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Note di cinema parte terza

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Terza parte della serie di articoli dedicati alle soundtrack cinematografiche,rubrica ideata da Dylva.
Abbiamo scelto,questa volta,una serie di brani di gran successo,alcuni dei quali ormai diventati veri e propri cult indistinguibili dai film in cui sono inseriti.
Dylva ha anche selezionato,l’unico presente in questa raccolta, un brano non famosissimo,scritto e cantato dal grande Sergio Endrigo.Una canzone da riscoprire,molto bella e in anticipo sui tempi.
Prossimamente,in un numero speciale,parlero’ delle soundtrack strumentali,forse ancor più legate ai film perchè quasi sempre
composte appositamente per essi.


1 Who Wants to Live Forever,The Queen
Who Wants to Live Forever,The Queen 1986 dal film Highlander l’ultimo immortale

There’s no time for us
There’s no place for us
What is this thing that builds our dreams, yet slips away from us

Who wants to live forever
Who wants to live forever . . . . . ?
Oh ooo oh
There’s no chance for us
It’s all decided for us
This world has only one sweet moment set aside for us

1 Highlander foto

Sean Connery e Cristopher Lambert in Highlander l’ultimo immortale

Chi vuole vivere per sempre?,chiede il titolo della canzone,in riferimento esplicito al protagonista del film
Highlander l’ultimo immortale diretto da Russell Mulcahy nel 1986,Conner MacLeod,lo scozzese che scopre di essere
l’ultimo immortale della terra,una condanna più che un privilegio.
La splendida voce di Freddie Mercury modula un brano strepitoso,composto da Brian May,cantante e curiosamente astrofisico che lo compose
durante un tragitto in taxi.
La canzone accompagna le commoventi scene in cui Connor MacLeod,da immortale,si trova costretto ad assistere
all’invecchiamento ed alla morte della sua amata moglie Heather MacLeod.
Fra le cover del brano,divenuto con il passare degli anni un cult,ci sono la versione splendida di Sarah Brightman e quella della nostra Giorgia.
Il pezzo fa parte dell’album A Kind of Magic ed è anche presente nel Greatest hits dei Queen

1 Freddie Mercury

Freddy Mercury

1 Highlander locandina banner

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8 Mani bucate Sergio Endrigo

Mani bucate, Sergio Endrigo 1965 dal film Io la conoscevo bene di Antonio Pietrangeli

Non hai saputo tenerti niente
Neanche un amico sincero
Avevi tanto e hai sempre dato
Tutto a nessuno
Tutto hai perduto anche il mio cuore
Buttato via dalle tue mani
Mani bucate

Ora lo sai
Nessuno torna indietro
E io non sono più io
E’ inutile che pensi a me

Adesso piangi adesso chiedi
Un po’ d’amore sincero
Un po’ d’amore per il tuo cuore
Solo e malato
Non c’è nessuno che ti dia un fiore
Né una mano per le tue mani
Mani bucate

8 Io la conoscevo bene foto

Stefania Sandrelli nel film Io la conoscevo bene,di Pietrangeli


Mani bucate è una delle canzoni più belle del cantautore di origine istriana Sergio Endrigo, un musicista che ha avuto un ruolo fondamentale nel rinnovamento della canzone italiana e nella nascita della feconda stagione dei cantautori degli anni ’70, con la sua miscela di costruzione classica e temi innovativi. Il brano uscì nell’estate del 1965 e fu pubblicato su un 45 giri assieme alla canzone Teresa, quest’ultima “frutto d’autunno” dello stesso anno. Questo bellissimo pezzo musicale veniva inserito nella pellicola di Pietrangeli, uscita nelle sale nel dicembre del 1965. Il film è sicuramente una delle migliori opere cinematografiche degli anni ’60, risultato della bella sceneggiatura scritta, tra gli altri, da Ettore Scola, e dell’ottima performance della splendida Stefania Sandrelli, accanto alla quale compaiono alcuni tra i migliori attori italiani. Il commento musicale veniva firmato da Piero Piccioni. Per di più, il tema musicale veniva arricchito dalle voci di Mina, Peppino di Capri, Sergio Endrigo, Gilbert Becaud e molti altri. “Mani bucate” accompagna una scena suggestiva in cui Adriana (Stefania Sandrelli), seduta davanti allo specchio, ascolta la canzone con uno stato d’animo malinconico.

8 Sergio Endrigo

Sergio Endrigo

8 Io la conoscevo bene banner

Banner del film Io la conoscevo bene

2 Let It Be,The Beatles

Let It Be,The Beatles dal film Let It Be – Un giorno con i Beatles 1969

When I find myself in times of trouble
Mother Mary comes to me
Speaking words of wisdom, let it be.
And in my hour of darkness
She is standing right in front of me
Speaking words of wisdom, let it be.

Let it be, let it be.
Whisper words of wisdom, let it be.

And when the broken hearted people
Living in the world agree,
There will be an answer, let it be.
For though they may be parted there is
Still a chance that they will see
There will be an answer, let it be.

2 Let It Be foto

I Beatles nel film Let It Be – Un giorno con i Beatles

Nel 1969 il regista inglese Michael Lindsay Hogg dirige un film documentario,Let It Be – Un giorno con i Beatles per celebrare l’ultimo concerto dei leggendari scarafaggi,tenuto sul tetto della Apple Records.
Il brano portante,Let it be,è considerato uno dei 10 pezzi più importanti della musica leggera di sempre;composta da Paul McCartney con probabile partecipazione di John Lennon,venne premiata con un Oscar meritatissimo nella cerimonia degli Academy Awards tenutasi il 15 aprile 1971 a Los Angeles, al Dorothy Chandler Pavilion.
Let it be venne incisa in varie versioni dai Beatles e dopo lo scioglimento del gruppo divenne un cavallo di battaglia sia di McCartney che di innumerevoli interpreti.
Nel film la versione cantata da Paul vede un cambiamento nelle strofe finali,dove le parole “speaking words of wisdom” vengono sostituite da “there will be an answer“.
Tra tutte le cover eseguite nei decenni successivi,segnalo quella di Ray Charles e quella di Eric Burdon.
Let it be è il canto del cigno dei Beatles,essendo l’ultimo brano da loro pubblicato.

2 The Beatles

The Beatles

2 Let It Be locandina film banner

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3 Calling you,Jevetta Steele

Calling you,Jevetta Steele 1987 dal film Baghdad Cafè

A desert road from Vegas to nowhere
Some place better than where you’ve been
A coffee machine that needs some fixing
In a little caf just around the bend

I am calling you
Can’t you hear me?
I am calling you

A hot dry wind blows right through me
The baby’s crying and I can’t sleep
But we both know a change is coming
Coming closer, sweet release

3 Bagdad cafè

Una scena dal film Bagdad Cafè

Una splendida canzone per uno splendido film,diretto nel 1987 da Percy Adlon.
La voce ipnotizzante della Steele,unità ad una musica in sottofondo mai invadente,la quasi totale
assenza di strumentazione nel rif sono la magica alchimia di un brano senza tempo.
Inserita in una compilation fortunatissima della serie Montecarlo night’s,a sua volta ripresa
dalle trasmissioni della radio omonima monegasca,conobbe uno straordinario successo che sicuramente
si riversò sul film,rendendolo popolare.
Brano utilizzato da tantissimi artisti,come Celine Dion,George Michael,Nathalie Cole,Barbra Streisand e la nostra Elisa.
Candidato agli Academy awards del 1989,il brano venne battuto di un soffio da Let the River Run, musica e testo di Carly Simon per il film Una donna in carriera (Working Girl)

3 Jevetta Steele

Jevetta Steele

3 Bagdad cafè locandina banner

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4 (Everything I Do) I Do It for You,Brian Adams

(Everything I Do) I Do It for You,Brian Adams  dal film Robin Hood principe dei ladri  1991

Look into my eyes – you will see
What you mean to me
Search your heart – search your soul
And when you find me there you’ll search no more
Don’t tell me it’s not worth tryin’ for
You know it’s true
Everything I do – I do it for you

4 Robin Hood foto

Kevin Kostner,protagonista del film

Brano struggente,ipnotico inciso da Brian Adams nel 1991 con la collaborazione di Robert John Lange,amico personale e produttore del cantante di Kingston e con musiche di Michael Kamen.
Un testo decisamente a sfondo sentimentale,molto semplice nella struttura (cerca nel tuo cuore,cerca nella tua anima,e quando mi trovi li non mi cercherai mai più) ma con una musica sicuramente avvolgente a cui da vigore la voce rauca e da chansonnier di Adams.
Anche questo pezzo venne candidato per gli Oscar del 1992,ma venne sconfitto dal tema portante del film Disney La bella e la bestia.
Considerata una delle prime cento canzoni d’amore più belle di sempre,ha curiosamente avuto pochissime cover.
E’ stato il brano più venduto in molte nazioni,dall’Australia al Regno unito mentre in Italia si fermò al secondo posto.

4 Brian Adams

Brian Adams

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5 Unchained Melody,Righteous Brothers

Unchained Melody,Righteous Brothers 1965 dal film Ghost di Jerry Zucker 1990

Oh, my love
My darling
I’ve hungered for your touch
A long lonely time
Time goes by so slowly
And time can do so much
Are you still mine?
I need your love
I need your love
God speed your love to me
Lonely rivers flow to the sea, to the sea
To the open arms of the sea
Lonely rivers sigh wait for me, wait for me
I’ll be coming home wait for me
Oh, my love
My darling
I’ve hungered for your touch
A long lonely time

5 Ghost film

Una scena d’amore tratta dal film Ghost

Nel 1955 Alex North compose la musica di Unchained melody,il cui testo venne scritto da Hy Zaret.
La canzone ebbe immediatamente successo tanto da essere riproposta da molti artisti,fino al 1965 quando venne incisa dai Righteous Brothers che le dettero visibilità mondiale.
Il testo,di impostazione sentimentale,ha una struttura semplicissima,tanto da sfiorare la banalità.
“Oh amore mio, tesoro mio
Sono affamato del tuo tocco
Da tanto tempo, un tempo solitario
E il tempo passa così lentamente
E il tempo può fare così tanto,
Sei ancora mia?
Ho bisogno del tuo amore…
Ma nel mondo della musica alle volte la semplicità paga immediatamente e la scelta da parte dei Righteous Brothers di usare un coro a due voci come introduzione unita alla musica accattivante divennero un’arma vincente.
Ad oggi si contano oltre 500 cover del brano,da parte di artisti grandissimi come Elvis Presley,gli U2 o i Platters.
Scelta dal regista Jerry Zucker come tema portante del film sentimentale Ghost,ne divenne componente fondamentale tanto da contribuire in maniera determinante al successo planetario del film,riportando così in classifica,a distanza di 25 anni,la versione più famosa,quella appunto suonata dai Righteous Brothers.
Unchained Melody ha fatto incetta di premi nel corso degli anni;nel 1956,appena uscita venne cantata da Harry Belafonte e arrivò alla serata degli Oscar grazie al film Senza catene nel quale era inserita,senza tuttavia vincere. Per la cronaca a trionfare,quella notte fu un altro celebre tema d’amore,Love Is a Many-Spendored Thing di Sammy Fain dal film L’amore è una cosa meravigliosa

5 Righteous Brothers

Righteous Brothers

5 Ghost film locandina banner

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6 Everybody Needs Somebody to Love

Everybody Needs Somebody to Love,The Blues Brothers,dal film omonimo di John Landis,1980

Everybody needs somebody
Everybody needs somebody to love (someone to love)
Sweetheart to miss (sweetheart to miss)
Sugar to kiss (sugar to kiss)
I need you you you
I need you you you
I need you you you In the morning
I need you you you When my soul’s on fire

6 The blues brothers foto

Una scena dal film

Un brano scatenato composto nel 1964 da Solomon Burke e ritornato in auge nel 1980 grazie all’irresistibile
interpretazione del duo John Belushi e Dan Aykroyd in The Blues Brothers; i due,armati semplicemente della loro carica di simpatia e di un lookdivenuto leggendario la cantano davanti ad un pubblico estasiato.
Il film,snobbato dalla critica americana che parlò di “saga presuntuosa” e di “imbecille stramberia” venne viceversa apprezzato all’estero così tantoche ben presto divenne un cult.
La canzone parte con un testo recitato su uno sfondo musicale in crescendo;poi le voci dei due attori si sovrappongononel fortunato refrain I need you you you creando un’atmosfera di autentica allegria che non può non contagiare chi ascolta il brano.
Lo stesso Solomon Burke,che aveva scritto la canzone venne invitato da Mick Jagger a fare da session man nella serie di concerti che i Rolling Stones tennero nel 2002-2003.
Everybody Needs Somebody to Love è solo uno dei tantissimi pezzi presenti nella colonna sonora di The Blues Brothers ma,con il passare degli anni, ha finito per diventare l’emblema del film stesso,così come ormai leggendarie sono le figure dei due attori interpreti del film,il compianto John Belushi e Dan Aykroyd.
A riprova di questo,si pensi che The Blues Brothers,sfidando la miopia dei critici americani dell’epoca è oggi considerato uno dei 500 filmpiù importanti della storia del cinema e che Everybody Needs Somebody to Love è ancora cantata come sottofondo per numerosi programmi tv,utilizzata come jingle pubblicitario
e cosa ancora più stupefacente citata in molte chiese americane come esempio di solidarietà per il suo contenuto di valori.

6 Everybody Needs Somebody to Love Belushi e Akroyd

Belushi e Akroyd

6 The blues brothers banner

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7 Slave to love,Bryan Ferry

Slave to love,Bryan Ferry 1985,dal film 9 settimane e mezzo di Adrian Lyne,1986

Tell her I’ll be waiting
In the usual place
With the tired and weary

There’s no escape
To need a woman
You’ve got to know

How the strong get weak
And the rich get poor
You’re running with me

Don’t touch the ground
We’re restless hearted
Not the chained and bound

7 Nove settimane e mezzo foto

Nel 1985 Bryan Ferry,orfano del suo storico gruppo Roxy music,pubblica il primo single da solista,
Slave to love,cogliendo un clamoroso successo di vendite.Il brano,ritmato e con un ritornello accattivante,
cattura subito l’attenzione del grande pubblico e si piazza in molte classifiche di tantissimi paesi.
Adrian Lyne sceglie questo disco per la sua commedia erotico/soft 9 settimane e mezzo,che se vogliamo con il brano di Cocker You can leave your hat on e quello degli Eurythmics This city never sleeps è l’unica cosa di rilievo dell’intero film,escludendo il formidabile sex appeal di Kim Basinger.
Altri registi scelgono il brano di Ferry come soundtrack;tra di essi segnalo Polanski e il sio Luna di fiele,Duncan Gibbins regista di Tra due fuochie Miami vice,serie tv.
Alla chitarra solista compare Guy Fletcher,”prestato” dai Dire Straits al loro amico Ferry.
Una curiosità sul cantante di Washington (cittadina del nord Inghilterra da non confondersi con la capitale americana);prima di diventareun apprezzato cantante con i Roxy Music si è laureato a Newcastle in belle arti e in seguito è diventato un insegnante di ceramica,lavoro lasciato definitivamente per dedicarsi alla musica.

7 Bryan Ferry

Bryan Ferry

7 Nove settimane e mezzo locandina banner

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Cinema:pensieri,parole e parolacce-Speciale Bud Spencer

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Questa è un’edizione particolare di Cinema:pensieri parole e parolacce,la rubrica ideata e condotta da Dylva.
E’ un omaggio ad un attore fuori dagli schemi,un uomo buono,un gigante dal cuore tenero.
Bud Spencer.
Molti di noi sono cresciuti guardando quel volto arcigno sul quale affiorava un sorriso ironico e dolce,ammirando la sua forza fisica,la sua elegante e mai volgare prosa.
Abbiamo imparato ad amare i suoi personaggi scanzonati;in coppia con il suo grande,inseparabile amico Terence Hill ha allietato i nostri pomeriggi al cinema,in tv.
Tante generazioni si sono susseguite dal quel lontano 1954 in cui comparve in un ruolo marginale nel film Siluri umani con il suo vero nome Carlo Pedersoli.
Per noi però è stato sempre Bud Spencer,alle volte Bambino o anche Piedone.
Sempre pronto a combattere i cattivi con uno sganassone,ad infilarsi in una rissa per difendere i più deboli.
Tante risa,tante ore di divertimento.
E lui sempre sorridente,o con lo sguardo corrucciato che nascondeva il suo inguaribile buon umore.
Perchè era un brav’uomo anche fuori dallo schermo.
Ci mancherà Bud Spencer.
Quello di Dylva e il mio è un piccolissimo omaggio ad un attore che ci ha divertiti e fatto trascorrere momenti spensierati; un attore che amiamo entrambi.
Uso il presente perchè se lui non c’è più,ci sono i suoi film a ricordarci la sua figura umana e dalla grande simpatia.
Ciao Bud.

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1 I quattro dell'Ave Maria foto

– Me ne torno nell’Oregon, mi compro una bella fattoria, un po’ di bestiame, non troppo,
e me ne resta tanto da campare di rendita almeno cent’anni. Rendita.
Ma ci pensi che cos’è una rendita? Uno mette il denaro in banca e ogni mese la banca gli
paga gli interessi. Tu dormi e intanto gli interessi maturano.
Tu vai a pesca e gli interessi aumentano. E il capitale resta intatto.
Mh, non compro neanche il bestiame, mi costruisco soltanto una bella casetta.
E il resto lo piazzo in banca e aspetto gli interessi. E se qualcuno mi viene a dire:
“Senti, Hutch, ci sarebbe un lavoretto da fare”, giuro che gli stacco la testa dal collo.
Dormi?
– Se stessi un po’ zitto forse ci riuscirei!
– Beato chi riesce a capirmi. Abbiamo le mani su una montagna di cocuzze,
e regolari per giunta. E per lui è come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Lui dorme. Dorme!

Dal film I quattro dell’Ave Maria di Giuseppe Colizzi (1968)

2 Lo chiamavano Trinità foto

– Senti Bambino, non prendertela per… .
– Non chiamarmi Bambino!
– Ah no? E come dovrei chiamarti?
– Non chiamarmi proprio, neanche se stai per affogare!

Dal film Lo chiamavano Trinità di Enzo Barboni (1970)

3 continuavano a chiamarlo Trinità foto

– È la tua prima confessione, figliolo?
– Già… E se è così scomodo è anche l’ultima!
– Dimmi tutto, figliolo.
– Tutto che?
– Scusa, non sei venuto per confessarti?
– Sì… Anche per quello.
– E per cos’altro sei venuto?
– Per vedere se assolvi anche me!
– Prima devi confessarti, e poi io ti assolverò.
– Ma stai attento, fratello, tieni il becco chiuso!
– A parte me stesso, solo Lui lo saprà.
– No, o resta fra noi due o non se ne fa niente!

Dal film … continuavano a chiamarlo Trinità di Enzo Barboni (1971)

4 ... più forte ragazzi foto

– Ricezione pessima, ricezione pessima! Il punto stimato è… glielo do esatto?
– Sì, sì, tanto noi proseguiamo.

Dal film … più forte ragazzi di Giuseppe Colizzi (1972)

5 Anche gli angeli mangiano fagioli foto

– È la prima volta che uccidi.
– No, e tu?
– Te l’ho detto no, tremeresti se ti dicessi… .
– Non me lo dire che è meglio… .

Dal film Anche gli angeli mangiano fagioli di Enzo Barboni (1973)

6 Porgi l'altra guancia foto

Ave Maria benedettum seculorum buttagli la luce del faro in faccia, amen.

Dal film Porgi l’altra guancia di Franco Rossi (1974)

7 Il soldato di ventura foto

Tredici buffoni italiani contro tredici cacasotto francesi.

Dal film Il soldato di ventura di Pasquale Festa Campanile (1976)

8 I due superpiedi quasi piatti foto

Sì, ma vedi, tu hai ragione ma se io non mangio non vado al cesso e
se non vado al cesso cambio carattere, perdo il buon umore e divento…
divento… dispettoso.

Dal film I due superpiedi quasi piatti di Enzo Barboni (1977)

9 Piedone l'africano foto

– Voi due venite qua, portate via sta monnezza!
– Rizzo e che diamine , se usi gli autobus perchè le nostre auto ti vanno strette di spalle
fagli almeno revisionare i freni!
– Squillante ma chi ti ha dato la patente?
– Nessuno Commissà, non so guidar !
– … e mò me lo dici ?

Dal film Piedone l’africano di Steno (1978)

10 Pari e dispari foto

Non sta bene prendersela con quelli più piccoli, e non sta bene ficcare la faccia della gente dentro le torte…
specie quando le torte sono mie… .

Dal film Pari e dispari di Sergio Corbucci (1978)

11 Lo chiamavano Bulldozer foto

– Salve che cosa prende?
– Una frittata.
– Con una o due uova?
– Dodici!
– Ehm… dodici?!? La vuole con le cipolle?
– Eh… no, troppo pesante.

Dal film Lo chiamavano Bulldozer di Michele Lupo (1978)

12 Uno sceriffo extraterrestre foto

Non riesco proprio ad immaginarlo un mondo senza la musica… 

Dal film Uno sceriffo extraterrestre di Michele Lupo (1979)

13 Io sto con gli ippopotami foto

– Sono veloci, eh? Centotrenta all’ora!
– Ma alcune erano ferme.
– Sembrano ferme… .
– Ma non puoi fermare questa tua maledetta autobus?
– Non si può, la savana è pericolosa.
– A noi piace il pericolo.
– E a me no!

Dal film Io sto con gli ippopotami di Italo Zingarelli (1979)

14 Chi trova un amico trova un tesoro foto

Siamo soli! E per il momento non ti ammazzo perché mi potresti servire come cibo!

Dal film Chi trova un amico trova un tesoro di Sergio Corbucci (1981)

15 Bomber foto

– Ma davvero le piace così tanto il mare a lei?
– Beh, quando è calmo sì.
– E quando è agitato?
– Quando è agitato lo calmo io!

Dal film Bomber di Michele Lupo (1982)

16 Banana Joe foto

– Manuel, tu sei un ladro!
– Sì, sì, sì, è vero, è vero.
– E un ladro non può essere ministro!
– Ah, ah, ah! ma Joe, in che mondo vivi. Un ladro non può essere ministro ?!?
– Perché? Un ladro può essere ministro?
– Eh!
– Beh allora sono proprio ignorante. È vero, dovrò andare a scuola!

Dal film Banana Joe di Steno (1982)

17 Cane e gatto foto

– Allora, saresti scappato dalla stanza attraverso il balcone,
e entrato in un’altra stanza dell’albergo, sempre al quarto piano,
dove hai assistito a un omicidio mafioso.
Dei killers professionisti ti hanno inseguito per tutta Palm Beach
senza prenderti e hai saltato con l’automobile un cantiere stradale.
Io poi ti ho arrestato, ti ho messo le manette, ti ho consegnato al sergente del
primo distretto di Polizia di Miami. Ma tui dici che è corrotto.
E ha fatto arrivare quattro mafiosi, ai quali tu sei sfuggito guidando con una mano sola
e l’altra ammanettata. Be’, se questo è vero io sono Liza Minnelli!
– Allora tu hai da cantà perché è a verità!
– Sta’ a sentire, qui l’unica cosa è che hai rovinato le mie vacanze e adesso ti
porto al primo posto di polizia, chiaro!?

Dal film Cane e gatto di Bruno Corbucci (1983)

18 Nati con la camicia foto

– Tu ti ricordi come è successo, vero?
– Sì, sì, ricordo, il giudice non ha trovato carino che tu abbia sganciato una
trave di cemento in testa a tua suocera…
lo sai come sono fatti questi giudici, no?!

Dal film Nati con la camicia di Enzo Barboni (1983)

19 Non c'è due senza quattro foto

Il capobanda è finito nella merda, e poi anche il sicario, come si chiama? (…)
-Tango, è finito nella merda, pure lui.
Ma la cosa più importante è che il mandante è affogato nella merda! Chiaro?

Dal film Non c’è due senza quattro di Enzo Barboni (1984)

20 Botte di Natale foto

– Buongiorno, ti sei svegliato finalmente!
– Non ho sentito il canto del gallo… te lo sei mangiato?!

Dal film Botte di Natale di Terence Hill (1994)

Tre

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1 I quattro dell'Ave Maria locandina

2 Lo chiamavano Trinità locandina

3 continuavano a chiamarlo Trinità locandina

4 ... più forte ragazzi locandina

5 Anche gli angeli mangiano fagioli locandina

6 Porgi l'altra guancia locandina

7 Il soldato di ventura locandina

8 I due superpiedi quasi piatti locandina

9 Piedone l'africano locandina

10 Pari e dispari locandina

11 Lo chiamavano Bulldozer locandina

12 Uno sceriffo extraterrestre locandina

13 Io sto con gli ippopotami locandina

14 Chi trova un amico trova un tesoro locandina

15 Bomber locandina

16 Banana Joe locandina

17 Cane e gatto locandina

18 Nati con la camicia locandina

19 Non c'è due senza quattro locandina

20 Botte di Natale locandina

 


Andavamo al cinema-Parte sesta

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Sesto appuntamento con il viaggio nel passato alla riscoperta delle vecchie sale cinematografiche italiane. In questi anni di paziente ricerca di immagini e di documentazione su quello che era l’aspetto “fisico” dei vecchi cinema italiani sin dagli albori dell’invenzione dei fratelli Lumiere,ho notato nei vari siti che pubblicano le foto che vedete nella serie di articoli “Andavamo al cinema” una tendenza diffusa verso un sentimento molto pericoloso,la nostalgia. Certo,è più che giusto e naturale provare un senso di rimpianto per quelli che comunemente ( e con un po troppa retorica) vengono chiamati “bei tempi andati”. Ma alla fine occorre prendere atto che tutto è mutato,il cinema non è più quello in bianco e nero o quello delle sale periferiche,dei quattro spettacoli giornalieri e dei flani,delle locandine pompose e dei milioni di spettatori che affollavano le sale. Quel mondo si è dissolto e rimpiangerlo serve davvero a pochissimo.Lo stesso (consentitemi la disgressione) in fondo vale anche per tutti i campi dell’umano;nostalgia e rimpianto sono trappole emotive molto pericolose,che distolgono dal futuro e sopratutto dal presente,l’unica cosa che in fondo conta veramente.Del resto la filosofia greca ben insegnava giudicando un esercizio inutile e dannoso il rifugiarsi nel passato,vista l’impossibilità di modificare lo stesso invitando a concentrarsi sui propositi per il domani. Il cinema ha mutato pelle,come del resto la musica,l’arte e tutte le forme di umana creatività che probabilmente ha espresso quasi tutto quello che c’era da dire con il linguaggio comunicativo che conosciamo.Il futuro riserverà altro;forse a cinema non si andrà più e tutto sarà reso con sistemi oggi ancora sconosciuti e nemmeno ipotizzabili.Ma,francamente,è un problema che non interessa se non come mera speculazione fine a se stessa.Tornando ad oggi,ecco la consueta galleria;spero di non aver sbagliato le denominazioni e le località in cui le sale erano ubicate,in questo caso vi invito caldamente a segnalarlo,ricordando che potete postare senza più moderazione e tempi di attesa.

Cine arena Astra Vicenza

Cinema Arena Astra Vicenza

Cine Massimo trieste

Cinema Massimo Trieste

Cine teatro Corallo Verona

Cinema Teatro Coralllo Verona

Cine Teatro Excelsior Milano

Cinema Teatro Excelsior Milano

Cine Teatro Farnese Borgo val di taro

Cinema Teatro Farnese Borgo Val di Taro (Parma)

Cine Teatro Fusco Taranto

Cinema Teatro Fusco Taranto

Cine Teatro Garden Chianciano terme

Cinema Teatro Garden Chianciano Terme (Siena)

Cine Teatro Iris Pizzighettone (Co)

Cinema Teatro Iris Pizzighettone (Como)

Cine Teatro Maria Napoli

Cinema Teatro Maria Napoli

Cine Teatro Metropolitan Catania

Cinema Teatro Metropolitan Catania

Cine Teatro Nuovo Crema

Cinema Teatro Nuovo Crema

Cine Teatro Principe Milano

Cinema Teatro Principe Milano

Cine Teatro Sarullo Agrigento

Cinema Teatro Sarullo Agrigento

Cine Teatro Umberto di Savoia Salerno

Cinema Teatro Umberto di Savoia Salerno

Cine Teatro Verdi Crevalcore

Cinema Teatro Verdi Crevalcore (Bologna)

Cine Teatro Verdi Sestri Ponente

Cinema Teatro Verdi Sestri Ponente (Genova)

Cinema Alce Milano

Cinema Alce Milano

Cinema Alfieri Costigliole d'Asti

Cinema Alfieri Costigliole d’Asti (Asti)

Cinema Ariston Enna

Cinema Ariston Enna

Cinema Ariston Potenza

Cinema Ariston Potenza

Cinema Astra Salerno

Cinema Astra Salerno

Cinema Cristallo Villafranca d'Asti

Cinema Cristallo Villafranca d’Asti (Asti)

Cinema Diana Bergamo

Cinema Diana Bergamo

Sala Cine Teatro Palladium Roma

Sala Cine Teatro Palladium Roma

Sala Cine Teatro Spinelli Finale Emilia

Sala Cine Teatro Spinelli Finale Emilia (Modena)

Sala Cinea Politeama Acqui terme

Sala Cine Teatro Politeama Acqui Terme (Alessandria)

Sala Cinema Comunale Blefiore (Mn)

Sala Cinema Comunale Belfiore Mantova

Sala Cinema Italia Venezia

Sala Cinema Italia Venezia

Sala interna Cinema Castelnuovo Magra (La Spezia)

Sala internna del cinema di Castelnuovo Magra di La Spezia


Ingrid sulla strada

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Ingrid sulla strada locandina 1

La giovane e bella Ingrid è diretta a Roma,dopo aver subito violenza da suo padre.
Sul treno che dalla finnica Rovaniemi porta in Italia,la ragazza si lascia sedurre da un uomo accettandone la ricompensa in denaro.
Dopo l’arrivo nella città eterna,Ingrid girovaga per la città,affascinata dalla sua bellezza e incontra casualmente la prostituta Claudia che
la carica su una carrozzella.
Tra le due c’è subito amicizia e complicità;Claudia la introduce nel suo ambiente,facendogli conoscere un pittore con il quale ha una relazione.
Alcune esperienze singolari attendono le due compagne di avventura,come l’incontro con un degenerato,Urbano,che con la complicità della moglie
instaura un improbabile rapporto a 4 a sfondo necrofilo.
Successivamente Ingrid fa la conoscenza del pappone di Claudia,il brutale e psicopatico Renato che,per vendicarsi dell’evidente disprezzo che da subito la ragazza mostra per lui,la fa violentare dai suoi uomini,con Claudia che perde la vita nel tentativo disperato di aiutarla.
Sconvolta,Claudia si uccide.
Brutto senza appello questo Ingrid sulla strada,diretto da Brunello Rondi nel 1973.

Ingrid sulla strada 1

Ingrid sulla strada 2
Ad un inizio anche lirico,con Ingrid che raggiunge la stazione tra candidi paesaggi innevati,si oppone il sordido e violento mondo romano,descritto dal regista come coacervo di tutti i peggiori vizi.
La parte centrale del film poi rasenta la narcosi profonda,sopratutto nell’episodio che vede le due donne partecipare ad una grottesca orgia con un degenerato e maturo cliente.
Il finale è sin troppo violento,un vero colpo di frusta che nelle intenzioni vorrebbe stigmatizzare l’ipocrita ambiente della capitale,all’apparenza elegante e nella realtà sordida e viziosa.
Invece il tutto appare come un ibrido mal amalgamato,in perenne bilico fra la farsa e la tragedia,con personaggi caricati all’inverosimile di vizi e sopratutto moralmente abietti e disadattati,asociali.
In equilibrio assolutamente precario tra il Pasolini delle borgate e la Roma da cartolina,il film deraglia quasi subito per eccesso di cinismo e per l’irrealtà dei personaggi mostrati.

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La Agren, che interpreta la finnica Ingrid,è solo un bel volto gelido e algido mentre la Coluzzi (Claudia) dovrebbe essere un personaggio che ispira simpatia e che nella realtà,invece,appare ancor più censurabile degli altri,fatta eccezione per l’improponibile Citti,descritto come un satanasso senza morale e senza umanità.
Un sadico pervertito che maschera la propria carica di violenza con atteggiamenti da folle nazista nascosto nemmeno bene da intellettuale dei poveri.
Un film senza capo e sopratutto senza coda,un ritratto inverosimile e non credibile di una realtà che forse potrebbe anche appartenere agli anni settanta e alla capitale,ma che viene resa con un linguaggio e con una filmica inverosimili.
Rondi per l’ennesima volta cicca clamorosamente la palla e fa autogoal;accadrà con il pretenzioso I prosseneti scendendo ancora più in basso con Valeria dentro e fuori e sopratutto con Velluto nero.
Un cinema,il suo,molto arrogante e poco concreto.
Non bastano le buone intenzioni e una discreta tecnica per creare opere degne di essere ricordate;Rondi è poco più che un artigiano,peraltro presuntuoso.
Mescolare la poesia espressa dal paesaggio selvaggio con la brutalità dell’urbano richiede una sapiente opera alchemica,ovvero la capacità di passare da una realtà all’altra con discrezione e non ex abrupto.

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Film quindi di scarso o nullo valore,nonostante l’esaltazione di qualche critico e di una manciata di adoratori del regista valtellinese,del quale non salverei nemmeno gli attori,fatta eccezione forse per Enrico Maria Salerno,alle prese con un personaggio odioso e ridicolo,che però esprime con la consueta bravura ed eleganza.
Buona la fotografia,innocue e dimenticabili le musiche di Carlo Savina
Il film è presente su Youtube in una splendida versione all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=Gvp-cj3bmIY

Ingrid sulla strada

Un film di Brunello Rondi. Con Janet Agren, Enrico Maria Salerno, Franco Citti, Francesca Romana Coluzzi,Marisa Traversi, Bruno Corazzari, Fred Robsham, Luciano Rossi Drammatico, durata 92 min. – Italia 1974

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Janet Agren: Ingrid
Franco Citti: Renato
Francesca Romana Coluzzi: Claudia
Bruno Corazzari: il pittore
Luigi Antonio Guerra: uomo della gang di Renato
Fulvio Mingozzi: padre di Ingrid
Alessandro Perrella: giornalista
Luciano Rossi: il traditore
Enrico Maria Salerno: Urbano

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Regia Brunello Rondi
Sceneggiatura Brunello Rondi
Produttore Carlo Maietto
Casa di produzione Thousand Cinematografica
Fotografia Stelvio Massi
Montaggio Marcello Malvestito
Musiche Carlo Savina

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Opinioni tratte dal sito http://www.davinotti.com

Luchi78

Dalla Lapponia con furore, alle botticelle con i coatti che fanno battute in tipico stile romanesco. Il salto è troppo ardito e il film perde subito la verve acquisita con
l’ottimo inizio. Non bastano poi le scene di violenza sostenute da un Citti non troppo nella parte, per non parlare di Salerno decisamente fuori luogo. Neanche le due protagoniste,
la Agren e la Coluzzi, riescono ad esprimersi a buoni livelli: la prima troppo trattenuta, la seconda troppo “alla romana”. Insomma, un film non riuscito.
Daidae

Mediocrissimo film che parte in quinta (la sequenza sul treno è favolosa) ma si sfalda appena Ingrid arriva a Roma. Assurdi i personaggi della Coluzzi ma sopratutto di Citti che, nonostante reciti bene,
è poco credibile nel ruolo del capo di una banda di neonazi-papponi-terroristi. In particolar modo la politica sembra una forzatura; “stupenda” la battuta del compagno che indica in papa Giovanni XXIII
il mandante dell’attentato! Totalmente fuori posto anche Enrico Maria Salerno. Film molto mediocre che, forse, ha come unico pregio i primi 5 minuti e gli ultimi 3.

Schramm

Chissà dove ha battuto la testa Rondi prima di mettersi a girare questo non plus ultra dello scultissimo coabitato da un sordido Citti -fisionomicamente beniano, in quest’occasione- che lo risolleva un pochino,
ma cinto d’assedio dalle armate del ridicolo a ogni minuto: bastino per tutti i dialoghi cacciati in bocca a Salerno, naufragante in situazioni che sono un inno all’umorismo involontario.
L’opinione di mm40 dal sito http://www.filmtv.it

Si tratta di un film senz’altro ‘alla Rondi’: intento di denuncia, sguardo rivolto alle problematiche sociali, ma poca fantasia e un’attrazione irrisolvibile verso le morbosità. Già dal titolo si intuisce che quella di Ingrid non sarà una storia felice;
brava la protagonista Agren (che è in realtà svedese e non finlandese), affiancata da un tris di ottimi nomi come Salerno, che ha poco più che un cameo, la Coluzzi e Citti (Franco), doppiato fra l’altro da Oreste Lionello. Soggetto e sceneggiatura di Rondi,
con apice della storia nella scena-shock del taglio della lingua di un ‘infame’. Echi di Pasolini (complice anche la presenza di Citti)? Ma Pasolini aveva una leggerezza nella narrazione che non sfiora neppure l’apparato grottesco e macchinoso di Rondi.

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Cinema:pensieri,parole e parolacce-Parte ventitreesima

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Con questo numero di Pensieri,parole e parolacce,Dylva si congeda temporaneamente per la tradizionale pausa estiva.Come spiritosamente fa notare,il cinema non va in vacanza,lei si.Filmscoop continuerà invece ad essere regolarmente aggiornato;tornando a questo numero,sono tante  le citazioni d’autore fra le quali ho scelto quella tratta dal  felliniano La voce della luna che recita testualmente:”Eppure io credo che se ci fosse un po’ più di silenzio, se tutti facessimo un po’ di silenzio,forse qualcosa potremmo capire… “.Il silenzio,qualcosa che oggi sembra davvero perduto.Troppe grida,troppa cacofonia,troppi clamori.Invece abbiamo bisogno di recuperare,di percepire quello che ci circonda.Buone vacanze alla nostra amica Dylva,che ringrazio per l’ennesima volta…

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1 Il settimo sigillo foto

Perché non è possibile cogliere Dio coi propri sensi? Per quale ragione si nasconde tra mille e mille promesse
e preghiere sussurrate e incomprensibili miracoli? Perché io dovrei avere fede nella fede
degli altri? Che cosa sarà di coloro i quali non sono capaci né vogliono avere fede?
Perché non posso uccidere Dio in me stesso? Perché continua a vivere in me sia pure in modo vergognoso e
umiliante anche se io lo maledico e voglio strapparlo dal mio cuore?
E perché nonostante tutto egli continua a essere uno struggente richiamo di cui non riesco a liberarmi?

Dal film Il settimo sigillo di Ingmar Bergman (1957)

2 La voce della luna foto

Eppure io credo che se ci fosse un po’ più di silenzio, se tutti facessimo un po’ di silenzio,
forse qualcosa potremmo capire… 

Dal film La voce della luna di Federico Fellini (1990)

3 La stanza del vescovo foto

Maffei, ma lo sa che in certi particolari momenti la tinca mi fa piangere? Mi commuove. Fin da ragazzo mi inteneriva.
Anche le tette, eh! Il culo, invece, mi fa ridere!

Dal film La stanza del vescovo di Dino Risi (1977)

4 A Beautiful Mind foto

È soltanto nelle misteriose equazioni dell’amore che si può trovare ogni ragione logica.
Io sono qui grazie a te. Tu sei la ragione per cui io esisto.
Tu sei tutte le mie ragioni.

Dal film A Beautiful Mind di Ron Howard (2001)

5 Romeo e Giulietta foto

Che cosa c’è in un nome? Quella che noi chiamiamo rosa, con un nome diverso avrebbe lo stesso
profumo.

Dal film Romeo e Giulietta di Franco Zeffirelli (1968)

6 American Hustle foto

Sentivo come se ci fosse un segreto che conoscevamo solo noi due, sapete com’è…
Quando hai voglia di stare sempre con un’altra persona e senti che tu e lei capite
qualcosa che non capisce nessun altro.
Avrei potuto raccontarle tutto di me. Non avevo mai trovato una persona così in vita mia.
Sentivo che finalmente avrei potuto essere veramente me stesso senza vergognarmi,
senza essere in imbarazzo.

Dal film American Hustle di David O. Russell (2013)

7 Giungla d'asfalto foto

Il delitto non è che uno degli aspetti della lotta per la vita.

Dal film Giungla d’asfalto di John Huston (1950)

8 Alla mia cara mamma nel giorno del suo compleanno foto

Non sentivo musica così bella da quel concerto per i sordomuti!

Dal film Alla mia cara mamma nel giorno del suo compleanno di Luciano Salce (1974)

9 I corpi presentato tracce di violenza carnale foto

Le ho uccise, le ho fatte a pezzi come bambole.

Dal film I corpi presentato tracce di violenza carnale di Sergio Martino (1973)

10 La ragazza con la pistola foto

Un vero uomo deve provarci e una vera donna deve resistere…

Dal film La ragazza con la pistola di Mario Monicelli (1968)

11 Il Petroliere foto

Io vedo il peggio nelle persone, Henry. Solo uno sguardo basta per sapere chi sono in realtà.
La mia barriera di odio si è innalzata lenta negli anni e… averti qui mi da un nuovo slancio
vitale, io non riesco più a lavorare da solo con queste… persone.

Dal film Il Petroliere di Paul Thomas Anderson (2007)

12 La patata bollente foto

– Mica ti vorrai mangiare tutta questa roba! Oh, ricordati che hai un soprannome da rispettare:
Gandhi, il campione del mondo dello sciopero della fame.
– A me mi sta sulle balle quel soprannome lì! Non potevate chiamarmi Bombolo?!

Dal film La patata bollente di Steno (1979)

13 I nuovi mostri foto

Io lo so, oggi è un gran casino ovunque. Chi c’ha figa sta a casa,
non s’immette nel marasma. Se uno va randagio rischia brutti incontri.
Prendi il globetrotter: ti chiede un passaggio, tu elargisci,
e quello te lo mette in culo, questo lo trovo grave.
Guardi io fiuto, ho sempre fiutato io, sempre. Non mi buco, dice “non ti buchi”,
noo non mi buco, “allora sei antiquato”, eeh beh io sono come sono.

Dal film I nuovi mostri di Mario Monicelli, Dino Risi, Ettore Scola (1977)

14 Speriamo che sia femmina foto

– Quando dormo ho bisogno di star solo. Ho evitato anche il servizio militare per questo.
– Con le donne ci dorme però, eh?
– Ci vado a letto. È diverso.

Dal film Speriamo che sia femmina di Mario Monicelli (1986)

15 Morte di un matematico napoletano foto

Quelli che si limitano saggiamente a ciò che pare loro possibile non avanzeranno mai di un
passo.

Dal film Morte di un matematico napoletano di Mario Martone (1992)

16 Basta guardarla foto

Non è la chiappa che fa l’artista!

Dal film Basta guardarla di Luciano Salce (1970)

17 I complessi foto

Io quasi quasi vado lì e la bacio davanti a tutti, peccato che c’è gente.

Dal film I complessi di Dino Risi (1965)

18 Entrapment foto

Regola numero uno: mai portare con sé un’arma, prima o poi si è tentati di usarla.

Dal film Entrapment di Jon Amiel (1999)

19 Scarface foto

Per me due cose contano a questo mondo: le palle e la mia parola e
le ho sempre onorate tutte e due… 

Dal film Scarface di Brian De Palma (1983)

20 Che ora è foto

Abbiamo parlato di tutto pur di non parlare di niente.

Dal film Che ora è? di Ettore Scola (1989)

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1 Il settimo sigillo locandina

2 La voce della luna locandina

3 La stanza del vescovo locandina

4 A Beautiful Mind locandina

5 Romeo e Giulietta locandina

6 American Hustle locandina

7 Giungla d'asfalto locandina

8 Alla mia cara mamma nel giorno del suo compleanno locandina

9 I corpi presentato tracce di violenza carnale locandina

10 La ragazza con la pistola locandina

11 Il Petroliere locandina

12 La patata bollente locandina

13 I nuovi mostri locandina

14 Speriamo che sia femmina locandina

15 Morte di un matematico napoletano locandina

16 Basta guardarla locandina

17 I complessi locandina

18 Entrapment locandina

19 Scarface locandina

20 Che ora è locandina


E si salvò soltanto l’Aretino Pietro,con una mano avanti e l’altra dietro

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E si salvo soltanto l'Aretino Pietro locandina 1

Su soggetto di Enrico Bomba,nel 1972 Silvio Amadio gira E si salvò soltanto l’Aretino Pietro,con una mano avanti e l’altra dietro,
che sin dal titolo annuncia il genere di appartenenza della pellicola,il decamerotico.
Uno dei peggiori,almeno per quanto riguarda la povertà globale del prodotto finale,di rara sciatteria recitativa e di una povertà desolante
dal punto di vista comico.
Non si ride,nemmeno per errore,e gli sketch attorno ai quali si sviluppa il film sono davvero di una tristezza infinita.
Un frate arzillo e sporcaccione,poi altri frati più interessati ai piaceri della carne che a quelli dello spirito e infine una donna e le sue tre figlie
con una moralità estremamente elastica,per non usare termini offensivi sul mestiere più antico del mondo.
Girato in un’economia strettissima e probabilmente in meno di una settimana,questo film si segnala solo per la stravaganza del titolo,che vedrà il buon Amadio replicare nel genere decamerotico questa esperienza,precisamente nello stesso anno.

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E si salvo soltanto l'Aretino Pietro 2

E si salvo soltanto l'Aretino Pietro 3
Parlo di un altro titolo quanto meno allegro,Come fu che Masuccio Salernitano, fuggendo con le brache in mano, riuscì a conservarlo sano,prodotto anche questo di bassa lega.
De resto i severi recensori del sito http://www.cinematografo.it ebbero a dire,parlando di E si salvò soltanto (…):”Il film non ha nessun autentico riferimento all’Aretino;  come in tanti film di genere “boccaccesco”, anche in questo, prendendo a pretesto il nome dello scrittore cinquecentesco, vengono confusamente messe in scena, con superficialità e dilettantismo sfacciato, sempre analoghe situazioni licenziose, con sempre identici costumi, ambienti, linguaggi da trivio ed esibizioni immorali.”
Tutto da sottoscrivere,incluso il linguaggio sconcio e scurrile ricco di doppi sensi “fallici” e scoperecci,se mi passate il termine volgare.
D’altro canto siamo di fronte ad un film volgarissimo,pertanto è inutile indorare la pillola;
l’avrà come una pannocchia“,una delle tante frasi colte del film si mescola con la proboscide di un elefante,dal chiaro ed inequivocabile significato fallico che compare senza alcuna giustificazione nel bel mezzo del film,quasi fosse qualcosa di divertente.Il livello del film è questo,inutile continuare a sparare a zero su di esso…
Occupiamoci della trama,anche se è imbarazzante riassumerla:

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E si salvo soltanto l'Aretino Pietro 5

Concetta, Nanna e Fiorenza sono le tre figlie licenziose di Monna Violante,che recatasi a trovare le tre vogliose donne,scopre che esse
sono tutt’altro che un modello di castità.
Una si sollazza con un contadino piuttosto dotato,un’altra si finge malata pur di giacere con un monaco anch’esso dotato della “virtù meno apparente,fra tutte le virtù la più indecente” mentre la terza,scoperta la vocazione del marito per il gioco si finge morta,non senza sollazzarsi di nascosto con l’ennesimo frate gaudente.
Quest’ultima,scoperta nella sua tresca dal superiore del convento,diventerà la “compagna” di giochi erotici di tutto il convento fino a quando resterà incinta.
Grazie a Monna Violante,riuscirà a gabbare il marito.
Come già detto,un film volgare e privo di qualsiasi motivo di interesse.
Giusto per la cronaca,da segnalare nel cast la bella Franca Gonella e Carla Brait.
Per il resto,buio totale.Povero Aretino,che tra l’altro con il titolo non c’entra nulla…
Location casalinghe e costumi raccolti al mercato degli stracci completano il quadro.
Il film è oggi disponibile su You tube all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=D94Iok-agag in una discreta qualità.

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…E si salvò solo l’aretino Pietro con una mano avanti e l’altra dietro…

Un film di Silvio Amadio. Con Franca Gonella, Carla Brait, Giorgio Favretto, Vincenzo Ferro. Erotico, durata 90 min. – Italia 1972.

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E si salvo soltanto l'Aretino Pietro banner protagonisti

Carla Brait: Olimpia
Giorgio Favretto: Fra’ Fazio
Vincenzo Ferro: Alfiuccio
Franca Gonella: Nanna
Elisa Mainardi: Violante
Luigi Miglietta: Fiorenza
Valentino Macchi: il cavaliere concupiscente
Gabriele Villa: Pietro Aretino

E si salvo soltanto l'Aretino Pietro banner cast

Regia Silvio Amadio
Soggetto Enrico Bomba
Sceneggiatura Enrico Bomba
Casa di produzione Vascello
Fotografia Antonio Modica
Montaggio Daniele Alabiso
Musiche Vittorio Stagni, Elio Maestosi
Scenografia Vincenzo Morozzi
Costumi Silvana Scandiarato

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L’opinione di B.Legnani dal sito http://www.davinotti.com

Brutto esempio di decamerotico, condannato dalla mancanza di trovate, la qual cosa rende inutile una regìa non male ed un montaggio intenso che, purtroppo, più il tempo passa e più si nota la cronica mancanza di idee,
resta solo fine a sé stesso. Povere le ambientazioni, belle la Novak, la Gonella e la Henke. Si salva Renzo Rinaldi. Il finale è molto simile a quello de I giochi proibiti de l’Aretino Pietro, film che, pur nella sua modestia,
è decisamente meglio di questo.


Quant’è bella la Bernarda,tutta nuda e tutta calda

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Quanto è bella la bernarda locandina 1

Due villici si recano dall’esorcista Magus per chiedergli di intervenire con le sue potenti arti magiche per far si che una ragazza della quale si sono invaghiti soggiaccia ai loro desideri.
Magus estorce loro dieci soldi in cambio di un filtro magico,poi approfittando della dabbenaggine dei due,versa un altro filtro nei loro bicchieri e per distoglierli racconta loro delle storie.
La prima (Le nozze di Gerundio e Parolina) riguarda un villico che sposa una ragazza,non avendo la minima cognizione su cosa fare con una donna la
prima notte di nozze.Nonostante i consigli del padre,il giovane,totalmente inesperto,non riuscirà a consumare il rapporto
finendo per coprirsi di ridicolo.
La seconda (intitolata Eleonora e Sigismondo) narra le vicende di una moglie fedele,insidiata da un giovane.
Quest’ultimo,per godersi la bella Eleonora,organizza una trappola ma resta beffato;il marito della donna,
con la sua complicità,si sostituisce ad essa e si fa trovare a letto al posto suo.

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Quanto è bella la bernarda 2
La terza (Frate Fontanarosa) racconta la beffa di frate Fontanarosa ordita ai danni del proprio superiore;facendo credere di voler
convertire le prostitute di un bordello si fa sorprendere mentre rimprovera una di esse,salvo poi congiungersi
con lei quando il superiore va via.
La quarta novella (Il bell’Arturo) parla di un nobiluomo assolutamente privo di grazia che invece,al contrario,si crede bello ed affascinante.
Sfidato dal suo servitore,che gli vanta le doti fisiche del proprio fratello,il nobile colpito nell’orgoglio
lo invita a portarlo nella sua villa.
Il servitore fa conoscere suo fratello al nobile e i due alla fine diventano amici;il nobile scopre di essere fatto becco da un
rude pecoraio e così,in compagnia del suo nuovo amico,decide di sedurre la moglie di un locandiere.
I due verranno beffati entrambi proprio dallo scaltro uomo…
Mentre narra queste novelle,lo scaltro Magus si gode le grazie della ragazza concupita dai due villici,aiutandosi con robuste
dosi di zabaione.
Nella successiva (Messer Giannetto) si narra la beffa organizzata da un furbissimo giovane ai danni di messer Giannetto,che ha scoperto di essere
diventato all’improvviso impotente.
Il giovane,facendo bere un intruglio a Giannetto,ne gode la di lui moglie facendogli credere di aver ritrovato la virilità.

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Nell’ultimo episodio(Il Cavalier Mirafiore),sono narrate le vicende del cavaliere Mirafiore molto dotato sessualmente,che  fa strage di donne della corte del re,inclusa la regina;riuscirà a cavarsela dimostrando di essere irresistibilmente attratto dall’odore dell’aglio che funziona da afrodisiaco non prima di aver soddisfatto l’orrenda moglie del Re con tanto di collana d’aglio intrecciata al collo.

Quant’è bella la Bernarda, tutta nera, tutta calda è un decamerotico del 1973,uscito nelle sale soltanto nel 1975,quindi fuori tempo
massimo e ben lontano dal periodo di massimo fulgore del genere.
Diretto da Lucio Dandolo, autore di I racconti di Canterbury N. 2,ebbe grossi problemi con la censura,sia per il titolo (in origine Bernarda
era scritto con la b minuscola,chiara allusione alla parte intima femminile) sia per alcune scene di sesso considerate troppo osè.
Fu proprio la censura a tagliare quasi mezz’ora di pellicola,costringendo il regista a inserire l’anello conduttore del mago che turlupina
i due sciocchi villici e ripristinando quindi una versione di metraggio adatto alla distribuzione cinematografica.
Motivo per il quale il film uscì nel 1975,passando praticamente inosservato.Il momento di gloria dei decamerotici,ammesso che di esso si possa parlare, era tramontato da tempo.

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Il film in se non è nulla di particolare,tuttavia non è di certo il peggiore della nutrita schiera dei decamerotici.
Pur con la consueta trivialità,presenta quanto meno qualche novella in cui una risata scappa anche grazie ad un cast di comprimari di buon livello,
fra i quali si segnalano Mario Brega,Mariangela Giordano,Dada Gallotti,Salvatore Baccaro,Renzo Rinaldi.
La regia è artigianale,ma non per questo disprezzabile,mentre i dialoghi sono parecchio sconci,caratteristica peculiare del genere a cui appartiene il film.
Che ha avuto una versione in dvd,recentissima;in rete circola però una pessima versione ricavata da una vecchia VHS che è possibile vedere in streaming ( con relativo download) all’indirizzo https://openload.co/f/Xg-lZV2Gwn4/quant.e.bella.la.bernarda.tutta.nera.e.tutta.calda.mp4

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Quant’è bella la Bernarda, tutta nera, tutta calda
Un film di Lucio Dandolo. Con Mario Brega, Mariangela Giordano, Fortunato Cecilia, Dada Gallotti, Fabio Garriba,
Enzo Pulcrano, Claudia Bianchi, Barbara Marzano Erotico, durata 92 min. – Italia 1975.

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Mariangela Giordano …Eleonora
Rossano Campitelli …Sigismondo
Fortunato Cecilia …Bramante
Marcello Di Falco …Arturo
Marcello Monti …Romino
Salvatore Giocondo …Aglio
Barbara Marzano …Annibalda
Claudio Di Meo …Gerundio
Mirella Rossi …Parolina
Pasquale Basile …Palestro
Mario Brega …Mirafiore
Dada Gallotti …Regina
Gino Maga …Il Re
Renzo Rinaldi …Giannetto
Marie Odile Riki …Moglie di Giannetto
Enzo Pulcrano …Padre Fontanarosa

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Claudia Bianchi …Una prostituta
Luigi Antonio Guerra …Un giovane prete
Fabio Garriba …Priore
Regia Lucio Dandolo
Casa di produzione CG Italia
Fotografia Remo Grisanti
Montaggio Otello Colangeli
Musiche Vasili Kojucharov
Scenografia Giovanni Fratalocchi
Costumi Giovanni Fratalocchi

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L’opinione di mm40 dal sito http://www.filmtv.it


C’è qualcosa da aggiungere al titolo? Pare di no. Leggendario, senz’altro, ma d’altronde perfettamente aderente ai contenuti dell’opera:

sciatti, squallidi e imbastiti alla meglio, miseramente, fra volgarità gratuite e situazioni becere a profusione. E nudi femminili, naturalmente,
tanti nudi femminili dappertutto, disseminati senza cautela alcuna lungo l’ora e mezza di durata della pellicola. Per chi credeva che il decamerotico,
degenerazione del Decameron pasoliniano (1971), fosse un sottogenere del cinema erotico nostrano fiorito e scomparso nell’arco di un paio di anni,
ecco un reperto come questo Quant’è bella la Bernarda, tutta nera tutta calda, che approda sui grandi schermi – presumibilmente su molto pochi – addirittura nel 1975,quando il filone era ormai uno sbiadito ricordo. Ma in realtà è soltanto colpa della censura se il film esce in ritardo di circa due anni rispetto alla sua realizzazione,va annotato. Lavoro poverissimo, mal confezionato, volgare a oltranza e che esce fuori tempo massimo: che altro chiedere, per un vero amante del trash e dello scult?
Sconsigliatissimo, manco a dirlo, per chiunque altro. Mario Brega e Salvatore Baccaro (in un cameo o poco più) sono gli unici due nomi degni di nota nel cast,che comprende anche terze/quarte linee del calibro di Mariangela Giordano, Luigi Guerra, Dada Gallotti o Fortunato Cecilia, nonchè l’habituèe dei decamerotici Claudia Bianchi,meteora di quel periodo di superlavoro per il cinema di genere. Medesimo discorso potrebbe farsi per il regista Lucio Dandolo, che girò 3 pellicole fra il 1971 e il 1975,scomparendo quindi nel nulla; da segnalare però che il suo esordio del 1971 fu con lo spaghetti western Il suo nome era Pot, in co-regia con il ‘Maestro’ del trash Demofilo Fidani.

Opinioni tratte dal sito http://www.davinotti.com

B. Legnani

Tardissimo decamerotico, non inseribile fra i migliori del genere, ma che colpisce per la cospicua differenza di livello tra un episodio e l’altro. Pessima, per esempio, la cornice
(verosimilmente aggiunta a posteriori, dopo la doppia bocciatura in censura), ma tutt’altro che male il segmento con Pulcrano, Guerra e la Bianchi. Molto è difforme sia per ambientazioni,
sia per narrazione, sia per recitazione, sia (ovvio) per regìa. Per il resto le solite cose: episodi sciocchini o non sciocchini ma tirati troppo per le lunghe (come quello con Mirella Rossi,
in un ruolo di candida verginella).
Undying

Insieme di episodi, al solito ispirati (molto alla larga) dai racconti boccacceschi. In questo caso il trait d’union è dato da un mago/esorcista che racconta a due ospiti i soliti intrecci di (svampiti)
mariti becchi e (belle) mogli assatanate. Decamerotico che giunge sul tramonto del genere, ormai fuori tempo massimo (la fase creativa, apice dell’intero filone, è collocabile nel bienno 1972-1973).
Eppure il titolo volgare ed ammiccante, espresso a mo’ di ottonario, decreta una certa notorietà al film.

Homesick

I tentativi di uscire dalle angustie di un genere ormai alla frutta si fermano all’incipit “satanico”; infatti già dal primo episodio si rientra subito nell’ambito del decamerotico più ordinario e abusato,
assistendo a situazioni stantie faticosamente tirate avanti da caratteristi per lo più spenti e mediocri. Gli irriducibili estimatori di questo filone discendente dai nobili padri letterari Boccaccio e Chaucer
potranno trovare un contentino nella bellezza di habituées come Barbara Marzano e Claudia Bianchi.

Cotola

Tardo decamerotico di non infima fattura e dai risultati tutto sommato (quasi) accettabili. Al contrario di quanto accade di solito, qui la qualità degli episodi è abbastanza omogenea pur se tendente verso il basso.
Qualche ideuzza non manca, le storie a tratti riescono anche a divertire. Nulla di che, ovviamente, ma non è certo inguardabile, specie se amate il filone. Nonostante il titolo molto esplicito, trattasi di pellicola molto castigata.

Markus

Il titolo è di quelli epocali, eppure fu l’ultimo dei decameroni. Il meccanismo delle divertite novelle piccanti è qui ribadito, ma non si va mai oltre al mediocre (il lato pruriginoso, poi, è ridotto al nulla per via dei tagli in censura).
L’eccessivo uso di interni poco luminosi (praticamente gran parte del film) certamente non aiuta la fruizione di una pellicola già di per sé non memorabile nel ritmo e nei contenuti.

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Perchè si uccidono (La merde)

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Perchè si uccidono loc 1

Unico film del figlio del grande Erminio Macario,Mauro,Perchè si uccidono,con eloquente sottotitolo La merde è un pasticcio grossolano e scoordinato,tipico figlio delle produzioni di metà anni settanta dirette da registi improvvisati che non avevano alle spalle il necessario background tecnico che permettesse loro di padroneggiare almeno in maniera sufficiente la macchina da presa.
Solito soggetto scontato (il figlio di una ricca famiglia che si da alla droga) in un crescendo di mediocrità sia soggettistica
che meramente tecnica che portano una pellicola di per se scadente ad un finale drammatico attraverso però spazi di involontaria comicità
vista la seriosità del soggetto iniziale e dell’argomento trattato.
Scene da antologia,slegate da qualsiasi contesto logico si alternano a concetti espressi visivamente con grossolana fattura;alcune scene sembrano
fettine di carne affettate con la scure là dove si sarebbe dovuta usare l’introspezione psicologica,una descrizione accurata
della psicologia del personaggio principale,Andrea.

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Sicuramente comica e fuori contesto è la sequenza più famosa del film,su cui si è a lungo favoleggiato e che ha costituito,nel tempo,l’unico motivo di interesse verso il film,ovvero l’impressione del marchio a fuoco sulle parti intime di una bella satanista,con tanto di particolari in primo piano.
Come dicevo,una scena senza contesto preciso e puramente gratuita,come del resto alcune presenti nel film a cui vanno aggiunte una pesantezza
quasi insopportabile dei dialoghi e la volontà da parte del regista di stigmatizzare l’ambiente borghese in cui la storia si dipana,senza
che però lo stesso Macario abbia ben idea di dove andare a parare.
La storia che fa da collante è assolutamente banale;un giovane di buona famiglia (Andrea) si fa coinvolgere dall’amata nel mondo della droga,uscendone distrutto.
La merde,sottotitolo francese del film si riferisce non figurativamente alla sostanza che un gruppo di detenuti spalmerà sul volto
del protagonista mentre questo è detenuto.
Morale:se appartieni ad una società di cacca,è giusto che tu diventi tutt’uno con la stessa,con palese riferimento anche al soprannome dato all’eroina,la merda,appunto.

Perchè si uccidono 3
A parte questo apologo velleitario che sa tanto di post sessantotto in pesante ritardo storico,in un paese alle prese con altri problemi,
il film di Macario si accartoccia su se stesso per eccesso di zelo da parte del regista.
Le storie di droga negli anni settanta erano ormai infilate nei film a tutto spiano,senza però analizzarne mai i contesti sociali o familiari
in cui proliferavano.
Quasi nessuno si preoccupava di trovarvi le radici storiche della sua diffusione o semplicemente quelle psicologiche;una domanda scomoda che nessuno si poneva era “perchè giovani che ormai hanno tutto ricorrono ai paradisi artificiali?”
Può sembrare una domanda banale,ma se andate a vedere la produzione di pellicole sull’argomento noterete che lo stesso era spesso affrontato di sfuggita.
La droga è il demonio,ma sui perchè si ricorre ad essa vaga una sorta di damnatio memoriae,quasi che l’argomento non sia poi importante
quanto i risultati della dipendenza dalla droga stessa.
Macario suggerisce,per il suo personaggio,un disadattamento generico dovuto a più fattori,al fatto per esempio di vivere in una famiglia senza regole morali, con una sorella ondivaga che passa da un amore lesbico ad una messa nera (è lei la vittima sacrificale marchiata a fuoco) con una fidanzata
ormai senza più controllo sulla dipendenza da droga.

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A fare le spese di questa ribellione senza apparente movente sarà la moglie del suo protettore Luca,che aveva salvato suo padre dalla fucilazione
e che in cambio del suo aiuto vedrà uccidere sua moglie proprio dall’allucinato,senza speranze Andrea.
Il finale è ovviamente drammatico.
Quanto meno in linea con la storia narrata,una storia nera rimasta però archiviata nel cassetto delle buone intenzioni.
Film quindi pasticciato e incongruo,con un buon cast assolutamente sprecato.
Bravo Maurice Ronet nel ruolo di Luca,bene la Loncar nei panni della moglie di quest’ultimo,bene la Fani nell’interpretazione della ragazza di Marco.
Incolore e insapore invece Marco Renis,che,come Macario,chiuderà la sua carriera con questo unico film interpretato.
Da segnalare invece le musiche dei Goblin.
Il resto è da dimenticare.
Il film,dopo un lunghissimo oblio è riapparso da poco ed è disponibile su You tube all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=2COXgAxg28E in una versione decisamente buona.

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Perché si uccidono (La merde)
Un film di Mauro Macario. Con Beba Loncar, Maurice Ronet, Leonora Fani,Luciano Rossi,Marco Reims, Antonio Pierfederici, Micaela Pignatelli Drammatico, durata 94 min. – Italia 1976.

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Perchè si uccidono banner protagonisti

Marco Renis … Andrea
Leonora Fani … Fidanzata di Andrea
Maurice Ronet … Marco
Beba Loncar … Moglie di Marco
Micaela Pignatelli… Sorella di Andrea

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Regia: Mauro Macario
Sceneggiatura: Mauro Macario
Musiche: I Goblin
Fotografia: Giovanni Raffaldi

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Opinioni tratte dal sito http://www.davinotti.com

Homesick

Si annuncia come dramma sociale antiborghese con il rampollo insoddisfatto e ribelle, ma presto, improvvisamente, sfonda la porta dell’exploitation:
messe nere con vagine marchiate a fuoco, allusioni gay, violenze e visioni onirico-grottesche sotto l’effetto di endovenose a base di metedrina e lsd,
rimedio suicida a difficili rapporti familiari ed estremo tentativo di recuperare l’amore perduto. Nel cast brilla la Fani, sia per il suo nudo – che si appaia a quello della Pignatelli –
sia per la sua maschera di tossica spaurita e allucinata. L’assistente del farmacista è Margherita Fumero.

Ciavazzaro

Sconclusionato film che in puro stile Anni Settanta presenta la discesa nell’inferno della droga di un rampollo borghese. Finale tragico.
Il cast non recita, anche se le presenze femminili sono molto interessanti (la Loncar, la Fani), buone le musiche (leggo adirittura dei Goblin!!!),
ma per il resto… Tra sabba satanici (con peli e chiappe all’aria), aghiaccianti visioni (un nero nudo con una tromba e i parenti del ragazzo vestiti come Luigi XIV). Delirante

Blazer00

Film di denuncia contro la droga: un rampollo borghese entra nel giro e purtroppo non riuscirà più a tornare indietro.
L’idea era ottima, peccato per certe trovate a dir poco comiche come quella del carcere, dove “la merda” era intesa come l’eroina e i compagni di cella
invece la prendono alla lettera! Inizia bene ma poi si perde in esagerazioni inverosimili.

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Il mercante di Venezia

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Sul finire del 1500,più o meno tra gli anni 1596 e 1598 ,William Shakespeare scrisse Il mercante di Venezia,
commedia all’apparenza leggera ma intrisa di tutto il pessimismo di cui il grande bardo disponeva a piene mani,
una condizione psicologica che riemerge come un marchio di fabbrica in buona parte della sua produzione.
Questa volta il grande bardo non crea qualcosa di totalmente nuovo,ma al contrario si affida ad un’opera di uno scrittore italiano,
Giovanni Fiorentino del quale praticamente non si conosce nulla,nè data di nascita o di morte e i cui natali sono ancora oggi avvolti nel mistero.
L’autore di Il pecorone,raccolta di cinquanta novelle, narrate in venticinque giornate aveva inserito nella sua opera una novella dal titolo Il Giannetto,
che viene ripresa nella sua quasi totalità da Shakespeare,che la modifica e la fa sua variandone solo alcune componenti.
Una delle caratteristiche dell’opera è l’antisemitismo,in qualche modo ripreso dal bardo dall’opera originale,del quale probabilmente
è solo portatore.Il personaggio di Shylock è odioso e conserva caratteristiche attribuite agli ebrei sia nell’epoca storica in cui è ambientata la storia
sia nel periodo nel quale visse Shakespeare,al quale tuttavia,ripeto,non si può attribuire un antisemitismo tout court.
La tradizione del teatro inglese era quella,lui si limita a seguirne le tracce;gli ebrei erano malvisti quando non sopportati o peggio,odiati.

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Aldilà di questo,la commedia shekspiriana è abbastanza complessa come struttura,ovviamente ricca di dialoghi,come al solito colmi di battute significative,come
io considero il mondo per quello che e’ : un palcoscenico nel quale ognuno deve recitare una parte, e la mia e’ una parte triste” o la più triste e vera “Possiamo chiudere con il passato, ma il passato non chiude con noi.
Il Mercante di Venezia non ha mai affascinato i registi o il mondo del cinema più in generale;a parte la complessità dei dialoghi,proprio il forte antisemitismo dell’opera ha scoraggiato adattamenti cinematografici,inoltre sicuramente non ha mai giovato il cupo intimismo del quale è pervasa l’opera.
Nel 1952 Pierre Billon aveva portato sugli schermi l’opera (nel cast il grande Albertazzi,Massimo Serato,Renato De Carmine) ma con scarso successo di critica e ancor meno di pubblico.
Ci prova nel 2004 Michael Radford,4 anni dopo il discreto successo di Dancing at the Blue Iguana;il risultato è un’opera di ottimo livello,ben giudicata dai critici ma che fallisce clamorosamente al botteghino,facendo perdere alla produzione 10 milioni di dollari (fra i produttori la nostra Edwige Fenech)
I motivi dell’insuccesso sono da ricercarsi paradossalmente nella trasposizione fedele dell’opera;lo Shakespeare cinematografico non è mai stato amato dai puristi,legati al testo e alla rappresentazione teatrale,mentre ai giovani il drammaturgo/poeta di Stratford-upon-Avon è sempre risultato indigesto.

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Ragion per la quale ci troviamo di fronte ad un’opera sicuramente godibile ma snobbata dal box office.
Ingiustamente,certo,ma alla fine sono gli spettatori a pagare il biglietto e tanto deve bastare.
La storia è quella raccontata dal bardo,ovvero l’infatuamento di Bassanio per la bella Porzia,ricca e affascinante ereditiera.
Bassanio,per superare una prova che gli consentirà di impalmare la bella Porzia,è costretto a chiedere all’amico Antonio 3000 ducati,che non li possiede,pur essendo ricco.
Gran parte del suo patrimonio è infatti investito in navi da carico,così per accontentare l’amico decide di rivolgersi al ricco mercante ebreo Shylock per farseli prestare.
Al quale non sembra vero di avere un’opportunità del genere;egli detesta i cattolici,detesta Antonio perchè presta soldi gratuitamente,rovinando così i suoi affari.
Shylock quindi propone il prestito ad Antonio con una clausola crudele;l’uomo avrà i suoi ducati,ma se non li restituirà entro tre mesi dovrà ripagare l’ebreo con una libbra della sua carne.
Antonio accetta e cosi Bassanio può superare la prova imposta per ambire alla mano di Porzia.
Ma nel frattempo viene comunicato che le navi attese da Antonio hanno fatto naufragio (nell’originale del testo il Doge non fa attraccare le navi per la peste) e di conseguenza Antonio è insolvente nei confronti di Shylock.
Si finisce davanti al Doge,con l’ebreo che implacabilmente chiede la riscossione del suo credito,nonostante Bassanio,sorretto economicamente dalla ricca Porzia offra il doppio del debito.

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Il Doge,non trovando nei testi di legge nulla che possa essere contestato a Shylock,decide di affidarsi alla sua clemenza;ma l’implacabile ebreo avrebbe partita vinta non fosse per il provvidenziale intervento di Porzia,che,travestita da avvocato,fa notare che la riscossione del debito ovvero l’escissione della libbra di carne,debba avvenire senza far cadere una sola goccia di sangue di un cristiano.
Shylock,rendensosi conto dell’impossibilità della cosa,è costretto a cedere e come punizione dovrà convertirsi al cristianesimo…
Il mercante di Venezia di Michael Radford è,in definitiva,una buona trasposizione del testo shekspiriano,impreziosito da un’elegante veste grafica (location,costumi e fotografia da applausi) e sopratutto dalla prova di bravura del principale interprete del film,o perlomeno colui che svetta sugli altri dall’alto di una recitazione drammatica senza pari del personaggio odioso e avvilente di Shylock l’ebreo,quell’Al Pacino che avrebbe sicuramente meritato l’Oscar per la grande interpretazione fornita.
Mai sopra le righe,ma con la sua carismatica figura,con tutta la teatralità naturale che lo distingue,Al Pacino tocca il vertice della bravura.
Bravi anche gli altri interpreti,ma due gradini sotto;Jeremy Irons e Joseph Fiennes,rispettivamente Antonio e Bassanio fanno bene il loro compito,ma nulla più.
Gelida,un vero ghiacciolo,la bella Lynn Collins.

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Ad aggiungere carisma alla figura di Shylock,la splendida voce di Giancarlo Giannini nel doppiaggio,un valore aggiunto senza pari.
Sicuramente un’opera di gran pregio,che però non mi sento di consigliare a tutti;il film in pratica è una gara di dialoghi,in pieno rispetto del testo del grande bardo e pertanto gli amanti del cinema “movimentato” potrebbero trovarlo soporifero,
come del resto evidenziato da tantissime critiche negative lette tra le recensioni dei lettori in rete.
Per gli amanti di Shakespeare l’occasione per vedere su pellicola una bella trasposizione non lontana dalla algida bellezza del posto deputato alle rappresentazioni delle opere del drammaturgo inglese,il palcoscenico di un teatro.

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Il mercante di Venezia

Un film di Michael Radford. Con Al Pacino, Jeremy Irons, Joseph Fiennes, Mackenzie Crook, Julian Nest,Lynn Collins, Ben Whishaw
Titolo originale The Merchant of Venice. Drammatico, durata 124 min. – Gran Bretagna, Italia 2004

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Il mercante di venezia banner protagonisti

Al Pacino: Shylock
Jeremy Irons: Antonio
Joseph Fiennes: Bassanio
Lynn Collins: Porzia
Zuleikha Robinson: Jessica
Kris Marshall: Graziano
Charlie Cox: Lorenzo
Heather Goldenhersh: Nerissa
Mackenzie Crook: Lancillotto Gobbo
John Sessions: Salerio
Gregor Fisher: Solanio
Ron Cook: Vecchio Gobbo
Allan Corduner: Tubal
Tony Schiena: Leonardo
Al Weaver: Stefano
Anton Rodgers: Doge
David Harewood: Principe del Marocco

Giancarlo Giannini: Shylock
Massimo Corvo: Antonio
Christian Iansante: Bassanio
Connie Bismuto: Portia
Perla Liberatori:Nerissa
Riccardo Niseem Onorato: Graziano
Francesco Pezzulli: Lorenzo
Fabrizio Vidale: Lancillotto Gobbo
Stefano Mondini: Salerio
Giuliano Santi: Solanio
Dante Biagioni: Vecchio Gobbo
Michele Kalamera: Doge
Pino Insegno: Principe del Marocco

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Regia Michael Radford
Soggetto da William Shakespeare
Sceneggiatura Michael Radford
Produttore Cary Brokaw, Barry Navidi, Jason Piette, Edwige Fenech, Michael Lionello Cowan
Produttore esecutivo Manfred Wilde, Michael Hammer, Peter James, James Simpson, Alex Marshall, Robert Jones
Fotografia Benoît Delhomme
Montaggio Lucia Zucchetti
Effetti speciali Sean Farrow
Musiche Jocelyn Pook
Scenografia Bruno Rubeo

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Il mercante di venezia banner citazioni

-“L’uomo che non ha alcuna musica dentro di se è nato per il tradimento,per gli inganni, per le rapine.”
-“Shyloc:
Mi ha maltrattato, gioito delle mie perdite, disprezzato i miei guadagni, raffreddato i miei amici,
riscaldato i miei nemici, insozzato il mio abito, disprezzato il mio popolo e per quale motivo?
Perchè sono ebreo! Forse che un ebreo non mangia come gli altri esseri umani? Se lo pungete non prova dolore?
Non si ammala delle stesse malattie dei gentili? E non si cura con le stesse medicine?”
-“Vostro padre era uomo assai virtuoso, ed i sant’uomini, in punto di morte, sono sempre, si sa, bene ispirati”
-“Ma la misericordia è al di sopra di questo potere scettrato,essa ha il suo trono nei cuori dei re,è un attributo dello steso dio;
e il potere terreno appare più simile quando la misericordia tempera la giustizia.”
-“Il mondo e’ ancora ingannato dalle apparenze.”
-“Sarebbe meglio se alle parole seguissero i fatti.”
-“Fled with a Christian! O my Christian ducats!Justice, the law, my ducats, and my daughter!”
(Fuggita con un cristiano! o i miei ducati!Giustizia,la legge ,i miei ducati,e mia figlia!)

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Opinioni tratte dal sito http://www.davinotti.com

Galbo

Adattamento cinematografico dell’opera di Shakespeare, Il Mercante di Venezia è la storia di Antonio ricco commerciante che chiede un grosso prestito all’ebreo Shylock.
Girato nella città lagunare, il film di Michael Radford è stato realizzato con notevule cura per i dettagli (costumi, scenografia) tale da costituire uno spettacolo
molto godibile anche per la grande interpetazione di Al Pacino che da al protagonista un tono sofferto ed umiliato e offre una delle sue migliori prove d’attore.
Cotola

Mediocre trasposizione del capolavoro scespiriano i cui risultati sono insoddisfacenti a causa di una sceneggiatura scialba e leccata che non taglia a dovere lo scritto.
Certo c’è Pacino che fornisce una bella prova (anche se chi l’ha sentito in originale ha avuto un po’ da ridire) ed anche Irons non è male, ma per il resto anche le prove attoriali non soddisfano appieno. Un capolavoro del genere avrebbe meritato ben altro trattamento.

Caesars

Corretta trasposizione cinematografica della celebre opera di Shakespeare, che trova nell’intensa recitazione di Al Pacino il suo punto di forza. Buono comunque anche il cast di contorno,
capitanato da Jeremy Irons, così come bella è la fotografia (aiutata dall’ambientazione veneziana). Forse si poteva fare di più, ma il film risulta complessivamente molto godibile e Radford dirige, correttamente,
senza troppi voli pindarici. Merita la visione.

Rigoletto

Rivedendolo l’ho ridimensionato perchè, al di là della buona ricostruzione storica, manca di quella passione necessaria in un’opera di tale portata, riducendo il tutto a un puro esercizio di stile
se non fosse per la grandiosa attrazione “Pacino-centrica” esercitata da Al sui comuni mortali. Una prova maiuscola che, già da sola, vale il prezzo del biglietto e capace di coprire tutte le altre magagne del film
(inclusa la non brillantissima performance di Irons). Resto del cast così così (troppo algida la Collins).

L’opinione di Argan dal sito http://www.filmtv.it

Una serie di capovolgimenti di punti di vista stupendi, lo spettatore viene sballottato da una parte all’altra, cambia più volte opinione e si ritrova a volte dalla parte di uno e a volte dalla parte dell’altro protagonista
(o almeno questo è quello che mi è successo), anche se forse non era questa l’idea del regista (ma magari era l’idea di Shakespeare), non comprendo poi che senso hanno i “travestimenti” alla fine del film e della commedia
(già annunciati ed abbastanza evidenti e perciò anche privi di un minimo di “sorpresa”).

Il mercante di venezia locandina libro

Testo originale della commedia

Il mercante di venezia locandina wallpaper

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Lisa Gastoni Photogallery

Andavamo al cinema-Parte settima

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Settima puntata dedicata ai cinema del passato;una carrellata di edifici per la stragrande maggioranza ormai scomparsi.Di alcuni ho le immagini e la località in cui erano ubicati,ma mi manca il nome del cinema.Chiunque voglia collaborare alla loro identificazione mi aiuterà tantissimo.Grazie!

Cine Teatro  Solvay (Arena) Rosignano

Cine Arena Teatro Solvay.Rosignano  (Livorno)

Cine Teatro Comunale Corato

Cine Teatro Comunale Corato (Bari)

Cine Teatro Comunale Teramo

Cine Teatro Comunale Teramo

Cine teatro Impero Montevarchi

Cine Teatro Impero Montevarchi (Arezzo)

Cine Teatro Massimo L'Aquila

Cine Teatro Massimo,L’Aquila

Cine Teatro Politeama Como

Cine Teatro Politeama,Como

Cine Teatro Silvio Pellico Saronno

Cine Teatro Silvio Pellico,Saronno

Cinema Adamello Valle camonica

Cine Teatro Adamello,Valle Camonica

Cinema Airone Roma

Cine Teatro Airone,Roma

Cinema Alfieri Milano

Cinema Alfieri,Milano

Cinema Altino Padova

Cinema Altino,Padova

Cinema Ariston Campobasso

Cinema Ariston,Campobasso

Cinema ariston Savona

Cinema Ariston,Savona

Cinema Astra Bolzano

Cinema Astra,Bolzano

Cinema Vip Novara

Cinema Vip,Novara

Cinema Vittoria Asti

Cinema Vittoria,Asti

Cinema Vittoria Portici

Cinema Vittoria,Portici

Cinema Vittoria Ruvo di Puglia

Cinema Vittoria,Ruvo di Puglia (Bari)

Cinema Zanarini Riccione

Cinema Zanarini,Riccione

Non identificata Sala Cinema Viareggio

Sala non identificata,Viareggio

Sala Cine Teatro Carbonia

Cine Teatro Carbonia

Sala Cinema Pesariis (Prato)

Cinema Pesariis,Prato

Sala Cinema Potenza

Cinema non identificato,Potenza

Sala Cinema Recoaro Terme

Sala non identificata,Recoaro Terme

Sala Cinema Trinitapoli

Sala non identificata,Trinitapoli (Foggia)

Supercinema Frascati

Supercinema Frascati (Roma)

Supercinema Padova

Supercinema Padova

Supercinema Reggio Calabria

Supercinema Reggio Calabria

Supercinema Viareggio

Supercinema Viareggio

Teatro Astra di San Giovanni Lupatoto

Cine Teatro Astra,San Giovanni Lupatoto (Verona)

 

 


I flani del 1974-Prima parte

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a33

Flano di American Graffiti di Lucas

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Bello il flano di I diamanti dell’Ispettore Klute

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Una bella coppia per un bel film, Delitto d’amore

a10

Terence Young da 007 alle Guerriere dal seno nudo

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Una giovanissima Gloria Guida in La ragazzina

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Il bellissimo Zardoz di Boorman

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Il flano del “lagrima movie” L’ultima neve di primavera

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Il pluri premiato La stangata

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Mediocre film di De Sica,Il viaggio

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Bel film del maestro Scattini,Il corpo

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Passato quasi inosservato,Il girotondo dell’amore

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Il curioso film di Demy,Niente di grave,suo marito è incinto

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Il flano del bruttissimo film Sedicianni

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Afrika

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Il semplicissimo flano di Amarcord

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Gran bel film Fiore di carne di Verhoeven

28

Serpico

24

Il flano del noiosissimo Il bacio di una morta

11

Il montone infuriato

7

La governante

5

Il flano del divertente Il dormiglione di Woody Allen

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I guappi (notare il primo spettacolo alle 14,40)

3

Vado,li spacco e…torno

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Il flano del film con Terence Hill Preparati la bara

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Titolo distribuito Virilità

 


Andavamo al cinema-Parte ottava

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Ancora una puntata dedicata ai vecchi cinema italiani.L’invito è quello di segnalarmi errori e cinema non identificati.

Cinema Arcobaleno trieste

Cinema Arcobaleno,Trieste

Cinema Ariston Piazza Armerina

Cinema Ariston,Piazza Armerina (Catania)

Cinema Astra Appiano Gentile

Cinema Astra,Appiano Gentile (Como)

Cinema Astra Genova Pegli

Cinema Astra,Genova Pegli

Cinema Augustus Genova

Cinema Augustus,Genova

Cinema Aurora Marghera

Cinema Aurora,Marghera (Venezia)

Cinema Aurora Sersale (Catanzaro)

Cinema Aurora,Sersale (Catanzaro)

Cinema Brixia Brescia

Cinema Brixia,Brescia

Cinema Capitol Salerno

Cinema Capitol,Salerno

Cinema Capitol Sora

Cinema Capitol,Sora (Frosinone)

Cinema Centrale Avellino

Cinema Centrale,Avellino

Cinema Centrale Bergamo

Cinema Centrale,Bergamo

Cinema Centrale Mogliano Veneto

Cinema Centrale,Mogliano Veneto (Treviso)

Cinema Colosseo Sesto

Cinema Colosseo,Milano

Cinema comunale Cernusco sul Naviglio

Cinema Comunale,Cernusco sul Naviglio (Milano)

Cinema Corallo Monza

Cinema Corallo (Monza)

Cinema Corso Cerignola

Cinema Corso,Cerignola (Foggia)

Cinema Corso Roma

Cinema Corso,Roma

Sala Cinema Rocchetta Sant'Antonio

Sala cinema non identificata,Rocchetta Sant’Antonio (Foggia)

Sala Cinema Rossano Veneto

Sala cinema non identificata,Rossano Veneto (Vicenza)

Sala Cinema Siracusa

Sala cinema non identificata,Siracusa

Sala Cinema Udine

Sala cinema non identificata, Udine

Supercinema Capua

Supercinema,Capua

Supercinema Estivo Modena

Supercinema estivo,Modena

Supercinema Sassuolo

Supercinema,Sassuolo (Modena)


Andavamo al cinema-World tour parte prima

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Prima puntata dedicata ai cinema di tutto il mondo;saranno rappresentati tutti i continenti in un viaggio fotografico in un passato più o meno remoto,alla riscoperta di sale situate in edifici stupendi,autentici capolavori di architettura.Molti oggi non esistono più,ma restano le mute testimonianze,sospese nel tempo,di immagini ricche di fascino.

Rialto Theatre South Pasadena California

Cine teatro Rialto,South Pasadena,California (Usa)

Cinema Urania Vienna

Cinema Urania,Vienna (Austria)

Cinema Universum Berlino Germania

Cinema Universum,Berlino (Germania)

Cinema Tivoli Mourmelon le grand

Cinema Tivoli,Mourmelon le Grand (Francia)

Cinema teatro Sopurs tallinin Estonia

Cinema teatro Soprus,Tallinn (Estonia)

Cinema Ritz, Edgware Londra

Cinema Ritz,Edgware,Londra (Inghilterra)

Cinema Libertatea Oradea

Cinema Libertatea,Oradea (Romania)

Cinema Pioneris Riga Lettonia

Cinema Pioneris,Riga (Lettonia)

Cinema Palace Malton Yorkshire

Palace Cinema, Malton (Yorkshire,Inghilterra)

Cinema Odeon Asmara Eritrea

Cinema Odeon,Asmara (Eritrea) costruzione italiana di epoca fascista

Cinema Modern Timosara Romania

Cinema Modern,Timisoara (Romania)

Cinema Majestic Houston Texas Usa

Cinema Majestic,Houston (Texas,Usa)

Cinema Libertatii Bucarest

Cinema Libertatii Bucarest (Romania)

Cinema Hyppodrome Parigi

Cinema Hyppodrome, Parigi (Francia)

Cinema Gigant San Pietroburgo Russia

Cinema Gigant San Pietroburgo (Russia)

Cinema Esperos Atene

Cinema Esperos Atene (Grecia)

Cinema Embassy Boswall Parkway,

Cinema Embassy,Boswall,Parkway (Inghilterra)

Cinema DE Paris,Parigi

Cinema de Paris,Parigi,(Francia)

Cinema Capitol Radford, Nottingham

Cinema Capitol,Radford,Nottingham (Inghilterra)

Cinema Capitol Mumbai Maharashtra India

Cinema Capitol,Mumbai Maharashtra (India)

Cinema Capitol Londra

Cinema Capitol,Londra (Inghilterra)

Cinema Capitol Liverpool

Cinema Capitol,Liverpool (Inghilterra)

Cinema Capitol Budapest

Cinema Capitol, Budapest (Ungheria)

Cinema Capitol Berlino

Cinema Capitol,Berlino (Germania)

Cine Teatro Alba Brooklin New York

Cine teatro Alba,New York (Usa)


L’uomo che amava le donne

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L'uomo che amava le donne locandina 1

Tenero,malinconico,amaro,struggente.
Quattro tra i tanti aggettivi qualificanti che si potrebbero usare per descrivere L’uomo che amava le donne,
opera della piena maturità di Francois Truffaut,uscito nelle sale nel 1977,nel periodo quindi di massima liricità del regista e scrittore parigino.
Dopo Effetto notte,Adele H., una storia d’amore e prima di L’ultimo metrò,la grande opera che avvierà al termine la sua straordinaria carriera,Truffaut sceglie una commedia (o dramma leggero,ammesso che si possa coniare simile termine) basata sull’amore e sulla vita,tra eros e thanatos,quindi quindi sulla caducità dell’umano,sull’effimero eppure al tempo stesso su una delle esperienze più coinvolgenti dell’uomo,quella che riguarda la sfera più intima,quella dei sentimenti.
Truffaut parte dalla fine per raccontare il percorso di vita di Bertrand Morane,ovvero il suo funerale.
Un triste avvenimento,al quale presenziano solo donne,le uniche che davvero abbiano importato qualcosa nella vita di Bertrand, incallito seduttore capace di amare tutte (ma forse solo fisicamente),indistintamente,le donne che hanno popolato e reso imprevedibile la sua vita.

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E’ Genevieve,una delle tante,a raccontare la vita di un uomo la cui esistenza è stata condizionata,sin dall’infanzia,dal ruolo femminile.
A cominciare dalla rigida (nei suoi confronti) madre,una donna dagli inesauribili appetiti sessuali,che aveva coinvolto il giovane Bertrand nel vorticoso giro dei suoi amanti,costringendolo nel ruolo di postino inviato a recapitare missive d’amore ai suoi amanti.
Condizionato anche dal primo rapporto sessuale,consumato con una professionista;per il timido Bertrand l’universo femminile inizia a popolarsi di donne,ognuna con il proprio carattere e con la propria fisicità.
Il ragazzo passa rapidamente dalla condizione di timidezza a quella di accalappiatore di giovani donne.Tutto ciò che è femminile lo attrae come le sirede di Ulisse,in particolare adora le gambe,la fisicità e la sensualità,le rotondità del corpo femminile:”Niente è più bello da guardare di una donna con il vestito o la gonna ondeggianti al ritmo dei passi” pensa Bertrand.

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Ma curiosamente non dovrebbe piacere alle donne,visto che non è particolarmente bello,ha una voce anche abbastanza antipatica,insomma è agli antipodi del ruolo di tombeur de femmes.
Ma le donne lo amano.
E lui le ricambia,donandosi con passione ad ognuna di loro;spesso senza amore,direi sempre,ma con un entusiasmo che non scema mai.
Però impedisce a tutte di accedere ai suoi veri sentimenti,ammesso che coltivi,dietro quella sua maschera di libertino,sentimenti nobili.
Non passa mai una notte con nessuna di loro.
E così consuma la sua vita in una girandola di avventure,tutte probabilmente vuote,ma per lui gratificanti.
Fino al fatale incontro con una donna matura,una over 40 che tenta inutilmente di corteggiare.
Per la prima volta scopre il rifiuto,così decide di interrogarsi sulla sua vita,sul senso di quello che ha ottenuto.
Lo fa scrivendo un’autobiografia,nella quale racconta il suo vissuto,le sue conquiste,le sue donne.
Ma una sera,in pieno periodo natalizio,sarà proprio la sua passione per le donne a portarlo in fin di vita.
Per inseguire un’altra “preda” attraversa senza guardare e viene travolto da un auto.
E in ospedale ancora la passione per le donne gli sarà fatale,quando per corteggiare una bella infermiera
finirà per staccare una flebo,morendo così in modo stupido,ma in fondo in linea con la sua vita,all’apparenza e oltre priva di un vero significato.
Al suo funerale le donne che ha sedotto (amato o forse no?) getteranno sulla sua bara una manciata di terra mentre sarà proprio la narratrice,Genevieve,a raccontare quello che lui era attraverso la sua autobiografia.

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Ottica dalla quale guardare il film;Truffaut non elegge Bertrand a modello,tutt’altro,probabilmente il personaggio gli sta anche antipatico.
E’ il complesso mondo femminile,con le sue contraddizioni ad essere impietosamente analizzato al microscopio.
Donne di ogni genere compaiono nella vita di un uomo che in realtà non è mai cresciuto,una sorta di cacciatore di prede costantemente alla ricerca di qualcosa di impossibile da trovare.
Di tutte le donne che conquista,nessuna gli appartiene.
Perchè fondamentalmente è un superficiale.
Una delle sue frasi;“Si rammenta quando, diversi anni fa, sono uscite le minigonne? Gli uomini erano come impazziti. Ma io ero piuttosto preoccupato, perché ho pensato: be’, a questo punto non possono più accorciare, e dovranno per forza allungare”.

Una superficialità disarmante.
Ma anche le donne a questo punto lo sono.
Nessuna di esse appare in grado di cambiare un libertino in essere sensibile.
E’ vero,se la sensibilità non la hai è difficile che tu la possa trovare.
Ma il ruolo di una donna,generalmente la parte più profonda e sensibile dell’essere “umano” è anche quello di trasportare l’uomo ad una visione meno rozza e primitiva dell’esistenza.”Tieni presente un fatto basilare: le donne pensano all’amore in una maniera più universale degli uomini” dice
Genevieve a Bertrand…parole profetiche,vere,dure.
Allora siamo ad un’indagine complessa sull’uomo,sul suo ruolo?
No,questo,nel film di Truffaut,non accade.

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Colpa di un certo nichilismo del regista?Misoginia?Pessimismo cosmico o cosa?
Forse tutto,forse solo una visione cupa e amara dell’umanità.
O forse un gioco.
Truffaut gioca,stupisce,indigna fa sorridere amaramente.
In fondo il suo obiettivo è centrato sin dall’inizio,con quei suoi personaggi un po al limite,un po oltre,con un’umanità più vicina agli istinti che alla profondità del proprio essere.
L’uomo che amava le donne,titolo profetico dell’autobiografia di una vita in fin dei conti utile solo al protagonista,è opera cinica e più vicina al dramma di quanto un certo svolgimento leggero lasci immaginare.
Il maschio è il protagonista,non l’uomo.
Il predatore,il collezionista.
E fa nulla che Bertrand abbia in fondo tante giustificazioni;se ci siamo evoluti lo dobbiamo anche alla capacità di usare il cuore e il cervello, non solo l’istinto riproduttivo.
Un film molto bello,da leggere tra le righe e sopratutto da usare come impietoso specchio.
Uno specchio non deformato,ma bifronte.
Se lo usiamo,ci specchiamo,dobbiamo avere il coraggio di leggervi la verità.
Non quella che ci fa comodo.
Ottimi gli attori,bella la fotografia.
Un’opera ineccepibile,di grande respiro,che consiglio caldamente.

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L’uomo che amava le donne

Un film di François Truffaut. Con Charles Denner, Brigitte Fossey, Nelly Borgeaud, Leslie Caron, Genevieve Fontanel,Jean Dasté, Nathalie Baye, Valérie Bonnier, Sabine Glaser, Henri Agel, Chantal Balussou, Nella Barbier, Anne Bataille, Martine Chassaing, Ghylaine Dumas Titolo originale L’homme qui aimait les femmes. Drammatico, durata 118 min. – Francia 1977

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L'uomo che amava le donne banner protagonisti

Charles Denner: Bertrand Morane
Brigitte Fossey: Geneviève Bigey, l’editrice
Nelly Borgeaud: Delphine Grezel
Geneviève Fontanel: Hélène, la proprietaria del negozio di biancheria
Leslie Caron: Véra
Nathalie Baye: Martine Desdoits
Valérie Bonnier: Fabienne
Jean Dasté: dottor Bicard
Sabine Glaser: Bernadette, l’impiegata del Midi-Car
Anna Perrier: Uta, la baby-sitter
Nella Barbier: Liliane, la cameriera del ristorante
Martine Chassaing: Denise, l’ingegnere dell’Istituto di meccanica dei fluidi
Ghylaine Dumas: la seconda impiegata di Midi-Car
Monique Dury: signora Duteil, la dattilografa a domicilio
Roger Leenhardt: Bétany, l’editore
Christian Lentretien: ispettore di polizia
Rico López: cliente del ristorante in cui lavora Liliane
Marie-Jeanne Montfajon: Christine Morane, madre di Bertrand
Valerie Pecheur: la ragazza del cimitero vestita da tennista
Anne Bataille: ragazza con il vestito con la frangia
Roselyne Puyo: Nicole, la maschera del cinema
Henri Agel: lettore dell’editore Bétany
Henry-Jean Servat: lettore dell’editore Bétany
Frédérique Jamet: Juliette
Michel Marti: Bertrand adolescente
Marcel Berbert: signor Grezel
Josiane Couëdel: centralinista
Pierre Gompertz: ufficiale della Marina
Michel Laurent: ufficiale della Marina
Roland Thénot: ufficiale della Marina
Philippe Lièvre: collega di Bertrand
Thi-Loan Nguyen: donna cinese
Jean-Louis Povéda: tipografo
Carmen Sardá-Cánovas: lavandaia
Suzanne Schiffman: la signora con il bambino sulle scale delle signora Duteil
François Truffaut: uomo al funerale

L'uomo che amava le donne banner doppiatori

Guido De Salvi: Bertrand Morane
Anna Teresa Eugeni: Delphine Grezel
Franca Lumachi: Véra
Liliana Sorrentino: Martine Desdoits
Aldo Barberito: dottor Bicard
Emanuela Fallini: Bernadette, l’impiegata di Midi-Car
Claudia Razzi: Liliane, la cameriera del ristorante karateka
Francesca Palopoli: signora Duteil, la dattilografa a domicilio
Gino Donato: Bétany, l’editore
Renzo Stacchi: ispettore di polizia
Franco Latini: cliente del ristorante in cui lavora Liliane

L'uomo che amava le donne banner cast

Regia François Truffaut
Soggetto François Truffaut, Michel Fermaud e Suzanne Schiffman
Sceneggiatura François Truffaut, Michel Fermaud e Suzanne Schiffman
Produttore Les Films du Carrosse, Les Productions Artistes Associés
Fotografia Néstor Almendros
Montaggio Martine Barraqué
Musiche Maurice Jaubert
Scenografia Jean-Pierre Kohut-Svelko
Costumi Monique Dury e Ted Lapidus (solo i costumi di Brigitte Fossey)
Trucco Thi-Loan Nguyen

L'uomo che amava le donne banner citazioni

“La verità è che loro vogliono ciò che voglio io: l’amore, quello fisico e quello sentimentale”
“Ecco un’altra coppia che crede in Babbo Natale. Fra sei anni si separeranno, saranno di nuovo liberi,
ma chi ci andrà di mezzo saranno i bambini”.
“Hai tutto un modo particolare di chiedere, come se ne andasse della tua vita”.
”Credo che sia difficile rifiutarti qualcosa”

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Elsa Martinelli Photogallery

Andavamo al cinema-Parte nona

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Nono appuntamento con foto originali di sale cinematografiche,dalla loro nascita ad oggi;vi rinnovo l’invito a segnalarmi errori e a indicarmi le denominazioni delle sale non identificate.

Cinema Astra San Donà di Piave

Cinema Astra,San Donà di Piave (Venezia)

Sala Cine Aurora Alessandria

Sala interna cinema Aurora,Alessandria

Cine Teatro Astra Torino

Cine Teatro Astra, Torino

Cine Teatro Flaminio Roma

Cine Teatro Flaminio, Roma

Cine Teatro Impero Varese

Cine Teatro Impero, Varese

Cine teatro Maestoso Roma

Cine Teatro Maestoso,Roma

Cine Teatro Metropolitan Ancona

Cine Teatro Metropolitan,Ancona

Cine Teatro Metropolitan Torre Annunziata

Cine Teatro Metropolitan,Torre Annunziata

Cine Teatro Oleggio

Cine Teatro Oleggio (Novara)

Cine Teatro Peloro Messina

Cine Teatro Peloro,Messina

Cine Teatro Sole Bibbiena

Cine Teatro Sole,Bibbiena (Arezzo)

Cinema Acilia Roma

Cinema Acilia, Roma

Cinema Alabarda Trieste

Cinema Alabarda,Trieste

Cinema Alba Genova

Cinema Alba,Genova

Cinema Alcyone Roma

Cinema Alcyone,Roma

Cinema Alpi Milano

Cinema Alpi,Roma

Cinema Ambra Jovinelli

Cinema Ambra Jovinelli ,Roma

Cinema America Roma

Cinema America,Roma

Cinema Apollo Teramo

Cinema Apollo,Teramo

Cinema Ariston Acqui Terme

Cinema Ariston,Acqui Terme (Alessandria)

Cinema Arlecchino Firenze

Cinema Arlecchino,Firenze

Cinema Astra Treviso

Cinema Astra,Treviso

Cinema Augustus Agrigento

Cinema Augustus,Agrigento

Cinema Aurora Alfonsine

Cinema Aurora,Alfonsine (Ravenna)

Cinema Castello Mola di Bari

Cinema Castello,Mola di Bari

Cinema Centrale Livorno

Cinema Centrale,Livorno

Cinema Odeon Torino interno

Sala ingresso cinema Odeon,Torino

Cinema Supercinema Cristallo Sassuolo

Sala interna Supercinema Cristallo,Sassuolo

Sala Cine Adria Brescia

Sala ingresso Cinema Adria,Brescia

Sala Cine Ariston Lecce

Sala proiezione Cinema Ariston,Lecce

 


Hindenburg

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Hindenburgh locandina 1

La tragedia del LZ 129 Hindenburg,il dirigibile più grande costruito dall’uomo,avvenuta il Il 6 maggio 1937
a Lakehurst nel New Jersey segnò bruscamente la fine dell’era dei dirigibili come mezzo di trasporto.
Costruito due anni prima e intitolato al Presidente della Germania, Paul von Hindenburg dalla Luftschiffbau Zeppelin GmbH
volò per la prima volta a marzo del 1936.
Orgoglio della Germania nazista,era considerato come il fiore all’occhiello della flotta aerea tedesca;la tragedia di Lakehurst
troncò di netto lo sviluppo futuro dell’industria dei dirigibili e costò la vita a 35 persone delle 97 imbarcate,un bilancio tutto sommato accettabile,tenendo conto che l’Hindenburgh prese fuoco con il suo carico di 200.000 metri cubi di idrogeno, molto più infiammabile e quindi pericoloso dell’elio,tradizionalmente usato dai dirigibili,che però era in embargo per la Germania hitleriana,costretta quindi a ripiegare proprio sull’idrogeno.

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Le cause della sciagura ancora oggi sono oggetto di studio;le ipotesi vanno dall’attentato (tesi sostenuta nel film) all’incidente causato
da uno strappo sulla tela di rivestimento della struttura metallica ad un fenomeno di fuoco di Sant’Elmo,una scarica elettrica luminosa molto forte.
Robert Wise nel 1975 dirige,su sceneggiatura del trio Nelson Gidding, Richard Levinson, William Link un film a sfondo spionistico/fantastico ispirato alle tragiche vicende dell’Hindenburgh,usando nella parte finale le riprese originali dell’incidente,un vero reality film impressionante per la sua drammaticità.
La storia è ovviamente di fantasia,nella quale gli sceneggiatori sposano la tesi dell’attentato da parte di un patriota anti nazista,contrastato invano dal
Col. Franz Ritter che fino alla fine cerca disperatamente di trovare la bomba a bordo.
La trama:
siamo nel 1937,alla vigilia del secondo viaggio dell’Hindenburg oltre oceano.
Una sensitiva invia una lettera alla sede amministrativa dello Zeppelin,annunciando una sciagura per il dirigibile stesso.
Goebbels,l’onnipotente voce della propaganda nazista per questioni di prestigio accantona l’ammonimento,tuttavia ordina al colonnello
Ritter di prendere posto tra i 97 passeggeri del dirigibile.
Ritter inizia a indagare discretamente sui passeggeri,puntando il dito,come sospetto principale sul giovane anti nazista Karl Berth.
Alla fine Ritter riuscirà a scoprire la bomba,ma un evento inaspettato farà ritardare l’ancoraggio del dirigibile,con la conseguente esplosione fatale,che uccide anche Ritter stesso.

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Hindenburg è un film senza grosse scosse,caratterizzato da un bel cast che riempie la parte centrale del film con caratterizzazioni dei vari personaggi in volo abbastanza riuscite.
Diretto da Wise con mano ferma,come d’uso da parte del regista di Tutti insieme appassionatamente,Andromeda ecc. ha tuttavia la sua parte migliore nella ricostruzione finale,che chiude un film in cui gli unici momenti di tensione appaiono troppo dilatati temporalmente.
La caccia di Ritter a Berth non ha mai ritmi frenetici,è molto dialogata e questo nuoce alla tensione del film stesso.
Bella però la ricostruzione dell’incidente,con parti di fantasia mescolate sapientemente al documentario reale,che viene mostrato per intero con tanto di commento da parte di Herbert Morrison,con le sue parole ormai scolpite nella storia:

 

” Al momento è praticamente immobile. Hanno gettato le funi dalla prua e alcuni uomini le hanno assicurate al suolo.
Ricomincia a piovere; sta… la pioggia era un po’ diminuita. I motori posteriori girano quel tanto, quel tanto che basta a tenerlo su…


È andato in fiamme! È andato in fiamme e sta precipitando, si sta schiantando! Attenzione! Attenzione, voi! Toglietevi di mezzo! Toglietevi di mezzo! Riprendi, Charlie! Riprendi questo, Charlie!
Il fuoco e si sta schiantando! Si schianta, è spaventoso! O mio Dio, toglietevi, ve ne prego! Brucia e divampa, e il… e sta precipitando sopra al pilone d’ormeggio e tutti realizzano che è terribile, questa è una delle peggiori catastrofi del mondo…”
Buone prove per George C.Scott (Ritter),Anne Bancroft (La contessa Ursula bella e bara al tavolo da gioco),Burgess Meredith.
Scenografie impeccabili,con una ricostruzione degli interni del dirigibile molto accurata.
Un film tranquillo,forse un tantino soporifero,ma dal valore importante nei minuti finali premiato da due Oscar,uno per il Miglior montaggio sonoro (Oscar Speciale) a Peter Berkos e uno per i Migliori effetti speciali (Oscar Speciale) a Albert Whitlock e Glen Robinson oltre a tre nomination per la Migliore fotografia,la Migliore scenografia e il Miglior sonoro.

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Hindenburg

Un film di Robert Wise. Con Anne Bancroft, George C. Scott, Gig Young, William Atherton, Burgess Meredith, Joanna Moore, Charles Durning, Katherine Helmond, René Auberjonois, Roy Thinnes, Peter Donat, Richard Dysart,
Ted Gehring, Jean Rasey, Robert Clary, Alan Openheimer, Joyce Davis Titolo originale The Hindenburg. Drammatico, durata 115 min. – USA 1975.

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George C. Scott Col. Franz Ritter
Anne Bancroft Ursula
William Atherton Boerth
Roy Thinnes Martin Vogel
Gig Young Edward Douglas
Burgess Meredith Emilio Pajetta
Charles Durning Capt. Pruss
Richard A. Dysart Capt. Lehmann
Robert Clary Joe Spah
René Auberjonois Maj. Napier
Peter Donat Reed Channing
Alan Oppenheimer Albert Breslau

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Giuseppe Rinaldi Col. Franz Ritter
Anna Miserocchi: Ursula
Massimo Turci Boerth
Corrado Gaipa: Emilio Pajetta
Renato Mori: Capt. Pruss
Sergio Rossi Capt. Lehmann
Gianni Marzocchi: Reed Channing
Giorgio Piazza: Albert Breslau
Franca Dominici: Mildred Breslau
Arturo Dominici: Fellows
Manlio De Angelis: Truscott
Alessandro Sperlì: Heckener
Piero Tiberi: Joe Spah
Rita Savagnone: Eleanoire
Mario Milita: Ludecke
Gianfranco Bellini: Moore
Luciano De Ambrosis: Edward Douglas
Serena Verdirosi: Valerie Breslau
Cesare Barbetti: Napier
Pino Colizzi: Martin Vogel
Glauco Onorato: Knorr
Vittoria Febbi: signora Channing
Sergio Matteucci : narratore

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Regia Robert Wise
Soggetto Michael M. Mooney (romanzo)
Sceneggiatura Nelson Gidding, Richard Levinson, William Link
Produttore Robert Wise
Casa di produzione The Filmakers Group e Universal Pictures (con il nome Universal An MCA Company)
Fotografia Robert Surtees
Montaggio Donn Cambern
Musiche David Shire
Scenografia Edward C. Carfagno (con il nome Edward Carfagno) Frank R. McKelvy (con il nome Frank McKelvy)
Costumi Dorothy Jeakins
Trucco Del Acevedo, Frank McCoy, Rick Sharp

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Biglietto per il volo con l’Hindenburg (Grazie,Shewolf)

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Prima della partenza

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Pranzo a bordo

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La cucina dell’Hindenburg

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Passeggeri guardano il paesaggio mentre volano a bordo del dirigibile

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L’Hindenburg

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L’Hindenburg sopra New York

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Il momento dell’incidente

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Il dirigibile brucia

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Avvolto dalle fiamme

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L’incendio inizia a spegnersi e si avvicinano i soccorsi

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I funerali nazisti

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Hindenburgh banner recensioni

L’opinione di Will Kane dal sito http://www.filmtv.it

Il dirigibile Hindenburg, un Led Zeppelin simbolo della potenza nazista, esplose alla fine di una traversata dalla
Germania agli Stati Uniti, il 6 Maggio del 1937: fu un attentato, secondo questo film, ordito da nemici del nazismo tedeschi, e per via dell’embargo americano al paese di Hitler, i palloni aerostatici erano alimentati da idrogeno, e non da elio.
Robert Wise, comunque un autore meno apprezzato di quanto avrebbe meritato, imbastì un film del filone catastrofico, con annesse le canoniche storie dei personaggi principali che si intrecciano in attesa del momento in cui il disastro scoppia,
scegliendo un contesto particolare: difficile, infatti, far appassionare il pubblico ad una vicenda che riguarda personaggi riportanti un simbolo generalmente inviso, storicamente, a gran parte della popolazione mondiale ( e meno male).
Però, la regia fa distinguo tra i seguaci ottusi del Fuhrer e i tedeschi meno convinti delle teorie hitleriane, come si può notare nella scena del numero musical-satirico a bordo del velivolo: e la decisione di riportare le scene finali della catastrofe
aerea in bianco e nero, o seppiato, è una finezza degna di un regista capace di unire grande spettacolo e buon cinema. Certo, non è uno dei suoi lavori migliori, ci sono lungaggini, e il classico intersecarsi di situazioni e storie personali dei maggiori caratteri è risaputo,
però c’è da dire che il gioco d’attori è interessante, e che George C.Scott è stato un attore di gran classe, perlomeno in proporzione a quanto sapeva essere ruvido e introspettivo ad un tempo.

Opinioni tratte dal sito http://www.davinotti.com

Galbo

Inseribile nella tradizione dei film catastrofici degli Anni Settanta, Hindenburg (la storia del dirigibile che fu orgoglio della Germania nazista) ha in più la componente spionistica e può contare sulla regia di un grande professionista come Robert Wise.
Il limite del film è una sceneggiatura priva di spunti davvero interessanti e che conduce il film verso un prevedibile (anche se assai spettacolare) finale.
Ciavazzaro

Tedioso film d’azione, spionistico, che nel finale si trasforma in un catastrofico. Tedioso nonostante vi siano un buon cast e una buona colonna sonora, che tuttavia non salvano il film dal disastro. Poca suspence, dal momento che si sa già come andrà a finire. Evitabile.
Alex1988

Wise traspone su grande schermo la drammatica vicenda del dirigibile Hindenburg. Operazione non altamente spettacolare, effetti speciali un po’ datati ma che in epoca di computer si lasciano apprezzare comunque. Per quanto riguarda la storia, nulla di sorprendente; interessante l’intreccio spionistico:
lascia intendere che in realtà non si sia trattato di un incidente.

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Effetto notte

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“La lavorazione di un film somiglia al percorso di una diligenza nel Far West: all’inizio uno spera di fare un bel viaggio,
poi comincia a domandarsi se arriverà a destinazione.
Questa citazione,scovata da shewolf nel film,in qualche modo esprime compiutamente parte della filosofia di Truffaut che in questa pellicola appare
finalmente non più mimetizzata o in chiaro scuro,bensi quasi solare,finalmente a portata di mano.
Un film nel film,si è detto fino alla nausea.
E in realtà non c’è una definizione migliore per Effetto notte,o La nuite americaine,splendido titolo originale che ha portato questo prodotto
della piena maturità del maestro della nouvelle vague ad essere considerato uno dei primi cento film di tutti i tempi,
a vincere un meritatissimo Oscar come miglior film straniero,il premio BAFTA e una marea di riconoscimenti internazionali.
Effetto notte,ovvero la tecnica fotografica usata anche in cinematografia che permette,tramite un filtro speciale di ottenere da un’immagine diurna
un’immagine notturna,virata al blu scuro.
Film nel film,storia nelle storie;il regista Ferrand che si appresta a dirigere il film Vi presento Pamela negli studi Nizza in realtà
potrebbe benissimo essere l’alter ego di Truffaut,intento a mettere assieme non solo un cast molto variegato,ma anche a muoversi nelle paludi delle tante storie personali dei vari protagonisti,che sono realmente nella vita alle prese con i tipici problemi dell’umanità,fra miserie e gesti nobili,
meschinità e atti di bontà.

Effetto notte 1

Effetto notte 2
Il film diretto da Ferrand racconta la storia di una giovane moglie inglese,appena maritata,che ha una relazione con il suocero,
conclusasi drammaticamente con l’omicidio da parte del giovane figlio tradito del padre fedifrago.
A interpretare il ruolo della sposina una giovane attrice che non ha completato il suo lavoro precedente,causa un forte esaurimento nervoso che le è costato la mancanza della copertura assicurativa per Vi presento Pamela.
Ancora una volta la giovane è costretta a interrompere la lavorazione di un film,con conseguenti disastrose ricadute economiche sulla produzione seguite anche da altri problemi legati al cast,come quelli causati da Severine,alcolizzata che ormai dimentica tutte le battute,costringendo il regista a girare più volte le stesse scene,da Alphonse,che nel film è lo sposo tradito che a sua volta in una nemesi paradossale si trova a sua volta ad essere tradita dalla fidanzata,che scappa con uno stunt men.
O ancora dall’improvvisa morte di Alexandre,il suocero fedifrago del film che ha un infarto mentre va ad incontrare suo figlio,cosa che porta altri problemi alla produzione che deve ridurre la sua presenza nel film e modificare altre scene.
Eppure,nonostante le interminabili traversie Ferrand e Bertrand,produttore esecutivo del film,riescono a portare a termine il lavoro,grazie anche al moltiplicarsi degli sforzi di tutte le componenti del cast,dagli attori agli scenografi,costumisti ecc.
I problemi,le difficoltà hanno cementato una specie di amicizia spontanea nata nel film;ma la troupe ha finito il suo lavoro
e per ognuno è arrivato il momento di tornare alla vita di sempre,in attesa di un nuovo lavoro.
La vita è un film,un film è la vita;la cartina di tornasole di realtà e finzione che si mescolano per raccontare il reale nella finzione e la finzione che finisce per diventare realtà,
in un’inestricabile gioco delle parti che porta due cose che dovrebbero essere antitetiche ad essere quasi simbiotiche.
Un film deve raccontare quello che la vita propone ogni santo giorno e al tempo stesso essere fedele specchio delle realtà personali,del vissuto dei protagonisti.

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Ed è quello che accade in Effetto notte,dove alla fine l’aver contribuito pur fra mille difficoltà a creare un prodotto di finzione,l’aver lavorato per un progetto comune finisce per rinsaldare o creare ex novo rapporti umani che forse nel quotidiano non ci sarebbero stati.
Perchè sono proprio le difficoltà che possono mettere assieme esseri eterogenei di diversa cultura ed estrazione,con formazioni personali a lottare per lo stesso risultato.
Ma se questa è una delle chiavi di lettura di Effetto notte,non si può omettere una notazione;
Truffaut non si limita a fare quanto descritto.
Va molto più in la,mostrando sia le dinamiche di costruzione di un film,sia mostrando con garbo e tantissima ironia quanto di falso eppure tanto somigliante al vero c’è nel cinema,sia attingendo a piene mani al suo enorme bagaglio di cultura cinematografica ( e non solo),con citazioni colte,omaggi come quello al suo maestro Orson Wells.
Pure,chi non ha visto il film,non si aspetti un’opera colta alla portata solo dei soliti noti,dei pochi eletti con tanto di letture dotte alle spalle.
Effetto notte è un film per tutti,quasi giocoso nella sua lineare semplicità.
Tanto semplice che alcuni critici storcono il naso.
Sono quelli che il grande poeta italiano De Andrè chiamava “intellettuali d’oggi idioti di domani
Un grande come Godard cadde nella trappola,giudicando il film una discesa di Truffaut verso il cinema borghese e commerciale.
Un errore quasi ridicolo,perchè si può creare un prodotto di gran classe senza necessariamente essere criptici e incomprensibili.
Ognuno deve poter fruire dell’opera cinematografica nella misura in cui è in grado di percepire la naturale bellezza di quello che vede.
Non è usando il simbolismo che si fa sperimentazione;la si fa anche raccontando l’umano nelle sue infinite variazioni,nella sua complessità attraverso
un linguaggio che non esclude la grande platea,anzi,la rende partecipe.
Questo è il grande merito di un Truffaut strepitoso,maestro di tutte le componenti del film.
Incluso un cast che sembra un’orchestra perfettamente affiatata e nel quale è assolutamente inutile citare un componente.
Sono tutti bravi e tanto deve bastare.
Guardate Effetto notte,se lo avete perso.
E se non amate molto il cinema,troverete un nuovo stimolo per incuriosirvi e guadagnare il tempo perduto.

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Effetto notte
Un film di François Truffaut. Con Jacqueline Bisset, François Truffaut, Valentina Cortese, Jean-Pierre Aumont, Alexandra Stewart Titolo originale La nuit américaine.
Commedia, durata 115 min. – Francia 1973.

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Effetto notte banner PROTAGONISTI

Regia François Truffaut
Soggetto François Truffaut
Sceneggiatura François Truffaut, Jean-Louis Richard, Suzanne Schiffman
Produttore Les Films du Carrosse, PECF, PIC
Fotografia Pierre-William Glenn
Montaggio Yann Dedet
Musiche Georges Delerue
Scenografia Damien Lanfranchi
Costumi Monique Dury
Trucco Fernande Hugi e Thi-Loan Nguyen

Effetto notte banner doppiatori

Rita Savagnone: Jacqueline Bisset
Massimo Turci: Jean-Pierre Léaud
Giuseppe Rinaldi: Jean-Pierre Aumont
Cesare Barbetti: François Truffaut
Vittoria Febbi: Dani
Carlo Romano: Jean Champion
Gianfranco Bellini: Bernard Menez
Manlio De Angelis: Jean-François Stévenin

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Regia François Truffaut
Soggetto François Truffaut
Sceneggiatura François Truffaut, Jean-Louis Richard, Suzanne Schiffman
Produttore Les Films du Carrosse, PECF, PIC
Fotografia Pierre-William Glenn
Montaggio Yann Dedet
Musiche Georges Delerue
Scenografia Damien Lanfranchi
Costumi Monique Dury
Trucco Fernande Hugi e Thi-Loan Nguyen

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“Allora, quell’attore che ha sognato per tutta la vita di recitare Amleto
… Finalmente riesce a farsi mettere su lo spettacolo, ma era talmente cane, talmente cane, che tutte le sere si faceva fischiare. Allora una sera ne ha avuto abbastanza, e cosa fa? Si ferma nel bel mezzo del monologo “To be or not to be”,
volta la faccia verso il pubblico e dice: “I didn’t write that shit”, non sono io che ho scritto questa merda!”

“-Divinamente bella.
E tu, vecchia puttana, come hai fatto a conservarti così bene?”

“E poi, se uno ha avuto un’infanzia difficile, non deve mica farla pagare a tutti.”

“- Strano come gli attori siano vulnerabili.
– No, invece è normale. Tutti quanti hanno paura di essere giudicati. Nel vostro mestiere, il giudizio fa parte della vita, sia nel lavoro che fuori dal lavoro.
– Eh, già… Quando incontriamo qualcuno ci domandiamo: cosa pensa di me? Chissà se mi ama… Ma io penso che sia la stessa cosa per tutti gli artisti. Quando Mozart era bambino, e gli chiedevano di suonare, rispondeva: “Ora ti suonerò tutto quello che vuoi, ma prima dimmi che mi ami”.
– E poi… è il mestiere in cui ci si bacia di più.
– Lei lo ha notato, vero? Sì, non facciamo che baciarci: pare che la stretta di mano fu inventata per dimostrare che non si era armati, che non si era nemici, ma per noi questo non basta… Bisogna dimostrare che ci si ama: mio tesoro, my darling, my love, sei magnifica… Se ne ha bisogno.”

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L’opinione di Walter Veltroni

È una grande prova d’amore. Quella di François Truffaut, l’uomo più innamorato di cinema che sia mai esistito al mondo. Questo film è l’apoteosi di un legame che dà un senso a una vita,
non solo a un lavoro. Persino il geniale titolo, in francese La nuit americaine, rimanda a un trucco magnifico del cinema, quello che, attraverso l’effetto notte, trasforma una ripresa fatta in piena luce
nella magnifica oscurità di un giorno che finisce. La storia è quella di un film nel film. Il primo è del tutto insignificante, persino rimosso dal ricordo, una storia dolcissima e volutamente futile.
L’opinione di Pier Paolo Pasolini

Per poterne parlare con quella precisione analitica che desidererei, dovrei «leggere» La nuit américaine di Truffaut in moviola. Ho visto al cinema qualcosa come la grande riproduzione di un quadro,
non il quadro. Il critico deve osservare il quadro da vicino, guardando e riguardando dettagli e particolari, passando e ripassando cento volte col naso sulla superficie dipinta.
Il «segno» della pennellata è uno dei caratteri essenziali della pittura; e così gli eventuali contorni, le velature, le campiture ecc.
L’opinione di dounia dal sito http://www.mymovies.it

Il film racconta le storie vissute e le personalità dei protagonisti e del regista durante la realizzazione del film “Vi presento Pamela”. Gli attori acquistano un’immagine particolare durante la regia del film e dimostrano un loro carattere e un loro modo di vivere che il regista vuole presentare. E’ vivo nel film l’ascolto, da parte del regista, degli attori e dell’aiuto regia. Appare l’immagine di libri scritti su cineasti famosi con la presenza del regista.
François Truffaut, in questo modo, sembra voler ringraziare il cinema a cui ha sempre rivelato un profomndo e costante interesse. La scena, oltre a tante altre, arricchisce il film che, anche se è del 1973, rimane attuale e sempre significativo da vedere.
Il titolo del film “Effetto notte” risulta per la realizzazione nel film “Vi presento Pamela” di una scena notturna che si svolge durante il giorno. La musica classica presente nel film è molto bella e incisiva.

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Fico d’India

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Fico d'India locandina

Gradevole compitino in classe del maestro Stefano Vanzina alias Steno diretto nel 1980,Fico d’India è una
commedia leggera,al limite dell’impalpabile,che si avvale della sceneggiatura di Raimondo Vianello e Sandro Continenza.
Una storiella imbastita attorno al personaggio principale,quel Renato Pozzetto star del box office nel periodo di declino del cinema
italiano,in cui a predominare sono le produzioni disimpegnate,vero e proprio simbolo degli anni ottanta,frivoli e all’insegna del riflusso.
A fare da contorno un cast di buone spalle e comprimari,come Aldo Maccione,che nel film duetta alla pari con il comico milanese,
che nell’arco di soli tre anni è impegnato in dodici produzioni,tutte di largo successo popolare.
La bellezza di turno è una splendida Gloria Guida,la cui recitazione però è ai minimi sindacali;ma in questi film quello che contava era mostrare
qualche scena di nudo,per aggiungere pepe alla storia e poco altro.In realtà non era certo richiesta una presenza o un livello recitativo alto,visto
il tenore quasi da avanspettacolo di molti di questi filmetti creati e costruiti a tavolino per raccogliere il massimo con il minimo sforzo.
Intendiamoci,Steno non è lontano dal suo standard abituale;ma la sua fase creativa è da tempo relegata negli angusti limiti della commedia leggerissima.

Fico d'India 3

Fico d'India 1
La storia si sviluppa attorno alle due figure principali,quella di Lorenzo Millozzi sindaco di Cavagnano,paesino del varesotto in cui l’occupazione principale sembra essere il pettegolezzo e quella di Arrigo detto Ghigo Buccilli,playboy impenitente e gran seduttore delle mogli degli ignavi maschi cavagnanesi,abili con la lingua ma evidentemente meno abili nel talamo.
Ghigo,uso a regalare alle sue prede in gonnella delle cernie con in bocca un fiore,punta la splendida moglie di Lorenzo,Lia Millozzi,senza però riuscire a fare breccia.
Così si presenta a casa sua,dove però viene colto da un infarto.
Lorenzo,per mettere a tacere uno scandalo,lo accoglie in casa e di la inizieranno per lui una serie di peripezie coronate però dalla nascita di una bella amicizia proprio con colui che voleva sedurgli la moglie.
Trama quasi inesistente,quindi,affidata all’estro e alla simpatia del comico milanese Pozzetto a cui viene affiancato un altro maestro del riso facile,Aldo Maccione.
La commedia scivola via con qualche felice intuizione e un deja vu che appare fulmineo sin dalle prime battute.
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Ma tant’è…
Come detto all’inizio,a fare da contorno troviamo alcuni bravi caratteristi come Daniele Formica,la bella Licinia Lentini e un Diego Abatantuono ormai vicino al grande successo del 1982,quel Eccezzziunale… veramente che lo porterà ad essere una star del box office.
Non certo il miglior Steno,non certo un film memorabile,che però riesce a far passare con leggerezza il tempo della visione della pellicola.fra qualche risata di sano gusto e qualche fugace nudo della Guida.
Il contesto sociale è completamente trascurato,anche perchè la satira sul costume tipico del paesino pettegolo è ormai da tempo ampiamente logora.
Resta quindi alla fine poco o nulla,ma il successo ai botteghini ripaga produttore e regista e i conti tornano.
Carina la location,diligente la fotografia e le musiche di Giancarlo Chiaramello.

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Fico d’India

Un film di Steno. Con Renato Pozzetto, Gloria Guida, Aldo Maccione, Luca Sportelli, Loredana Martinez, Gianfranco Barra,
Dario Ghirardi, Diego Abatantuono, Licinia Lentini, Daniele Formica, Renato Montalbano Commedia, durata 98 min. – Italia 1980

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Fico d'India banner protagonisti

Renato Pozzetto: Lorenzo Millozzi
Gloria Guida: Lia Millozzi
Aldo Maccione: Arrigo “Ghigo” Buccilli
Diego Abatantuono: capo delle “Belve”
Gianfranco Barra: il commissario di Polizia
Daniele Formica: Lanzarotti
Luca Sportelli: don Eusebio
Roberto Della Casa: il portiere
Néstor Garay: il fratello di Lorenzo
Dario Ghirardi: il barista
Renato Montalbano: Il dottore della compagnia assicurativa
Loredana Martinez: Marcellina, domestica di Millozzi
Licinia Lentini: la moglie di Cicognelli
Angelo Pellegrino (non accreditato): Barilotti, il segretario di Lorenzo
Daniele Vargas (non accreditato): il presidente della compagnia assicurativa
Giulio Massimini: Baldini, il vigile urbano

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Regia Steno
Soggetto Steno, Renato Pozzetto, Enrico Vanzina, Sandro Continenza, Raimondo Vianello
Sceneggiatura Steno, Renato Pozzetto, Enrico Vanzina, Sandro Continenza, Raimondo Vianello
Produttore Achille Manzotti
Fotografia Carlo Carlini
Montaggio Raimondo Crociani
Musiche Giancarlo Chiaramello
Scenografia Paola Comencini
Costumi Silvio Laurenzi

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Opinioni tratte dal sito http://www.davinotti.com

B. Legnani

Commediola atipica, in cui si trova del buono e del cattivo. Buona la trovata iniziale, buono Pozzetto che angaria i dipendenti e maltratta la moglie, buono (specialmente all’inizio) Maccione e buono Barra, ma pessima la parte “en travesti”, brutto il finale, la Guida (bellissima) ai minimi storici nella recitazione, Abatantuono mediocre (si ha quasi l’impressione che la parte sua e dei suoi scagnozzi sia stata aggiunta dopo, come si si volesse rimpolpare il film!).
Guardabile, perché qualche risata la strappa, ma dalla metà in poi annoia.
Galbo

Commediola non memorabile diretta da uno dei maestri del genere (Steno) e ambientata nella fertile (in senso cinematografico) provincia italiana.
Il tema principale è infatti la popolaresca abitudine delle dicerie di paese con il sottobosco di personaggi che alla lunga rappresentano la cosa migliore del film.
Il resto è dato da gag spesso non adeguatamente calibrate e prive di grande mordente. Anche la regia appare piuttosto svogliata.
Undying

Commedia (scritta in parte dallo stesso Pozzetto) resa particolarmente gradevole per la presenza di personaggi di contorno esilaranti ed indovinati (in particolare Diego Abatantuono).
Le scene del set sono state calcate da un nutrito gruppo d’attori, presenti anche nella più “andante” commedia sexy (Barra, Maccione, Jimmy il Fenomeno, Vargas) e da questa viene prelevata, di peso, la splendida Gloria Guida. La trama è banalotta ed imbastita allo scopo di dare corso ad una serie di gag ispirate alle dicerie “quotidiane” d’un paesotto provinciale.

Puppigallo

Tenere testa a Pozzetto è un’impresa notoriamente titanica. Ma qui Maccione, se non altro, funge da ottima spalla, dandogli spesso il la per le battute, costringendo il povero Renato ad accudirlo come un bambino,
per evitare un enorme scandalo. C’è anche Abatantuono, in un ruolo marginale (teppista devoto a Little Tony), ma a farla da padroni sono i due protagonisti; e anche Gloria Guida, oltre a essere di una bellezza fuori dal comune,
interpreta bene il suo ruolo di moglie scontenta e annoiata. Qualche caduta di stile c’è (il festino in casa), ma il livello resta comunque buono. Riuscito.
Homesick

Simpatica commedia che ironizza sugli intrallazzi e i pettegolezzi della provincia, avvalendosi di un duo di tutto rispetto: Pozzetto in un ruolo finalmente un po’ diverso dal solito e Maccione nei panni di un irrefrenabile corteggiatore
(e pescatore) che danno vita a gradevolissimi battibecchi. Emerge Abatantuono come teppista notturno; piacevoli interventi di Vargas, Formica, Barra. La Guida regala nudi sempre con grande eleganza e naturalezza.


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