprite quella porta) è la trasposizione della vita di Ed Gein, il macellaio di Pleinfield che sconvolse le cronache americane con i suoi atti nefasti.
A metà quindi tra la fiction ricostruita per la televisione e b-movie puro, il film trasporta lo spettatore, senza utilizzare grandi effetti speciali o musiche particolarmente efficaci, nella vita dell’uomo, nella disturbante atmosfera della sua abitazione e nei luoghi più nascosti della sua folle psiche.
È forse proprio l’apparente povertà della messa in scena che accresce quel senso di reale e di disagio nei confronti di una storia tanto assurda quanto – in effetti – vera, realmente accaduta.
L’interpretazione di Blossom nei panni di Ezra riesce poi a catturare lo spettatore con la sua innocenza; la tranquillità con la quale si rivolge al cadavere della madre va di pari passo con la stessa semplicità con cui espone al suo amico i metodi migliori per conservare un corpo.
Lo sguardo da folle si sposa perfettamente all’atmosfera malata che si respira durante la visione del film, tra un pranzo con cadaveri, una pseudo seduta spiritica e un inseguimento nel bosco.

Deranged banner foto

 

Deranged locandina 6

Deranged locandina 5

 

Deranged locandina 4

 

Deranged locandina 2

 

Deranged locandina 1

 

Deranged lobby card 2

 

Deranged lobby card 1

 

Deranged foto 1


Frustation (Turbamento carnale)

$
0
0

Turbamento carnale locandina 2

Adele è una bellissima e taciturna donna che vive con sua sorella Agnes e suo cognato Michel, un medico, in una fattoria isolata nelle campagne francesi.
E’ un’esistenza tranquilla, quella che vivono i tre riuniti sotto lo stesso tetto: un ambiente borghese perfetto, con la coppia di coniugi che rispetta Adele, che si rende utile in mille modi nella gestione domestica.
Eppure qualcosa turba la donna; spesso sente i giochi amorosi tra i due coniugi, ricavandone un forte turbamento.
Ben presto Adele si crea un mondo immaginario, nel quale si vede protagonista di fantasie erotiche sempre più sfrenate; dapprima inizia a vedere i due coniugi alle prese in molte variazioni del sesso, per poi sentirsi protagonista dei sogni stessi.

Turbamento carnale 16
Immagina una relazione con suo cognato, dal quale è fortemente attratta, poi immagina di essere protagonista di sevizie sadiche nei confronti di ragazze ad opera di misteriosi monaci, infine arriva a fantasticare una relazione incestuosa con sua sorella.
E’ proprio Agnes il principale problema di Adele, la vede come una rivale, ma al tempo stesso crea una vera e propria sovrapposizione della sua personalità con quella della sorella.
Le sue fantasie diventano sempre più sfrenate, mentre la personalità assume contorni sempre più indecifrabili; in una scena immagina di salire al piano superiore della casa e di aprire le porte del piano stesso, dietro le quali ci sono Agnes e Michel intenti in rapporti sessuali ogni volta differenti.

Turbamento carnale 15

 

Turbamento carnale 14
Il senso di frustrazione di Adele cresce nella misura in cui crescono le fantasie sessuali:ben presto la donna non è più in grado di porre un freno alla sua psicologica dipendenza da queste emozioni artificiali e deciderà per una soluzione dall’esito drammatico…
Frustation, diretto da Josè Benazeraf nel 1971 venne distribuito in Italia soltanto nel 1976 con il titolo sciagurato di Turbamento carnale;per quanto si tratti di una pellicola a sfondo esplicitamente erotico, l’erotismo stesso del film ha una sua logica di esistere legata alla vicenda personale di Adele, una donna profondamente frustrata a causa anche della assoluta solitudine in cui vive la propria esistenza.
Il vivere rinchiusa in una casa isolata, il dover condividere la propria vita con una coppia di sposi dalla vita sentimentale e sessuale profondamente appagata come quella che esiste tra Agnes e Michel porta Adele, di per se già profondamente legata a sua sorella con la quale ha un rapporto di quasi totale identificazione, a sviluppare una sessualità morbosa che non trovando sfogo in azioni reali inizia a vivere nei meandri della psiche di Adele.

Turbamento carnale 13

Turbamento carnale 12
Che arriva a immaginare situazioni via via sempre più eroticamente estreme ma che lasciano la donna stessa priva di reale soddisfazione.
Benazeraf, regista sicuramente abile e buon conoscitore delle tecniche cinematografiche avvolge la pellicola in un’atmosfera perversa ma freddissima: le fantasie di Adele sono esplicite, ma prive di qualsiasi soddisfazione, per cui le immagini che scorrono non hanno nessuna carica erotica reale, ma sembrano fredde esposizioni di corpi intenti a compiere gesti meccanici.
Il film ha ovviamente un andamento lentissimo, descrittivo; sia i sogni onirici di Adele, sia i suoi gesti quotidiani avvengono in maniera meccanica.
Vediamo quindi la donna alle prese con un quotidiano noioso e ripetitivo, fatto di gesti quasi sempre uguali, misurati.
Adele sembra trarre linfa solo dal suo immaginario, che però non fa altro che esasperare il suo senso di frustrazione.
Benazeraf coglie questi momenti con sapienza, rallentando il ritmo senza però rendere la pellicola narcotica;realtà e sogno finiscono per confondersi, tanto da lasciare immaginare una vera interazione tra inconscio e reale, quasi non ci fosse più un confine tra l’esistenza reale e quella immaginata.

Turbamento carnale 11
Un film di un certo valore, quindi, a totale dispetto di quanti considerano Benazeraf un cineasta capace di girare solo film erotici e in altre occasioni hard.
Il regista nato a Casablanca, morto l’anno scorso alla veneranda età di 90 anni, è stato fra i più prolifici autori di pellicole a sfondo erotico nel periodo che va dalla fine degli anni 60 alla metà degli anni 80; sono 83 le pellicole da lui dirette e solo pochissime sono state distribuite in Italia, complice anche la tematica da lui sviluppata, ovvero l’indagine sull’eros che ha, nel corso degli anni, virato verso un cinema più voyeuristico e meno impegnato.
Uscito in Italia solo nel 1976 a causa del contenuto e delle immagini che contiene, Frustation è un buon film pur nei limiti di un prodotto a basso costo e girato con mezzi artigianali.
Un film difficilissimo da reperire, almeno nella versione digitale, che permette di apprezzare al meglio sia l’atmosfera nel quale è immerso il film sia la performance della splendidaJjanine Reynaud, non nuova a interpretazioni scabrose.Basti ricordare al tal pro i film di Jess Franco Succubus e Delirium, oppure Giochi d’amore di un’aristocratica di Michel Lemoine, che in questo film interpreta Michel, cognato di Adele.

Turbamento carnale 10

Turbamento carnale 9
La Reynaud è spigolosa, intensa, sensuale: la sua splendida criniera leonina appare e scompare nel film, quasi a simboleggiare le due nature di Adele.
Con i capelli raccolti la Reynaud ha un’aria quasi virginale, quando li scioglie si trasforma in un essere sensualissimo.
Nel cast figura anche Elizabeth Teissier, che interpreta Agnes con professionalità.
Il film come già detto è praticamente introvabile, mentre una sua proiezione televisva è quanto meno improbabile; nella rete è possibile visionarlo in versione probabilmente completa ma solo in lingua originale.

Frustation (Turbamento carnale), un film di Josè Benazeraf, con Janine Reynaud, Elizabet Teissier, Michel Lemoine.Thriller erotico, Francia 1971

Turbamento carnale banner gallery

 

Turbamento carnale 8

 

Turbamento carnale 7

 

Turbamento carnale 6

 

Turbamento carnale 5

 

Turbamento carnale 4

 

Turbamento carnale 3

 

Turbamento carnale 2

 

Turbamento carnale 1

 

Turbamento carnale banner personaggi

Janine Reynaud … Adélaïde (Adele)
Michel Lemoine … Michel
Elizabeth Teissier … Agnès

Turbamento carnale banner cast

Regia: Josè Benazeraf
Soggetto: Josè Benazeraf,Michel Lemoine
Musiche:Camille Sauvage
Fotografia:Georges Strouvé

Turbamento carnale banner foto

 Turbamento carnale foto 7

Turbamento carnale foto 6

Turbamento carnale foto 5

Turbamento carnale foto 4

Turbamento carnale foto 2

Turbamento carnale foto 1

Turbamento carnale foto 3

Turbamento carnale locandina 3

Turbamento carnale locandina 1

Turbamento carnale locandina 4


A doppia faccia

$
0
0

A doppia faccia locandina 2

In un incidente d’auto, evidentemente doloso,muore la ricca Helen.
La polizia indaga e punta il dito sul marito della defunta,John Alexander, che in qualità di unico erede è chiaramente il maggior sospettato.
Mentre qualcuno costruisce prove false, John crede di riconoscere la defunta moglie in un’attrice che ha girato un film pornografico…
Plot scarno ed essenziale questo, per non rivelare in anticipo la trama di un film, A doppia faccia, che richiede una visione attenta per essere gustato appieno; un film però, lo dico subito, pieno di difetti e di pause, tributario in maniera fin troppo evidente del celebre La donna che visse due volte di Alfred Hitchcock.
Diretto da Riccardo Freda, che nell’occasione utilizza il suo abituale pseudonimo di Robert Hampton, A doppia faccia è tratto dal romanzo The face in the night di Edgar Wallace, uno degli scrittori di gialli più saccheggiati della storia del cinema.

A doppia faccia 15

 

A doppia faccia 14
In questa occasione Freda fa scrivere il soggetto a Lucio Fulci, che nello stesso anno presenterà la sua variazione sul tema della moglie morta-forse viva, quel Una sull’altra che alla resa dei conti si rivelerà essere ben al di sopra dell’opera di Freda.
Il film non è da gettare, in quanto la mano del regista di Alessandria d’Egitto c’è e si vede, ma è anche inficiato dal basso budget utilizzato per girare la pellicola, cosa che si traduce in un paio di sequenze davvero dilettantesche, come la ricostruzione dell’attentato nel quale muore Helen (con modellini di auto utilizzati in modo da gridar vendetta) e nella scena dell’incidente ferroviario nella quale è evidentissimo l’uso di trenini di una nota e rinomata marca.

A doppia faccia 12

 

A doppia faccia 11
Reduce dallo spaghetti western La morte non conta i dollari del 1967, Freda si cimenta con il giallo per il suo ultimo film del decennio sessanta.
Su un plot non particolarmente indovinato, a tratti farraginoso e comunque già visto altre volte, Freda costruisce un film a corrente alternata, in cui eccellenti sequenze come quella in cui John Alexander vaga per i bar di una Londra fumosa e compassata cercando di recuperare la sua mente sconvolta dalla visione del film in cui ha creduto di aver rivisto la moglie, si susseguono sequenze davvero improponibili come quelle citate in cui la mancanza di mezzi non è accompagnata da una mano felice.
Forse la cosa migliore del film è davvero il cast, nel quale figurano l’onnipresente Klaus Kinskj, presenza abituale del nostri cinema, Margaret Lee, la bella Christiane Kruger e Annabella Incontrera; Kinskj è John Alexander, il personaggio principale del film, l’uomo sospettato di aver ucciso la moglie per biechi motivi economici e che alla fine si scoprirà essere vittima di una congiura ben architettata, è attore di razza, a dispetto della sua cattiva fama sui set.
Kinskj era uno degli attori che i registi meno amavano, perchè aveva un carattere ombroso e bizzoso e contemporaneamente era uno dei partner più detestato dai rimanenti attori delle varie produzioni.

A doppia faccia 10

 

A doppia faccia 9
L’attore di origine polacca in soli 5 anni, nel periodo tra il 1965 e il 1969 girò 30 film, diventando quindi una star dei b movie, prima di passare a opere di ben altro livello negli anni successivi; sui vari set si comportava da prima donna, creando spesso problemi nelle lavorazioni delle pellicole.
L’impianto generale del film è abbastanza debole, per cui Freda, già alle prese con un budget risicatissimo è costretto a barcamenarsi alla men peggio, inserendo nel film elementi pruriginosi che costeranno al regista stesso qualche problema con la censura.
Tuttavia la grande esperienza del regista riesce in qualche modo a tenere a galla un film che girato da altri si sarebbe risolto in un fallimento senza appelli; grazie alla professionalità del cast, alla buona fotografia, alla celebre canzone di Nora Orlandi che è il tema conduttore del film (non dirmi una bugia, non voglio creder più, il gioco è ormai finito, lo vedi hai vinto tu/esco dalla tua vita, così come vuoi tu, finita è la partita, non giocherò mai più/dimmi la veritàà, ormai non m’ami più, lo dicon gli occhi tuoi, lo devi dire tu…) la pellicola, pur tra intoppi di vario genere riesce a mantenere un livello decoroso.

A doppia faccia 8
A meritare la piena sufficienza è l’ambientazione londinese, sicuramente elegante nella sua psichedelia raccolta con intelligenza da Freda in una serie di sequenze che restano la cosa migliore del film.
A doppia faccia è un film che in tv è apparso molto di rado mentre è facilmente reperibile in rete in un’ottima qualità digitale; è presente anche su You tube in versione digitale con sottotitoli in francese.

A doppia faccia banner filmscoop
A doppia faccia
Un film di Riccardo Freda (Robert Hampton). Con Klaus Kinski, Annabella Incontrera, Franz Kruger,Margaret Lee, Gastone Pescucci, Barbara Nelli, Ignazio Dolce,Sidney Chaplin, Giallo, durata 84 min. – Italia 1969.

A doppia faccia banner gallery

 

A doppia faccia 7

 

A doppia faccia 6

 

A doppia faccia 5

 

A doppia faccia 4

 

A doppia faccia 3

 

A doppia faccia 2

 

A doppia faccia 1

A doppia faccia banner personaggi

Klaus Kinski: John Alexander
Christiane Krüger: Christine
Margaret Lee: Helen Alexander
Sydney Chaplin: Mr. Brown
Annabella Incontrera: Liz
Günther Stoll: Ispettore Steevens
Luciano Spadoni: Ispettore Gordon
Barbara Nelli: Alice

A doppia faccia banner cast

Regia Riccardo Freda
Soggetto Lucio Fulci, Romano Migliorini, Gianbattista Mussetto (dal romanzo The Face in the Night di Edgar Wallace)
Sceneggiatura Riccardo Freda, Paul Hengge
Fotografia Gábor Pogány
Montaggio Anna Amedei, Jutta Hering
Musiche Nora Orlandi

A doppia faccia banner foto e locandine

A doppia faccia foto 6

A doppia faccia foto 4

A doppia faccia foto 3

A doppia faccia foto 2

A doppia faccia foto 1

A doppia faccia foto 7

A doppia faccia foto 5

A doppia faccia locandina romanzo

A doppia faccia locandina 4

A doppia faccia locandina

A doppia faccia locandina 3

A doppia faccia lc6

A doppia faccia lc5

A doppia faccia lc4

A doppia faccia lc3

A doppia faccia lc2

A doppia faccia lc1

A doppia faccia locandina soundtrack


Contronatura (1969)

$
0
0

Contronatura locandina 5

Sei persone, in viaggio su un auto, sono in viaggio per raggiungere Brighton, località nella quale Sir Archibald Barrett deve recarsi per consegnare ad un giudice dei documenti che lo renderanno proprietario del patrimonio di suo cugino, Richard Wright, che l’uomo dovrebbe ereditare rendendo ancor più cospicuo il suo notevole patrimonio.
Nell’auto, con Archibald, viaggiano il contabile dell’uomo,Ben Taylor in compagnia della moglie Vivian oltre al fattore Alfred che è a sua volta accompagnato dall’amante,Margareth e l’autista dell’auto.
Un violento temporale imperversa sul tratto che il gruppo sta percorrendo con la conseguenza di far impantanare l’auto nel fango.
Mentre infuria la tempesta d’acqua,Alfred scorge alla luce dei lampi uno chalet.

Contronatura 2

 

Contronatura 1
All’interno dello stesso ci sono due persone, Uriah e sua madre Herta, che al momento dell’arrivo del gruppo sono vicino al camino immerso nella penombra.
Uriah mostra di conoscere Archibald, definito dallo stesso “l’uomo più ricco della contea“;nel frattempo l’anziana Hertha è immersa in uno stato di trance, causata secondo il racconto di Uriah da un’interruzione della catena di una seduta spiritica alla quale la donna partecipava.
Nel frattempo il gruppo si riduce a sette persone; l’autista infatti decide di sfidare il temporale per andare a cercare un auto per allontanarsi da quel posto tetro in cui sembra accadere qualcosa di strano.
Hertha infatti esce dal suo stato catatonico per pronunciare il nome del defunto Richard Wright, l’uomo che ha lasciato ad Archibald i suoi beni.

Contronatura 3
Uriah riesce a convincere il gruppo a formare una catena in modo da permettere a sua madre di uscire definitivamente dallo stato in cui si trova e lo snob Archibald, con una risata, accetta.
Ma la seduta spiritica si rivelerà una trappola mortale, per il gruppo.
Hertha, poco alla volta, rivela durante la trance l’oscuro passato di ciascuno dei componenti del gruppo;quello di Alfred che, scoperto in un momento di intimità con la sua amante Margareth provocò la morte della legittima moglie,quello di Vivian, che si era infatuata della bella moglie del defunto Richard Wright, quello di Archibald che per denaro aveva avvelenato Wright lasciando credere a Ben Taylor di esserne il responsabile e infine il passato di quest’ultimo, che si lasciò incolpare della cosa per nascondere l’oscura colpa di Vivian.
Da quel momento tra i cinque inizia una specie di resa dei conti che….

Contronatura 7

 

Contronatura 6
E’ decisamente un bel film Contronatura, diretto a Antonio Margheriti nel 1969 sotto lo pseudonimo di Antony Dawson; un gotico con tracce horror e circondato da un’aura di sovrannaturale che verrà più chiaramente spiegata nell’illuminante e tragico finale.Un film ispirato liberamente al racconto di Dino Buzzati Eppure bussano alla porta, pubblicato nella raccolta La boutique del mistero.
Un film tutto d’atmosfera, nel quale grazie ad un sapiente uso del flashback si conoscono tutti i particolari delle vite private dei cinque ospiti dello chalet, che apprenderemo essere uno dei luoghi nelle disponibilità del neo erede sir Archibald che lo ha ereditato da Richard Wright.
Proprio attraverso l’uso del flashback impariamo a conoscere il passato segreto e tragico dei protagonisti, attraverso continui andirivieni tra il presente lugubre e angosciante, testimoniato anche dal furibondo temporale che imperversa nella zona e dalla profonda immersione nella penombra della scena principale, che vede i sette personaggi muoversi nell’angusta stanza dello chalet, nel quale troneggia il tavolo al quale sono seduti Sir Archibald e Ben.

Contronatura 10

 

Contronatura 11
L’implacabile voce di Hertha fa da trait d’union fra passato e presente, ricordando ai presenti le nefandezze commesse.
La macchina da presa di Margheriti si muove così con lentezza sui volti dei protagonisti, mentre rivedono nella mente un passato terribile fatto di delitti di ogni genere, indugiando anche su una scena avulsa da quella principale, ovvero l’improvvisa passione che agita Vivian verso Margareth, che culminerà in una scena saffica alla quale Margareth resisterà dopo un iniziale abbandono.
Attraverso l’implacabile voce di Hertha, vediamo quindi le gesta terribili di cui si sono resi responsabili i protagonisti, con la relazione proibita tra Alfred e Margareth, l’infatuazione innaturale di Vivian per la bella moglie di Richard ecc.
Il film si muove così mostrando la corruzione morale dei protagonisti, nessuno dei quali è immune da peccati tremendi.
E alla fine, quasi in un giudizio apocalittico, vedremo gli squallidi protagonisti della storia o meglio, delle storie ricavare il giusto castigo.

Contronatura 12

 

Contronatura 13
Gran merito della riuscita del film va ascritto alle ottime prove del cast che Margheriti sceglie per il film; pur non essendo composto da attori di primo piano, il cast stesso fa cose egregie diretto benissimo da Margheriti.
Bene quindi Giuliano Raffaelli che interpreta il velenoso (in tutti i sensi) Sir Archiblad, cosi come ottimi sono Luciano Pigozzi nel ruolo del diabolico Uriah e Claudio Camaso in quello di Alfred.
Ottimo anche il cast femminile, composto da tre brave attrici come Marianne Koch (Vivian), Dominique Boschero ( Margareth) e Helga Anders, che interpreta la fintamente angelica Elizabeth; chiude il gruppo l’impenetrabile ed enigmatica Marianne Leibl nel ruolo di Hertha.

Contronatura 14
Davvero ottima la fotografia di Riccardo Pallottini mentre a Margheriti, che cura contemporaneamente soggetto, sceneggiatura e regia va riconosciuto il merito di aver creato un’opera di vera suspence senza utilizzare effetti speciali o splatter.
Contronatura è un film che è possibile vedere su You tube all’indirizzo http://youtu.be/kwkS3yttEhs in una versione di discreto livello; un’opera che consiglio vivamente di non perdere.

Contronatura (Unnaturals), un film di Antonio Margheriti (Anthony Dawson), con Joachim Fuchsberger,Marianne Koch,Dominique Boschero,Helga Anders,Luciano Pigozzi Gotico/Thriller, Italia 1969 Titolo originale Schreie in der Nacht

Contronatura banner gallery

 

Contronatura 5

 

Contronatura 4

 

Contronatura 9

 

Contronatura 8

 

Contronatura 15

 

Contronatura 16

Contronatura banner personaggi

Joachim Fuchsberger : Ben Taylor
Marianne Koch : Vivian Taylor
Helga Anders : Elizabeth
Claudio Camaso : Alfred
Luciano Pigozzi : Uriat
Dominique Boschero : Margareth
Giuliano Raffaelli : Sig. Barret
Marianne Leibl : Sig.ra Uriat

Contronatura banner cast

Regia Antonio Margheriti
Soggetto Antonio Margheriti
Sceneggiatura Antonio Margheriti
Produttore Franco Ciferri, Artur Brauner
Fotografia Riccardo Pallottini
Montaggio Otello Colangeli
Effetti speciali Antonio Margheriti
Musiche Carlo Savina
Scenografia Fabrizio Frisardi

Contronatura banner recensioni

L’opinione dell’utente Cotola, dal sito http://www.davinotti.com:
Splendido gotico italiano, intriso di mistero ed in cui lo spettatore è catapultato sin dai primi minuti in un luogo dalle atmosfere tese e putrescenti, rimanendone invischiato e non riuscendone ad uscirne se non alla fine. Tecnicamente molto valido, può contare su una buona sceneggiatura e su un ottimo ritmo. Poi c’è quella scena…chissà che il buon Kubrick non ne abbia tenuto conto. Quando si dice un gran film di genere.

L’opinione dell’utente Ciavazzaro dal sito http://www.davinotti.com:
Il miglior horror di Antonio Margheriti per uno dei migliori gotici italiani, tutto basato sul tema della vendetta e della giustizia “soprannaturale”. Si respira un’aria davvero inquietante, grazie all’ambiente in cui si svolgono le vicende (l’isolato villino) e le straordinarie musiche di Carlo Savina, che verranno usate successivamente in numerosi altri film. Nota d’onore anche per il cast (su cui spiccano la bellissima Dominique e Luciano Pigozzi). Notevole il finale.

L’opinione dell’utente wega dal sito http://www.filmscoop.it:
Se per una buona parte “Contronatura” sembra essere una noiosa storia di fantasmi di genere, rivela l’ eccellente lavoro di Margheriti nel secondo tempo. Al di là dell’ ottima ricostruzione storica il film è costruito con un sapiente uso del flashback e del montaggio parallelo, col quale la medium ci porta ogni volta nella dimensione parallela di un passato corrotto o criminoso dei protagonisti della vicenda. Mescolando abilmente giallo, erotismo e horror, e abbondonandone qualsiasi approccio gore, la tematica principale è il passato che riemerge per inghiottire il presente, che si esemplifica anche a livello figurativo nel splendido e notevole finale.

L’opinione del sito http://www.exxagon.it
Ritenuto da alcuni il miglior film di Margheriti, Contronatura è una ghost story di gusto gotico insolito, senza segrete né ragnatele ma di notevole atmosfera. Se la prima parte del film può risultare un po’ lenta questo limite vien meno con l’inizio dei flashback che rivelano i torbidi retroscena delle vite dei protagonisti. Margheriti evita l’effetto truculento per concentrarsi sulla costruzione dei personaggi e sulla vita di questi che con le loro bassezze e le loro vite equivoche sono assolutamente in linea con i temi dello spaghetti thriller in voga negli anni ’60. Diverse le scene erotiche a tono lesbo che però viste con occhio moderno non esaltano più di tanto. Curata invece la realizzazione tecnica, soprattutto la fotografia di Riccardo Pallottini. L’intrigo che lega i personaggi ha toni prosaici ma il film termina in una dimensione metafisica niente male e non del tutto prevedibile. Abbastanza solide le interpretazioni.

Contronatura banner foto e locandine

Un ringraziamento sentito al sito dbcult.com dal quale provengono alcune immagini del film

Contronatura foto scena 9

Contronatura foto scena 8

Contronatura foto scena 7

Contronatura foto scena 6

Contronatura foto scena 5

Contronatura foto scena 4

Contronatura foto scena 3

Contronatura foto scena 1

Contronatura foto scena 2

Contronatura locandina 4

Contronatura locandina 3

Contronatura locandina 2

Contronatura locandina

Contronatura lobby card 4

Contronatura lobby card 3

Contronatura lobby card 2

Contronatura lobby card 1


Viewing all 719 articles
Browse latest View live